Cambiano gli interpreti, ma la storia si ripete. Sarebbe troppo facile sottolineare (ancora una volta) soltanto che la Lazio, quest'anno, sembra essere colpita da una maledizione quando deve affrontare le big: al netto del successo in Coppa Italia a San Siro contro l'Inter, mai una vittoria al cospetto di Juventus, Roma, Napoli, Milan e gli stessi nerazzurri (3-0 in campionato). E infatti c'è di più: rispetto alla gara d'andata (Milan-Lazio 2-0, 20 settembre 2016), gli unici giocatori rossoneri che erano in campo anche ieri sera sono Donnarumma e Suso. Non a caso quelli decisivi (tre parate salva-risultato il primo, delizioso sinistro dell'1-1 il secondo) nel raggiungimento di un pareggio insperato. Ma anche oggettivamente ingiusto.

Lo dicono i numeri: i biancocelesti nei primi 45 minuti hanno collezionato 16 tiri (di cui 8 nello specchio; 24 nell'arco dei 90'). Il che rappresenta allo stesso tempo un record positivo per la squadra di Inzaghi e negativo per quella di Montella. La sentenza è scontata: la Lazio crea tantissimo, è tra le compagini in Serie A a propiziare il maggior numero di occasioni da gol, ma spreca troppo. Pensare di aver messo alle spalle di Donnarumma un solo pallone (peraltro su calcio di rigore) fa pensare che il cinismo non è esattamente una delle doti di spicco di questo gruppo. In quest'ottica, le devastanti discese di Felipe Anderson (specie nella ripresa) perdono di valore, mentre il diagonale di Immobile sparato addosso a Gigio all'83' (120 secondi prima del pareggio) pesa come un macigno.

Tutto qui? Macché. La Lazio, prima di ieri, aveva subìto almeno una rete in otto delle ultime nove giornate (l'unico cleansheet l'8 gennaio, 1-0 al Crotone). 14 degli ultimi 28 gol incassati (il 50% esatto) sono arrivati negli ultimi 30'. Una statistica che si sposa a meraviglia con il recente trend rossonero: 4 degli ultimi 8 centri sono giunti dall'85' in poi. Facile parlare dopo, tutti sanno farlo. Ma da questa prospettiva, ipotizzare un'inversione di inerzia a match in corso non era poi così azzardato.

La storia si ripete, dicevamo. Almeno per il momento, la lezione del Chievo sembra non essere servita a molto. Stadio Olimpico, 28 gennaio 2017, ore 19,56: 28 tiri complessivi laziali verso Sorrentino, zero gol fatti, zero punti portati a casa.

Sabato sera si andrà a Empoli, ma nel frattempo l'Inter e l'Atalanta sono balzate davanti in classifica. A proposito di Atalanta: un mese esatto fa provai a spiegare perché, ad oggi, tra le due società non ci sono tutte queste differenze. Stesse ambizioni (terzo posto ormai inarrivabile), stesso modus operandi sul mercato (valorizzazione di nuovi talenti presi a basso costo, cessione con mega-plusvalenza e così via; due pilastri come De Vrij e Keita non hanno alcuna intenzione di rinnovare, per cui saranno i prossimi a salutare), identica consapevolezza di non poter migliorare da qui a 4-5 anni la propria dimensione (zona Europa League come obiettivo massimo raggiungibile).

La storia si ripete. Sì, è proprio vero.