Nei tempi del post-Kakà rossonero (e, aggiungiamo, nei tempi in cui anche la controparte vive di vedovanze forse più dolorose e meno spiegabili), uno dei concetti più inflazionati e più opportuni quanto realistici è stato: tutti utili, nessuno indispensabile. Tradotto, dal piano del giornalismo a quello del cuore: guai ad affezionarti a qualcuno, tifoso rossonero.
No, pensavamo di essere diversi, che la famiglia milanista non sottostesse alle ragioni della moneta, che non fosse una di quelle famiglie moderne che, pur benestanti laddove non nobili, deve veder partire un figlio migrante al Nord o all’estero, per ragioni di lavoro (dunque moneta) e non ci si può far nulla. Lo abbiamo creduto, ci siam svegliati con il rumore di un aereo che andava a Madrid. Non siamo diversi, non siamo più sentimentali, non siamo un’isola felice del buon sentimento, e forse è giusto, o quantomeno reale, così.
Una riflessione che è tornata d’attualità dopo le recenti esternazioni di Ibra e Cassano. Per carità, niente di neanche vicino allo scenario dipinto da alcuni organi di regime, per cui “tra tre anni (e mezzo)”, vale a dire 2015, sembra che sia dopodomani, per cui verrebbe da chiedersi “ma almeno il magazziniere rimane”?
Certo, mal di pancia veri o presunti da una parte e piani legittimi per il futuro futuribile dall’altra, ripropongono la questione, in un’era lontana dai sentimentalismi del passato. Pirlo è passato dall’altra parte della barricata, probabilmente con esiti nefasti, Seedorf causa ad ogni sessione di mercato una stilettata al cuore poi puntualmente ricucita. Tutti utili, nessuno indispensabile. Comunque vada ad ogni mercato, il popolo rossonero è diverso adesso. Cresciuto, forse.
Una eccezione, probabilmente l’ultima eccezione, è rappresentata dall’unico fuoriclasse di dimensione mondiale che la rosa rossonera, e probabilmente il calcio italiano, possiedano. E non è il fragile Pato.
L’unico, l’ultimo irrinunciabile, è Thiago Silva. L’unico degli insostituibili. Ecco perché, prima dei mal di pancia di Ibra e delle prospettive del Cassano ultratrentenne, sono stati i rumors dei giornali spagnoli a smuovere nello stomaco dei rossoneri quella fitta che sembrava dimenticata, morta e sepolta.
No, Thiago Silva no. Tutti ma non lui, imprescindibile nella cifra tecnica della squadra ancor più che nei sentimenti. Adriano Galliani, che è rossonero, lo sa. Ma anche mia madre sapeva quanto faceva male, quando sua figlia è andata via per lavoro.
Ezio Azzollini