Più che la consueta sconfitta della provinciale in rossonero, più che la costante desolazione tecnica, che rappresenta una sorpresa solo per chi in estate, preso dalla troppa devozione, dal troppo amore o dalla troppa fiducia nei confronti di una identità che non c’è più da un pezzo, non aveva attinto ad un solo briciolo di razionalità e lucidità, a destare ancora una emozione, un palpito, qualcosa che non sia vuoto e piattume, una sensazione qualsiasi, anche solo lo sdegno, sono le parole.
Quelle di Allegri, ad esempio. Evidentemente nel pallone da ogni punto di vista, comunque la si guardi. “Puniti dall’unico errore”, dice. “Speriamo che cambi la musica anche a livello di fortuna”, dice. E pensare che a noi era parso che Joaquin avesse mandato alle ortiche un rigore. Alle volte, le stranezze delle notti d’Europa.
Ecco, dottore, io non so se noi ce la si fa, a passare anni e anni e anni così, dopo quel che siamo stati, dopo quello che è diventato il nostro dna. Non ce la si fa più: stacchi la spina, dottore. O quanto meno ci faccia piombare in un sonno profondo, ci faccia svegliare quando tutto sarà passato, quando tra un lustro, o un decennio, qualsiasi cosa sia ci sarà di nuovo una società che prima di devastare una intera rosa scientificamente e impietosamente, ci pensi, che per un anno bisogna pur scendere in campo in qualche maniera, o almeno una maniera che non preveda guineiani (si dice così guineiani?). O se proprio non si può, ecco, dottore, ci strappi i padiglioni auricolari, ci privi almeno del piacere di ascoltare dichiarazioni come queste.
O, come quelle di qualche giorno fa, l’unica disamina che Adriano Galliani ha devoluto ai tifosi, che aspettano un cenno, un appiglio, qualcosa. La disamina tecnica è questa: “adesso abbiamo risanato il bilancio. Adesso non dobbiamo vendere nessuno”.
Ora, premesso che c’è da chiedersi cosa altro ci sia rimasto da vendere, se le bandierine del corner, i birilli per il torello o le toilette di San Siro, chi ha visto quella deliziosa serie made in Italy che risponde al nome di Boris, sa che niente si presterebbe meglio, come contro-argomentazione a una così complessa analisi, del tormentone di Martellone, che fa il verso al cabaret più becero.
Un tormentone che fa pressappoco così.
Ecco, magari si potrebbe evitare di stuzzicarli, i tifosi rossoneri. Avere pietà di loro. Risparmiare loro almeno queste provocazioni.
Perché altrimenti, esausti, tra bandiere bianche (perché quelle del corner le stanno vendendo) e inutili invocazioni all’eutanasia che rimarranno certamente inascoltate, non c’è energia per controbattere, se non affidarsi al tormentone di Martellone. Stiamo retrocedendo, non c’è una sola idea di gioco, un solo germoglio di luce, ma adesso abbiamo risanato il bilancio. Adesso non dobbiamo vendere nessuno. Esticazzi.
Ezio Azzollini