Inter-Napoli sta tutta in un frangente. Grande parata di Handanovic su una giocata geniale di Insigne, ribaltamento di fronte, azione d’attacco dell’Inter, ne scaturisce un mezzo rimpallo da cui nasce il fallo di Ospina che causa il calcio di rigore e rosso proprio per Insigne per eccesso di proteste. E c’è tutta la storia recente del Napoli a San Siro. I due 0-0 che, soprattutto grazie ai prodigi di Handanovic e Donnarumma negarono quattro punti alla squadra di Sarri che sfiorò lo scudetto, il trattamento razzista dagli spalti a Koulibaly, anch’egli espulso nel finale, durante un Inter-Napoli che proprio sotto Natale allontanò gli azzurri dal primo posto. E la partita decisa da un rigore giusto in un arbitraggio contestabile non tanto per il rosso a Insigne, che un fondamento di regolamento ce l’ha, ma per tutto un intorno di gialli comminati e altri inspiegabilmente risparmiati.  

Gattuso non avrebbe dovuto rimostrare sul rosso a Insigne, ma sulla gestione dei cartellini. Anche se in Serie A il parapiglia da proteste genera una lotteria della suscettibilità arbitrale, l’espulsione del capitano del Napoli ha una ragione, sia pur nell’attesa che i rossi sventolino a ripetizione nelle prossime partite su tutti i campi del calcio professionistico. I cartellini risparmiati a Brozovic e a Skriniar no. 

I partenopei sono ripiombati nel vecchio adagio del giocare bene senza vincere. Del dominare senza colpire. Nel secondo tempo gli uomini di Gattuso hanno avuto più occasioni per portarsi in vantaggio e, poi, per pareggiare. Un po’ Handanovic, un po’ l’affezione al palo e un po’ di mancanza di cinismo hanno detto zero alla voce marcatori. Resta la reazione dopo il goal. Soprattutto quella. In dieci uomini. Veemente. Con Politano a fare l’Insigne – Politano sta diventando un calciatore molto prezioso – e Lozano a fare il Lozano. Petagna sin dal suo ingresso ha giocato senza paura, sbagliando pochi palloni e facendo reparto da solo. Il suo palo al 92’ è la degna conclusione della serata governata dalla legge del gol mancato gol subito.

“Se avessimo provato pure con le mani, non sarebbe entrata”
Rino Gattuso

Hanno funzionato Koulibaly e Manolas, ha funzionato Mario Rui. Demme ha fatto quello che gli era stato chiesto. Zielinski sta tornando sui livelli che dovrebbero appartenergli e questo Napoli deve rifare i conti con l’incubo della concretezza dopo aver perso Mertens nei primi minuti e senza Osimhen da diverse settimane. A Roma non avrà nemmeno Insigne. Dura pensarla senza tre elementi così, con tridente obbligato, mezzo attacco fuori e senza possibilità di sfruttare i cambi a partita in corso. E resta l’enigma di questo calcio che per litigi e ripicche fa sì che una squadra non utilizzi uno come Milik, pur avendolo in organico e sotto contratto. Rimane, come giusto che sia, l’elogio a uno come Petagna. Arrivato dalla Spal come terza scelta, umile e abnegato come una prima.   


Il maledetto scontro diretto

La classifica del Napoli reclama attendibilità. Juve, Milan e Inter sono tre partite che non trovano pace. La prima decisa dal giudice sportivo. Un punto in meno e una gara in meno (e che gara) persa a tavolino. L’ago della bilancia di una graduatoria chiara nei numeri ma incerta negli equilibri, pesa ancora molto su quel fine settimana di ottobre.

La seconda con un cartellino giallo ingiusto comminato a Bakayoko, poi espulso per secondo giallo nella ripresa subito dopo che Mertens aveva riaperto una partita in cui il secondo goal del Milan era stato segnato da Ibrahimovic che avrebbe forse meritato il rosso. A Milano il Napoli è sembrato arrabbiarsi di più. Ma, in fondo, in proporzione ha scelto l’occasione più blanda. La storia del vaso e della goccia. Goccia solitaria, visto che Giuntoli e De Laurentiis per adesso non si sono sentiti. Si fece sentire Benitez, s’è fatto sentire Sarri, tuonò Ancelotti, adesso Gattuso. Ma un tuono solo non fa tempesta.