4 giornate a Borja Valero della Fiorentina. Questa la decisione del giudice sportivo che ha fatto molto discutere, in seguito alle espulsioni dopo la scaramuccia tra alcuni calciatori del Parma e della Fiorentina.

 

Nel parapiglia generale il centrocampista viola ne ha fatto le spese, vedendosi sventolare il rosso sotto il naso dall’arbitro Gervasoni. Giusta espulsione? Difficile dirlo, perché, riguardando le immagini, non si può affermare con certezza che il calciatore viola stia là in mezzo a darle di santa ragione a questo e a quello. Piuttosto sembra più che gli arrivi qualche manata in faccia, qualche spintone, ma niente di così estremamente violento da indurlo a chissà quali reazioni.

 

Ancora meno evidente è la presunta aggressione all’arbitro, che, secondo le “fughe” di referto, avrebbe indotto la disciplinare a punire Borja Valero con una sanzione così severa. Un mese di stop, più o meno. A un certo punto, sempre stando alle immagini, sembra che sia più lo stesso Gervasoni a inscenare marcatamente lo sdegno per la lesa maestà. Non toccatemi perché mi sporco, traspare più o meno questo dalla gestualità disturbata dell’arbitro.

 

Al di là dell’episodio di Borja Valero, che, è possibile ipotizzarlo, potrebbe rasentare l’esagerazione, e qui si rischia l’eufemismo, salta in mente qualche altra considerazione. Durante le partite del campionato italiano mi capita spesso di assistere a scene, regolarmente riprese dalle telecamere e da qualche replay capitato per caso sulla “scena del delitto”, di calciatori che agli arbitri ne dicono di tutti i colori. Si va dall’insulto di indirizzo familiare a quello di natura sessuale, dall’offesa personale alla creatività igienica, dagli apostrofi neri come il carbone ai denti stretti,  dalle più plateali mandate a quel paese alle parolacce in vecchio stile. Quasi mai si vedono cartellini gialli, i rossi nemmeno a parlarne. Figuriamoci una squalifica.

 

Allora ecco che forse, dopo tanto tempo, abbiamo capito come funziona. Non bisogna toccarli, questi maestri venerabili della buona fede, non bisogna avvicinarsi troppo, a questi garanti dell’ordine pallonaro, non bisogna turbare la casacca, ancor meno inducendoli a fare un passo indietro come se si trovassero davanti a degli appestati. Questi arbitri sono dei pacifisti tolleranti da una parte, pronti a far finta di nulla davanti a “vaffa”, insulti e parolacce a loro diretti e senza margine di dubbio, dall’altra sembrano tutti usciti da un training autogeno appresso presso i vetri di Murano, da uno slalom gigante in mezzo ai cristalli Swarovsky. Non ci toccate che ci rompiamo, non avvicinatevi che ci sciupate.

 

Borja Valero si è visto infliggere 4 giornate per qualcosa che non si è nemmeno capito, per un episodio che non è stato possibile valutare con certezza neanche con il rallentatore, e poi, invece, si vedono calciatori che in campo fanno quello che vogliono senza che nessuno dei sei giudici di gara faccia una piega. Vogliamo dare ragione a chi pensa che in serie A ci siano calciatori più “calciatori” degli altri? Ci si potrebbe limitare a dire che potrebbero non avere torto. L’arbitro? Sì, è un ruolo difficile. Soprattutto è difficile resistere alla tentazione di fare il protagonista.

 

 

Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka