Non serviva una motivazione particolare all’Inter per ben figurare nel derby, insomma il derby è il derby, vale da solo una stagione eppure la squadra di Pioli aveva delle motivazioni in più per fare bene in questa partita: doveva riprendersi dalla sconfitta di Crotone e doveva rispondere all’onta del sorpasso da parte dei cugini del Milan. Anche per Pioli non era una partita normale: con un’Inter ormai priva di ambizioni di classifica queste gare di fine stagione servivano per garantirsi il posto per la prossima stagione. E poi c’era quel bisbiglio da mettere a tacere, quello secondo cui Pioli non riuscisse ad allenare le grandi partite. Insomma, sia per i giocatori che per l’allenatore le motivazioni per fare qualcosa di più e qualcosa di meglio c’erano: eppure non sono bastate.

Derby pareggiato all’ultimo dal retrogusto di sconfitta per i tifosi e di addio per Stefano Pioli perché - al netto dell’entità del recupero assegnato da Orsato e della gestione di esso - questa è inequivocabilmente la sconfitta madre dell’ex allenatore della Lazio. Non ha perso il confronto con Montella, non è stato meno bravo di altri, è semplicemente meno bravo in assoluto perché - senza avere alcun tipo di pressione dettata dal risultato - è riuscito a sbagliare i cambi favorendo la rimonta del Milan. Sbagliato prendersela con Pioli? Troppo facile? Fuori luogo? A queste tre domande si può rispondere con un triplice “no” perché il beneficio del dubbio è cessato col gol di Zapata e il seguente triplice fischio.

Un uno-due di pugilistica fattura sul finire della ripresa non può che stordire l’avversario rendendolo praticamente prossimo al knock-out, servirebbe solo un miracolo affinché suddetto avversario non solo riuscisse a terminare il match ma anche trarne un risultato positivo: ecco il miracolo di oggi ha preso le forme del tecnico parmense classe 1965. Se tanto bene e tanto sfortunato era stato il Milan nella prima frazione, lo stesso non si può dire per la ripresa: il Diavolo - infatti - era sì padrone del possesso palla, ma non si era mai reso realmente pericoloso come aveva dimostrato di poter essere in precedenza. Nemmeno l’aver inserito giocatori più offensivi come Locatelli e Lapadula aveva aumentato sensibilmente la pericolosità sotto porta, ma qui si consuma il miracolo di Pioli che, senza un reale motivo toglie il migliore in campo fra i suoi (Joao Mario) per inserire un difensore come Murillo. Sul 2-0. Con ancora 10 minuti da giocare. Contro una squadra alle corde e mai pericolosa.

Il cambio tattico con l’Inter che passa al 541 - manco fosse il Costa Rica di Brasile 2014 - invece di dare solidità toglie certezze e, soprattutto, toglie vigoria all’attacco nerazzurro. Come primo effetto di questa scelta di esclusiva paternità dell’allenatore e di nessun altro l’Inter si schiaccia ancor di più e prende il gol dell’1-2. A sette minuti dalla fine, con un gol da recuperare e l’inerzia dalla propria parte per arginare il Milan ci sono due modi: la difesa più arcigna e arroccata della storia - anche di più di quella del citato Costa Rica - o la lucida follia di inserire un attaccante al posto di un uomo difensivo per ritrovare quell’equilibrio perduto. Ed ecco il secondo errore di Pioli: nessuna delle due scelte è stata seguita ed è arrivato il cambio più insensato del campionato nerazzurro quello con cui Biabiany è subentrato a Candreva.

Ci sono n motivi per cui questo cambio è errato e non si deve esitare a dirlo, qui se ne elencano alcuni:
- Biabiany non vedeva il campo dall’8 dicembre, quando affrontò lo Sparta Praga in una gara di Scapoli-Ammogliati;
- Biabiany non aveva disputato nemmeno un minuto in Serie A in questa stagione;
- Biabiany veniva dopo Gabriel Barbosa nelle gerarchie;
- Biabiany non dava alcuna soluzione offensiva né difensiva in più rispetto a Candreva;
- Biabiany non dava alcuna soluzione offensiva né difensiva in più rispetto a Gabriel Barbosa;
- Biabiany è stato più vicino a vestire altre maglie più che giocare con la maglia dell’Inter in Campionato;
- Far entrare un giocatore nel recupero serve solo ad aumentare il recupero a favore degli avversari.
