Ospito con grande piacere sul mio blog un pezzo scritto da Giuseppe Saccone, Responsabile Editoriale di Canale Inter. Buona lettura.

 

La giornata di ieri, oltre alle numerose e talvolta tragicomiche notizie di mercato prodotte e riversate dalla stragrande maggioranza degli organi di informazione sportiva, ha regalato ai tifosi interisti uno di quegli annunci che, seppure nell’aria da tempo e quasi scontati, mantengono intatta la capacità di lasciare una gradevole sensazione lungo il corpo e l’anima di chi interpreta il calcio come “la cosa più importante tra le meno importanti”: il rinnovo del contratto del Capitano Javier Zanetti fino al 30 giugno del 2014.

 

La felice conclusione della (per così dire) trattativa è stata suggellata dalle parole rilasciate da JZ4 al sito ufficiale: "Prima di tutto desidero ringraziare la società per la fiducia accordatami. Abbiamo parlato a lungo dell'infortunio e abbiamo deciso di fare un altro anno insieme. Hanno dimostrato ancora una volta di credere in me e nella mia passione per l'Inter. Mi auguro di poter ripagare sul campo questa dimostrazione di affetto e di stima nei miei confronti. Ringrazio i moltissimi tifosi che in queste settimane mi hanno fatto sentire il loro amore e la stessa cosa hanno fatto con la squadra, dimostrando in questi primi giorni di campagna abbonamenti, di volerci stare vicino anche nella prossima stagione. Sto facendo di tutto per guarire bene e per mettermi a disposizione del tecnico e dei miei compagni".

 

Sarà bene ritenere il rinnovo di Zanetti quasi come un atto dovuto, anche e soprattutto in conseguenza di ciò che accadde in terra sicula nell’aprile scorso: sarebbe infatti stato insopportabile e intollerabile per qualsiasi tifoso interista vedere la storia nerazzurra di Javier chiudersi (da calciatore) con quelle immagini di atroci sofferenze. Giusta e condivisibile la scelta di allungare l’accordo per altri 12 mesi, nel corso dei quali l’argentino potrà ancora risultare utile - con quanta qualità e quantità sarà determinato dalla capacità di recupero da un infortunio molto serio, occorso in età avanzata, e  in misura non minore anche dal tipo di rosa che la società sarà in grado di fornire al neo-tecnico Walter Mazzarri, con la speranza di non essere costretti ad assistere all’ennesimo caso di utilizzo eccessivo di giocatori arrivati sul viale del tramonto a causa di lacune strutturali del parco calciatori non adeguatamente colmate e/o di una serie preoccupante quanto infinita di infortuni muscolari.

 

La coincidenza, questa strana entità che spesso si diverte a scherzare con le vite di ciascuno di noi, ha voluto che nella stessa giornata che ha segnato il prolungamento del rapporto tra Javier Zanetti e l’Inter, si vivessero sensazioni ed emozioni opposte presso l’altra sponda del Naviglio: dopo quasi un ventennio di Milan, Massimo Ambrosini è stato accompagnato alla porta con queste dichiarazioni dell’amministratore delegato rossonero Adriano Galliani: "Dopo 18 anni la società insieme all’allenatore hanno deciso di non rinnovare il contratto. È un grande uomo e una grande persona ma ha 36 anni, speriamo che in futuro possa tornare da noi".

 

Parole che non stupiscono più di tanto (e che hanno provocato una reazione stizzita da parte del diretto interessato), sebbene siano state pronunciate dal volto principale di quella che è stata apostrofata più volte – e da più parti – come la società migliore d’Italia, se non del mondo, in sede di comunicazione. Non è infatti la prima volta che il Milan si accinge a rinunciare a giocatori storici, simboli di tante avventure e di tante vittorie in virtù di un evidente quanto naturale passare del tempo che reca con sé una condizione fisica sempre più approssimativa e un apporto tattico e tecnico di dimensione sempre più ridotta: basti pensare agli addii di poco più di un anno fa dei cosiddetti senatori rossoneri Nesta, Gattuso, Inzaghi, Seedorf, Van Bommel, Zambrotta, pianti con tristezza e dispiacere dall’intera tifoseria rossonera, un po’ meno dai vertici.

 

A ben vedere, un atteggiamento questo del tutto differente, se non talvolta opposto, rispetto a quello che siamo abituati a vedere quando si parla di Inter, dove i senatori sono durante ogni stagione messi duramente in discussione per poi essere puntualmente riconfermati – se non in blocco, quasi. Non esula da quest’analisi la posizione di Dejan Stankovic, a quanto pare sempre più vicino alla rescissione dopo 9 anni di folle e incondizionato amore per i colori nerazzurri: troppo tardiva, a parere di chi scrive, per chi, tormentato da problemi muscolari difficilissimi da risolvere definitivamente, ha totalizzato nell’ultima stagione un totale di 114 minuti giocati a dispetto di 2.7 milioni netti puntualmente incassati come stipendio annuale dalla società nerazzurra.

 

Il problema che si pone non è di poco conto, e mette in mezzo un valore che in casa Inter raramente è stato messo in discussione o in secondo piano: la riconoscenza nei confronti di chi per i colori nerazzurri si è speso senza risparmiarsi, senza remore, nei confronti di chi nel corso degli anni ha saputo costruire con fatica e pazienza una squadra vincente in Italia, in Europa e nel mondo, nei confronti di chi ha dato moltissimo (e ricevuto altrettanto). E forse è proprio qui che si misura la grande distanza esistente nei modus operandi di Inter e Milan (e perché no anche della Juventus, pronta un anno fa a rinunciare senza tanti rimpianti o rimorsi al suo storico capitano Alex Del Piero).

 

La domanda che sorge spontanea è: chi si trova nel giusto? Chi, consapevole di cicli che si chiudono riesce a voltare pagina, pur se questo comporta grandi e dolorosi strappi con il passato? O chi molte volte rinuncia a vedere oltre e accetta di portare avanti, nel nome della riconoscenza, rapporti che sarebbe meglio troncare per il bene di se stessi? I risultati recenti sembrerebbero indicare una via ben precisa; l’immediato futuro chiarirà se anche l’Inter sarà in grado di intraprenderla.

 

Giuseppe Saccone per Canale Inter