Un anno dopo o poco più, tutte le illusioni sono svanite improvvisamente, anche quelle più dure a morire. Fu un'altra sconfitta contro la Juventus a generarle, quella che portò alla sostituzione in panchina di Claudio Ranieri con Andrea Stramaccioni e che diede inizio a un moto di entusiasmo per il giovane tecnico nerazzurro, all'urlo di "Stramala". Giocatori conquistati da questo ragazzo semplice e diretto, la stima del presidente ad accompagnarlo, una rincorsa verso la Champions da provare: l'anno passato l'accesso all'Europa che conta non arrivò e così sarà anche quest'anno.
L'Inter si ferma ancora una volta al cospetto della Juventus, certo non senza lottare come invece accadde nel marzo del 2012, ma il risultato non cambia: zero punti e l'addio virtuale alla zona Champions. I nerazzurri diranno di volerci provare, fino alla fine, lotteranno per quel fondamentale terzo posto, eppure dopo questa ennesima sconfitta stagionale casalinga l'impressione è che i buoi siano definitivamente fuggiti dalla stalla.
La partita contro i rivali di sempre è stata accesa, vibrante, combattuta, e ha dimostrato una volta di più che questo non è un anno buono per l'Inter. Con un pizzico di fortuna in più, forse con qualche decisione diversa da parte del frastornato Rizzoli, i nerazzurri avrebbero anche potuto raggiungere il pari: sarebbe bastato? Un punto buono per il morale e poco altro e che racconta tantissimo della differenza tra le due squadre.
Perché un'Inter in condizioni fisiche disastrose non poteva ambire ad altro che a un misero punticino, per come si erano messe le cose. L'ennesima, inquietante distrazione a inizio partita ha condizionato l'intero match, obbligando i nerazzurri a rincorrere, sempre e comunque, denotando un istinto masochista che è evidentemente nel DNA della squadra; istinto peraltro ribadito con il gol preso pochi minuti dopo il pareggio, grazie all'ennesimo errore difensivo di una stagione contrassegnata dall'estrema perforabilità difensiva.
Dulcis in fundo, la follia di Cambiasso: l'argentino, apparso nervoso già al momento dell'ingresso in campo, ha compiuto un intervento non da lui, rimediando la prima espulsione di una carriera fino a oggi immacolata. Testimonianza, se ce n'era bisogno, della fine delle illusioni, della "caduta degli dei": perché se anche un professionista esemplare come Cambiasso diventa capace di simili gesti, allora ogni possibilità di salvare la stagione è, sconsolatamente, fuggita via
Cesare Bogazzi