Terra trilingue, le Fiandre. Terra nascosta, le Fiandre Orientali. Striscia di terra silenziosa e incastrata nelle pieghe di storie antiche e dolorose. E il nuovo millennio ha riservato alla storia del calcio un giocatore che alle porte della maturità si sarebbe definito un calciatore d’altri tempi, senza paura di affidarsi all’istinto.
Kevin De Bruyne, da Drongen, per quella gold generation che con la nazionale belga non ha vinto i campionati del mondo, ma ha saputo distribuire in quasi un quarto di secolo campioni che hanno fatto le fortune di alcuni tra i più importanti club europei.
La Parthenope incantata dagli ultimi prodigi e da un’impresa che ha di fatto scosso gli equilibri e le gerarchie del calcio italiano, ha richiamato le attenzioni di un giocatore che alla sua carriera ha poco da chiedere, ma forse ancora molto da domandare. De Bruyne arriva a Napoli senza pretese. Lo fa nella gioia di uno scudetto che ha fatto epoca e nelle intenzioni di un presidente che non vuole arrestare la corsa a un potenziamento che andrebbe a coronare il suo ventennio in crescendo.
Parte della stampa e dei mezzi di comunicazione nazionali hanno storto il naso. Non c’è stata accoglienza da strilloni di Stato. Certe resistenze sono ancora forti. Soprattutto se dall’altra parte chi è sempre stato abituato a fare da padrone adesso deve contemplare i passaggi veloci e spediti di un Napoli per Napoli e la necessità di ripiegare in cautele molto più profonde.
L’arrivo del centrocampista belga all’ombra del Vesuvio porta con sé la grandezza e l’ebbrezza di un fuoriclasse, ma pure il rischio che l’ambiente possa smarrire la lucidità e la coscienza per cui niente può essere dato per scontato. E che “tutto cambia ogni volta”, proprio come una volta ha detto Kevin De Bruyne.
Ma per questo ci sono gli Antonio Conte. L’altra parte della felicità. Quella rigorosa, meno gaudente, votata alla solidità. Tutto l’anticipo delle necessità affinché quella felicità possa ripetersi. Il calciatore che come pochi negli ultimi decenni ha saputo tramutarsi in un numero 10 del contemporaneo calcistico, iniziato da esterno e compiuto in mezzo al campo a fare registrare statistiche di servizio coi numeri da capogiro, inaugura una nuova fase della sua carriera dove il numero 10 è interdetto per rispetto.
C’è chi dice che De Bruyne sia alla fine, che l’ultima stagione, nonostante numeri di altissimo livello, non sia stata degna di un calciatore da considerarsi decisivo. L’affermazione si offusca tanto quanto l’assenza della domanda. “È partita dopo partita. Tutto cambia ogni volta”, Kevin De Bruyne.