Dieci anni. Qualcuno in più. Sembra passata un’eternità, a vedere quanto è cambiato il calcio, la Serie A, l'Italia del pallone. Dieci anni fa. Qualcuno in più, verso l’aprile del 2003. Si giocava il derby di Milano. E il derby di Milano si giocava in Champions League. Dieci anni fa, qualcuno in più. Oggi l’Inter è solo in Europa League. E il Milan, nemmeno lì.

 

In Serie A giocavano ancora Baggio e Signori, e nelle classifiche dei marcatori, fra Shevchenko e Adriano, c’erano onnipresenti, ieri come oggi, Di Natale e Totti, due dei pochi lacci che ancora ci legano a quel pallone lì. Al fantacalcio compravi quelli che oggi fanno gli allenatori, e grandi idoli di provincia – Hubner, Bonazzoli, Bellucci e Zampagna. La Serie A aveva ancora quattro posti in Champions League: l’Italia, per spagnole, tedesche e inglesi, era tutt’altro che una passeggiata di salute. Era tutto-molto-bello, nonostante l’oscura presenza di calciopoli nell’aria che ci lasciava vivere il campionato con la beata ignoranza di chi ancora non sa.

 

2002/2003, dicevamo. Derby di Milano, dicevamo. E, soprattutto, dicevamo Champions League. Campione d’Italia in carica era la Juventus (l’anno del 5 maggio), che nell’Europa che conta fu accompagnata dalla Roma e dalle milanesi. La Champions, allora, era diversa da com’è oggi: c’erano due fasi a gironi, la prima con otto gruppi e la seconda con quattro; poi quarti, semifinali, e la finale secca. Il primo giro andò bene, benissimo: tutte qualificate, tutte al primo posto (la Roma in coabitazione col Real Madrid). Poi, le prime difficoltà: Milan e Inter vanno avanti non senza grattacapi, la Juventus riesce a prendere il treno grazie alla differenza reti, la Roma cede al Valencia di Rafa Benitez e all’Ajax di Koeman (dove giocavano, fra gli altri, Chivu, Ibrahimovic, Snejder, De Jong e Jari Litmanen).

 

Ai quarti, en-plein: Juventus-Barcellona finisce 1-1 a Torino e 2-1 al Camp Nou (ai supplementari, gol vittoria di Zalayeta); dopo lo 0-0 di Amsterdam, il Milan batte l’Ajax 3-2 all’ultimo respiro – zampata di Inzaghi al 90’; contro il Valencia, l’Inter vince 1-0 in casa, perde 2-1 in Andalusia e passa per la regola dei gol fuori casa. Poi, le semifinali: una è Juventus-Real Madrid, l’altra è Milan-Inter. Fino a quel momento (e fino alla finale madrilena di qualche mese fa) mai un derby si era giocato in una fase così avanzata della Champions.

 

Dalla gara d’andata esce fuori la solita partita italiota: prevale la paura di perdere alla voglia di vincere, e la stampa straniera punterà il dito sul peccato originale del calcio italiano, quel difensivismo che fuori hanno sempre esasperato. Tutto viene rinviato al ritorno, al 13 maggio. Cuper, l’eterno secondo che una volta tanto vorrebbe tanto esser primo, conferma Recoba e Crespo coppia d’attacco (Vieri è ancora ai box causa ginocchio); Ancelotti, invece, lancia Abbiati al posto dell’infortunato Dida.

 

abbiati
Quando Abbiati aveva i capelli (getty images)
 


Anche stavolta, la tensione è alle stelle e lo spettacolo ne risente: fino al 45’ si segnala solo un diagonale di Shevchenko, finito a lato. Poi, al primo di recupero, Seedorf trova il corridoio proprio per Sheva: tunnel su Cordoba, anticipo su Toldo, vantaggio Milan: 0-1. L’Inter gioca in casa, ed è obbligata a farne due: Cuper cerca di capire cosa c’è che non va, decide di lasciare negli spogliatoi Di Biagio e Recoba e mettere in campo Dalmat e il diciottenne Martins. Pericoli veri non ce ne sono, fino al finale: prima Martins brucia Maldini, batte Abbiati di piatto e regala all’Inter dieci minuti di speranze; poi Kallon, subentrato a un infuriato Crespo, calcia a botta sicura e trova il ginocchio di Abbiati a negargli il gol. Finisce così, 1-1: il Milan vincerà quella Champions nella finale di Manchester, battendo ai rigori la Juventus (senza il pallone d’oro Nedved, squalificato) che comunque vincerà lo scudetto: in classifica, dietro ai bianconeri, ancora le milanesi, con l’Inter davanti al Milan.

 

INTER (3-5-2): Toldo; Cordoba, Materazzi, Cannavaro; J.Zanetti, C.Zanetti, Di Biagio (46′ Dalmat), Emre, Conceiçao, Recoba (46′ Martins), Crespo (71′ Kallon). All.: Cuper

MILAN (4-3-1-2): Abbiati, Costacurta, Nesta, Maldini, Kaladze, Gattuso, Pirlo (89′ Brocchi), Seedorf, Rui Costa (64′ Ambrosini), Inzaghi (80′ Serginho),Shevchenko. All.: Ancelotti

 

 

La possibilità per la rivincita continentale arrivò due anni dopo, nel 2005: Milan-Inter si gioca ai quarti, coi rossoneri arrivati in Champions da campioni d’Italia e i nerazzurri con l’ultimo posto utile, conquistato battendo il Parma alla penultima giornata. Anche quella volta ebbe la meglio il Milan: 2-0 all’andata, poi al ritorno la furia degli interisti, il fumogeno su Dida e la vittoria a tavolino. La banda di Ancelotti aveva Kakà in campo, Crespo accanto a Shevchenko con Tomasson pronto a subentrare, Stam in difesa a far coppia con Nesta. Arrivò fino alla finale. Quella di Instanbul, contro il Liverpool di Benitez: quella dell’incredibile rimonta, del balletto di Dudek e della sconfitta ai rigori.

 

Antonio Cristiano