La sua città di nascita si chiama Tre Cuori. Três Corações. Non proprio tra le più celebri del Brasile. Una delle tante sparse per le mesoregioni del “Gigante”. La nazione-continente che li sintetizza tutti e cinque, riassunta e sconfinata nel suo panorama pastello e nerissimo, luminoso e chiaroscuro, villaggesco e continentale. Un grande campione di umanità dentro una struttura mastodontica della natura.

Edson Arantes do Nascimento. Qualcosa tra la pittura e la letteratura. Un nome scritto tra quella cromatica inimitabile che fa del Brasile una parola, un simbolo parlante, un’attrazione perpetua che non è soltanto del luogo, che non si limita alla presenza geografica, ma a spostarsi in una armoniosa peregrinazione che, alla fine, torna al suo posto. In Brasile.

Il calciatore è stato questo. Qualcosa che non si ripeterà più. Un tratteggio in grado di scrivere il dizionario dell’ammirazione calcistica. Dentro il suo mito è finito il secolo definitivo di una spedizione iniziata tanto tempo fa. La parte creola del pallone ha recriminato la sua origine indipendente, ancestrale, in un arcano che si è rivelato palleggiando con finalizzazione. Non l’esibizione, ma la definizione imperturbabile della bellezza utile a se stessa e a chi l’ha praticata. 

Pelé è stato circondato da calciatori altrettanto straordinari. I più vecchi in Brasile ricordano Garrincha. E forse non hanno torto. Ma gli accostamenti lasciano il tempo che trovano e il “secolo breve” porterà sempre il nome di Edson Arantes do Nascimento. Quattro lettere, l’ultima accentata. E Pelé dirà in eterno il suo nome destinato a fare da chiave di violino a una musica che molto probabilmente non avrà più esecutori in grado di risuonarla. Adesso che Pelé non c’è più, i fuochi dell’ellisse ultima del pallone in terra si sono spenti. La meridiana del calcio tacerà per sempre. Maradona la disordinò dopo che Pelé l’ebbe accesa. 

L’unica cosa certa è che l’iconografia del calcio non è più in vita. Prima uno, poi l’altro. La terra non li ha più. Uno è nato per primo e quello nato dopo per primo è finito. Si sono contenuti a vicenda per la più potente delle espansioni. Le due parole più incredibili della storia del calcio adesso sono esclusivamente parola. L’indisponibilità alla fisica e l’elezione al monito per cui il pleroma del futbol si è manifestato e ha avuto i suoi volti. Non ce ne saranno più.