Non raccontateci che siamo un Paese qualsiasi. Non raccontateci che c’è una crisi che non si risolve, che c’è un’Italia che non sa più sognare, che non si può risollevare, con gente così, con persone così. Meglio, donne così.
Le lacrime olimpiche più belle e dolci di sempre, scherzo del destino, arrivano per un bronzo. Un bronzo di chi non ha mai saputo neanche che colore ha, il bronzo. Nella sera più nera, forse, della sua carriera, lei firma l’opera d’arte più bella. Non vince, è il suo peggior risultato olimpico di sempre, ma è l’emozione più grande, la storia più bella. La storia, la storia. La storia è lei.
Poteva essere la donna con più ori olimpici della storia del globo terracqueo chiamato Pianeta Terra. Resta, e continua a diventare, una delle più grandi donne della storia di questo Paese. In qualsiasi campo. Nel campo delle Montessori, delle Merini, delle Montalcini e delle Pivano, c’è lei. Perché il bronzo a Londra di Valentina Vezzali è la storia più bella, un film di straordinaria ispirazione, per chiunque si senta finito, si senta a pezzi. Un storia di immensa motivazione e grinta. Può finire il fisico, non può finire il cuore.
Non era cronometricamente possibile rimontare, in quella finalina per il bronzo, sotto di 4 stoccate, a 12 secondi dalla fine, confessava il telecronista Sky. Non così, non per come era abbattuta Valentina, dopo aver visto sfumare l’oro della leggenda, il quarto consecutivo, come nessuno mai. Non in un turno, quello per il metallo più pregiato, che sembrava distruggerla per il solo fatto di disputarlo.
Ma scrivere una leggenda da sconfitta, questo è prerogativa di atleti, di donne, di eccelso valore, di eccelsa forza e classe.
Bisogna aver digerito un bel po’ di scherma, per capire cosa è successo sulla pedana di Londra tra la Vezzali e la Nam. Bisogna aver digerito un bel po’ di vita, per capire che non finisce mai, mai, mai. Per capire quanto siano straordinarie le persone che ce lo insegnano, con prestazioni così, con riscatti così, con rimonte cosi, con l’alzare la testa così. Con il dire “Io son Valentina Vezzali” così. E’ un 13-12 che serve, per come Valentina lo ha raccontato, ad ogni singolo essere umano sul globo terraqueo di cui sopra. E serve sempre sapere, ricordarsi, di quanto aleatorio sia il "si può, non si può", per chi ha un cuore grande così.
Grazie Valentina, storia meravigliosa, parabola, ispirazione. Per i ragazzi, per gli uomini fatti, per le donne che, ognuna di loro sa, hanno la tua stessa forza, ognuna. Grazie Valentina, tra le più grandi italiane di sempre. Non finirai mai. Non passerai mai.
Ezio Azzollini