“Con le unghie e con i denti”, “partita attenta”, “di necessità virtù”, “tanto cuore”. Gli eufemismi di rito, che di solito si usano per chi espugna il campo di una rivale più quotata, con mezzi differenti, classifica differente, e diverse spanne di qualità in più.

 

Tutto ok, allora, niente di sbagliato se sono queste le espressioni usate unanimemente dalla stampa (neutrale, filo interista, filo milanista) in calce all’ 1- 0 con cui l’Inter vince il derby. Chi si accontenta gode: se una vittoria sofferta, indipendentemente dai modi e dallo stile, indipendentemente da chi asserraglia e da chi è sotto assedio, si cercava, via con i tre punti all’Inter, e contenti tutti. Se si cercava la velleità per sogni di gloria…beh, meglio pensare ai tre punti conquistati, dai.
Tutto legittimo, e tutti contenti: l’Inter vince nel suo stadio da provinciale, con rispetto, ma anche inopinatamente, e va bene così. Basta mettersi d’accordo: coscienti della momentanea inferiorità, chiudersi come farebbe il Pisa, per citare una nerazzurra, e puntare sulla rotondità del pallone e su un liscio di Abate. Basta sapere ciò che si vuole.

 

A scanso di equivoci, e prima che piova la messe di accuse di faziosità, diciamo che è piaciuta l’amministrazione di palla, soprattutto negli ultimi dieci minuti, dei nerazzurri, che è piaciuto Nagatomo, che è piaciuto Zanetti, che è piaciuta la coppia di centrali, che sarebbe piaciuto, non avesse giocato così tanto ad Holiday on Ice, Pazzini, ed è piaciuto soprattutto, da chef del classico sposalizio il cui banchetto è rappresentato da coperto e frutti di fico essiccati, Claudio Ranieri. Umile e realista, cosciente dei differenti mezzi, almeno per il momento, ha fatto quello che ha potuto. Persino vincere.

 

Certo un derby interpretato da una delle due squadre in maniera così esteticamente indegna sarà difficile da dimenticare. O da ricordare, dipende da come lo si guardi. Non ci sentiamo comunque di offendere nessuno, men che meno Ranieri, se diciamo che il bravo allenatore romano ha messo in campo una squadra, con una classifica da provinciale fino a qualche settimana fa, da provinciale a tutti gli effetti, a San Siro contro il Milan. Con l’alibi della ripartenza, in 11 dietro la linea del pallone, per larghi tratti. Mettendo Chivu per Alvarez e Snejider per Milito. “Il prossimo è Castellazzi per Pazzini, così in porta si mettono in due”, scriveva live un follower sulla bacheca di Canale Milan.
Catenaccio, si diceva con molta più onestà intellettuale, fino alla fine degli anni ’80. Catenaccio con block system, allarme ad infrarossi e abbonamento annuale ai metronotte, diciamo nel 2012.

 

E, premesso che l’Inter ha vinto la stracittadina, che l’Inter ha segnato e il Milan no, che il Milan ha trovato una traversa e basta, l’Inter un palo-gol, che l’Inter trova la sesta vittoria di fila e il Milan nel girone d’andata contro le altre prime 5  ha rimediato 2 punti (Lazio e Udinese) e 3 sconfitte (Juve, Inter e Napoli), se qualcuno voleva trovare nella stracittadina di ieri sera i segni di un gap colmato, di una candidatura autorevole dell’Inter ad una lotta per il titolo, una picconata alle certezze di autorevolezza, viceversa, dei rossoneri, beh, è costretto a ripassare.
Un 1-0, episodico, che rilancia l’Inter, che dovrà faticare nella stessa maniera di prima, e che lascia il Milan convinto dei propri mezzi e delle proprie spanne di vantaggio (soprattutto tecniche) forse più di prima. Questo solo si è visto ieri sera. Fermo restando che chi scrive ha sempre tenuto nella giusta considerazione i nerazzurri, anche a -10.
“C’è anche l’Inter”, titolano. Chi magari in tempi non sospetti già sapeva che l’Inter c’era, ora dice: “momento, calma coi sogni di gloria. L’Inter ha vinto di misura il derby, fregandosene del come”.

 

Piccola appendice: El Shaarawy, entrato a 7’ dalla fine, dopo pochi secondi mette in porta, al primo tocco di palla, Robinho. Altrettanti secondi dopo, serve a Ibrahimovic un bel cross, su cui poi l’arbitro ferma il gioco. Ci fa orrore l’idea di diventare ripetitivi, ma Allegri, l’allenatore che ha portato dopo 7 anni il tricolore al Milan, e il cui rinnovo abbiamo salutato con gioia e soddisfazione, ci dia un solo buon motivo per cui continua a non puntare minimamente sul Faraone. Certamente questo motivo ci sarà, e lo ascolteremo volentieri, con rispetto. Un solo motivo, e taceremo per sempre.
 

Ezio Azzollini