La serie A ogni domenica è in preda a visioni mistiche. Troppi calciatori prima si lasciano cadere come colpiti da chissà quali cecchini immaginari sparsi sugli spalti, e poi si voltano verso l’arbitro con le braccia alte e gli occhi spalancati. Il guaio è che spesso l’arbitro ci casca pure, di tanto in tanto pure al contrario, quando magari la caduta è autentica, il fallo pure, ma il direttore di gara legge la verità con la percezione della malafede.

 

Nell’ultimo turno di campionato, e non è di certo l’unico, Mertens, Pogba, Balotelli, il nome impronunciabile di un calciatore del Genoa, e sto sicuramente dimenticando qualcuno, hanno inscenato il manuale del furbastro simulatore, con tanto di pietismo e meraviglia a seconda se l’arbitro ci è cascato oppure ha accolto col cartellino giallo il tentativo di simulazione. 

 

Come era accaduto per Tevez a Firenze (che dopo il tocco del terzino si era lasciato cadere con abbondante ritardo), sul primo rigore del Napoli col Toro, Mertens viene toccato appena - l’intervento di Bellomo, è vero, sa di voglia di colpire qualunque cosa - e poi casca afferrando, volontariamente, la gamba d’appoggio del difensore. Pogba, dopo pochi minuti di Juve-Genoa, stramazza a terra cercando subito lo sguardo dell’arbitro. Gli hanno fatto eco Balotelli e Fetfatzidis (l'impronunciabile), con altrettanti tentativi d’ingannare l’arbitro.

 

È vero che gli arbitri commettono molti errori, è vero che spesso le giacchette nere (che non sono più nere) decidono il colore da dare alle domeniche di una serie A sempre più provinciale negli atteggiamenti, ma è anche vero che i calciatori ormai hanno inserito la svista arbitrale nel loro senso della creatività. Ormai è attivo il Simulator 1.0, con tanto di aggiornamenti domenicali, perché gli episodi abbondano e stanno diventando pare consistente della “giurisprudenza” pallonara.

 

Le critiche alla classe arbitrale, i limiti di una direzione di gara che troppo spesso trascura le sfumature che invece conosce bene chi ha giocato a calcio, la malafede, se c’è, la buona fede, che non può giustificare errori troppo spesso grossolani, d’accordo, va previsto tutto, ma diventa pure necessario, e non può essere trascurata, l’ammissione di un aspetto che ormai sta diventando determinante, anche nella facilitazione degli arbitraggi. In campo si assiste a frequenti cacce all’episodio, attraverso tentativi, talvolta riusciti, altre volte maldestri, di indurre l’arbitro all’errore. È vero, c’è sempre stato, si è sempre verificato, ma è anche vero che se il mondo del pallone vuole correre coi saggi di fair play e di dei buoni propositi, forse l’aggiornamento di contrasto a quello abitudinario, sarebbe quello di introdurre gli strumenti che facciano smettere la voglia di tentare, che curino il vizio della simulazione.

 

Trascurarlo, questo sì che è in malafede, come molte altre cose. In fondo, fa saltare poco dalla sedia, un calcio fatto di chi casca e di chi ci è cascato.

 

 

Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka