Hanno giocato venti minuti in una nebbiosa trasferta a Bergamo di cui nessuno si ricorda. Hanno fatto gol alla Cremonese tanti anni fa, ma poi, a ripensarci bene, forse era stato qualcun altro. Sono VIP (Very Improbable Players), giocatori molto improbabili, calciatori che hanno sfiorato appena il nostro calcio, allontanandosi senza quasi lasciare traccia nella memoria collettiva.
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«Cancella la storia, o noi cancelleremo te», aveva detto il sicario.
La proposta era quella. Non avevo carte da giocare e avevo finito le sigarette. Deglutii, sospirai, deglutii ancora e infine borbottai la risposta.
– Affare fatto – dissi. – Non… scriverò l’articolo
– Bene, – fece lui, compiaciutissimo.
– Fossi in te me ne andrei dal Giappone. Il vecchio è incazzato. Hai una moglie, due figli, giusto? Prenditi una vacanza, bella lunga. Magari cercati un altro lavoro.
La storia di Kazu Miura (Shizuoka, 26 febbraio 1967) inizia dal prologo del libro di Adelstein, giornalista investigativo americano, che dal 1993 al 2005 è stato cronista di nera allo “Yomiuri Shinbun”, uno dei più importanti quotidiani giapponesi. In "Tokyo Vice" – romanzo in cui si mescolano fiction e realtà – il reporter racconta l'anima nera del Giappone e delle sue organizzazioni criminali. In una nota del libro viene nominato l'ex calciatore del Genoa, il primo giapponese a giocare in Italia. Il padre di Miura è infatti Nobu Naiya, uomo della yakuza, la "mafia" del Sol Levante.
Le prime scelte di vita di Kazu sono quindi state due: allontanarsi dal lato oscuro e usare il cognome della madre, Miura; non giocare a baseball – lo sport nazionale – ma a calcio, quando ancora il professionismo in Giappone era lontano e in pochi sapevano dell'esistenza di Schillaci.
Abbandonata l'idea della pallina e della mazza – le mazzate sarebbero arrivate poi, soprattutto a Genova – Miura sceglie di partire per il Brasile, la patria del calcio per eccellenza, per imparare a giocare come si deve. Una storia che fa tanto Hutton in "Holly e Benji" ma è andata davvero così. Kazu ha solo 15 anni e affronta il viaggio con il fratello che ha il suo stesso obiettivo (a quest'ultimo la carriera andrà peggio). Il Clube Atlético Juventus è la prima società a tesserarlo. Poi Santos (!) e Palmeiras che rimangono i principali club verdeoro nelle quali Miura ha giocato. Otto anni fruttuosi dove il giapponese alterna ottime prestazioni a quelle dove sembra assolvere più al ruolo di macchietta in uno spot di un elettrodomestico orientale, pronto a colonizzare la vita quotidiana del Brasile. Fatto sta che nel 1990 Miura rientra alla base, nello Yomiuri, poi chiamatisi Verdy Kawasaki.
Kazu è una star nel suo Paese: il viaggio nella terra sacra del calcio e poi ritorno, lo incorona eroe da documentario, libro e fumetto. Il miglior calciatore giapponese, capace di vincere una Coppa D'Asia nel 1992 e di qualificare il Giappone a Usa '94, è pronto a cimentarsi nell'altra terra dove il calcio è una guerra e una guerra una partita di calcio, Miura il kamikaze.
Un giocatore improbabile nell'agguerrita Serie A 1994-95 ma Kazu al Genoa è prima di tutto un'operazione commerciale rivoluzionaria per l'epoca che apre le porte ad un nuovo modo di fare cassa per un club italiano di calcio. L'allora presidente Spinelli non verserà una lira per il trasferimento: gli sponsor pagheranno i rossoblu ogni volta che il giocatore disputerà una partita. Si parla di un affare da cinque miliardi di lire e all'inizio si palesa il primo problema diplomatico visto che il main sponsor sulle maglie del Genoa è "Kenwood" e anche se giapponese no, non rientra nel pacchetto di Miura. Superato questo di scoglio, c'è da ammorbidirne un altro di Scoglio: Franco.
Il tecnico di Lipari, sulla panchina del Genoa, tutta quella folla di turisti che si accalcava agli allenamenti e in conferenza stampa, non riesce proprio a buttarla giù. Tutte quei convenevoli inutili, come l'inchinarsi ogni volta e per ogni domanda, sono insopportabili. Scoglio definirà Miura "una macchietta applicata" e intanto i pacchetti viaggio per turisti medio-borghesi suoi connazionali si vendono alla grandissima. Il tour comprende: la visita all'Acquario, una camminata a Portofino, il pellegrinaggio al Ferraris. Il fan di Kazu è il giapponese stereotipato: risolini, eccitazione dalla scintilla facile, macchina fotografica al collo, la buste piene di gadget del Genoa.
Intanto il giocatore in campo si spremeva, facendo vedere discrete doti tecniche, una gracilità inadatta al campionato, uno spirito di abnegazione non comune, la voglia di stra-fare. Tutte cose che il pragmatico Scoglio odiava. In fondo, il mister detestava pure i collaboratori del ragazzo. Di recente "Il Secolo XIX" ha fatto sapere che a bordo campo c'era un interprete che forumalava in giapponese le richieste dalla panchina. "Io gli parlo due minuti – disse una volta Scoglio - quello traduce tutto in dieci secondi: cosa capisce Miura?". Il fatto è che quell'anno non fu tanto un problema di comunicazione, quanto di una stagione disastrosa, culminata con la sconfitta, ai rigori, nello spareggio salvezza con il Padova a Firenze.
Miura in Serie A lascia un paio di segni, uno dei quali nella propria faccia. Il primo riguarda il suo unico gol, messo a segno nel derby, Sampdoria-Genoa 3 a 2, datato 4 dicembre 1994. È lui ad aprire le marcature al quarto d'ora: lancio di Manicone, deviazione di Skuhravy, tocco del giapponese in porta (il vantaggio dura appena un minuto):
Ma l'altro segno, Miura lo impronta già alla prima giornata a Baresi, in Milan-Genoa 1-0, decisa da Simone. Su una palla alta arrivano entrambi e a subire le conseguenze peggiori della testata è il giapponese che terminerà di lì a poco il proprio debutto, finendo in ospedale per accertamenti e il setto nasale rotto. Memorabile il commento di Bruno Pizzul: "E qui Kazu Miura sente che davvero il campionato italiano è veramente duro".
Quando nel 1995 il giocatore lascia l'Italia per partecipare con la Nazionale alla Kirin Cup, ancora non lo sa ma ha chiuso col Genoa. "Un inferno la mia vita con Scoglio – dichiarerà Miura - Può darsi che davvero avesse ragione lui e che non fossi in grado di giocare nel campionato italiano, ma doveva avere il coraggio di dirmelo in faccia, invece di screditarmi sui giornali". La delusione viene smaltita piuttosto bene. Kazu riparte così come era arrivato a Malpensa l'estate precedente: ventisette valigie, nove accompagnatori, sei troupe televisive e la moglie Risako, vera pop star nazionale. Rientra nei Verdy Kawasaki, poi l'esperienza alquanto singolare nel 1999 con la Dinamo Zagabria. Ancora Giappone e, nel 2005, l'avventura breve nel Sidney Fc.
Non ha ancora smesso di giocare, Kazu. Si è dato al calcio a 5 e nel 2012 è stato pure convocato ai Mondiali all'età di 45 anni. Ed è per questo e tanto altro ancora che se chiedete nella sua Nazione chi è il giocatore più forte della storia vi risponderà proprio lui: "É Miura. Nakata? Nakata chi?".
Fonte foto: Getty Images
Monia Bracciali


