Se non stessimo parlando dell’Inter, quanto verificatosi nel giro di nemmeno tre giorni avrebbe dell’incredibile: dopo la scena muta di giovedì sera contro i volenterosi, ma tutt’altro che irresistibili, israeliani dell’Hapoel Beer Sheva, i ragazzi di De Boer hanno fatto la voce grossa contro la Juventus, squadra che viene considerata “di un altro pianeta”, in Italia, da addetti ai lavori e non. Come è possibile? Chi vi scrive, giovedì sera, a caldo, aveva parlato di squadra senz’anima (leggi qui), pur evidenziando che il gioco al massacro che stava prefigurandosi contro De Boer fosse non solo fuoriluogo, ma addirittura dannoso.

Il tecnico olandese è riuscito a pungere nell’orgoglio il gruppo a sua disposizione, prescindendosi dagli interpreti in campo giovedì e quelli di ieri sera, la cui qualità è sicuramente differente.

Squadra corta, difesa alta, pressing costante ed esasperato, possesso palla di discreta fattura e corroborato da movimento continuo degli interpreti: la strategia predisposta dall’ex mister dell’Ajax si è rivelata mirabile. Ma non è questo ciò che stupisce, quanto piuttosto che il gruppo sia riuscito ad interpretarla perfettamente e per tutti i novanta minuti, ivi compreso il corposo recupero che il buon Tagliavento s’è sentito di concedere.

Trovare una spiegazione logica è praticamente impossibile: la cosa più saggia da fare è quella di evitare i toni trionfali, i facili entusiasmi, così come, giovedì sera, sarebbe stato più prudente non eccedere con il catastrofismo, anche da parte di chi vi scrive. Fosse facile!

Vincere una gara contro la squadra favorita per il titolo rafforza le certezze, aumenta l’autostima e rende solidale il gruppo dei calciatori al mister. Se poi oltre a battere la squadra più forte, si offre una prestazione maiuscola, allora ecco che si crea un qualcosa che, potenzialmente, è in grado di imprimere il marchio ad un’intera stagione.

L’aspetto più importante, in questo senso, è rappresentato dalla credibilità che Frank De Boer ha acquisito agli occhi dei propri calciatori, proprio dopo la gara vinta contro la Juventus. In ogni spogliatoio di questo mondo, quando si presenta un nuovo allenatore, il gruppo tende a “verificarlo”, a valutarne competenza, qualità umane e pensiero calcistico. Se un tecnico è poco credibile, i calciatori lo percepiscono subito e, anche inconsapevolmente, tendono a “scaricarlo”. Se, invece, il nuovo mister porta concetti chiari, spessore umano e filosofia calcistica vincente, allora diventa uno di cui ci si può fidare, uno per il quale vale la pena fare la corsa in più, sacrificarsi e sputare sangue. Si tratta di un percorso che necessita di un po’ di tempo, anche perché le prime due gare di campionato sono state parecchio ostiche per l'ex allenatore dell'Ajax, anche sotto questo punto di vista, essendo stata palese la difficoltà ad aderire alle pieghe delle partite contro Chievo e Palermo. Tuttavia è facile ipotizzare che De Boer abbia acquisito parecchi punti all’interno dello spogliatoio. Anche con il pugno duro dimostrato nei confronti di Marcelo Brozovic.

Più che addentrarsi in elogi sperticati a tecnico e calciatori, la questione che assume carattere di centralità, a questo punto, è proiettata al futuro prossimo: l’Inter che ha ribaltato la Juventus, è quella vera? È pensabile che la squadra possa esprimersi su questi standard per ampi tratti di stagione?

Se avessimo la sfera di cristallo, staremmo qui a darvi il responso assoluto: ovviamente questo non è possibile. È, però, ipotizzabile, che l’idea di calcio che De Boer ha in testa possa essere sviluppata solo e soltanto coinvolgendo anche altri elementi: evidentemente ci vuole tempo, com’è normale che sia. Si tratta di un calcio che richiede un dispendio notevole di energie, fisiche e mentali: pertanto è consigliabile ampliare "la platea" dalla quale attingere gli interpreti.

La duttilità di Joao Mario – siamo certi che fra qualche tempo non si parlerà più dei 40 milioni spesi per acquistarlo - offre al tecnico dell’Inter tante soluzioni, in maniera tale da inserire nella turnazione anche i centrocampisti che, dopo Inter-Juve, sembrerebbero tagliati fuori dal progetto: Kondogbia e, ancor di più, Brozovic. Discorso più complesso è quello che riguarda Jovetic, mentre i giochi per quanto riguarda le coppie dei terzini saranno, purtroppo, sempre aperti, alla luce di quanto emerso fino ad oggi. In attesa di Ansaldi, ovviamente. Ma questo aspetto, da solo, non sarà sufficiente a "tenere" l'Inter su questi livelli.

Ciò che può garantire all’Inter un rendimento costantemente ai livelli della prestazione offerta contro la Juve è qualcosa di altro e di più alto: è necessario che il gruppo pensi e si convinca di poter ambire a traguardi importanti, per i quali vale la pena sacrificarsi, lottare, lasciare ogni energia sul campo, senza mai risparmiarsi, anteponendo il bene della squadra alla (effimera) gloria personale. Contro la Juventus, sì, certo. Ma anche e soprattutto contro Empoli, Atalanta, Crotone e compagnia cantante. Questo è un onere che dovranno accollarsi, congiuntamente, ma ciascuno per quota parte diversa, società, tecnico e squadra. Nessuno escluso.
Altrimenti, quella della vittoria contro i bianconeri, resterà una serata in cui abbiamo pensato d'aver bevuto champagne, senza accorgerci che, in realtà, era gazzosa. Dal sapore molto simile all’estetica della maglia “stile Sprite” utilizzata giovedì sera.