Non ero mai stato nella curva in cui è morto Ayrton Senna. Che fa molto Nanni Moretti in Aprile, ma, come scriverebbe Chuck Palahniuk, “è la verità”. Non ero mai stato nella curva in cui è morto Ayrton Senna, e adesso ci sono stato.

Ci sono stato nell’attesa del live dell’anno, quello degli AC/DC ad Imola, quello dei centomila. Che magari non fregherà a nessuno, ma è qualcosa che ha molto a che fare con vibrazioni, evocazioni, potenze simili, nonostante le diversissime religioni. Quella del rock, e quella in cui Ayrton Senna trovava l’ispirazione per essere il campione che era, e l’uomo particolare che era.

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Succede che a un certo punto, dentro il parco delle Acque Minerali, ti imbatti in quella curva. Di quel pomeriggio di ventun anni fa ricordavi l’apprensione, la diretta televisiva, le scoraggianti notizie, tuo padre che scuote la testa pensando a come farti gestire una delle tue prime esperienze con la morte. Ventun anni dopo, quella curva è ancora lì, e anche se l’elegia necessaria per gli articoli belli dovrebbe far dire che il tempo s’è fermato, no no, il tempo in quella curva non s’è fermato per niente. Ci trovi bandiere d’ogni nazione, messaggi d’ogni lingua, pezzi di stoffa che sembrano provenire da ogni decennio. Magliette sporche, magliette nuove, bandiere consunte, vessilli d’avantieri. Nessuno si è scordato di Senna: non è l’idolo vintage delle canzoni dei cantautori, quella da piegare alle metafore nostalgiche perché “Senna non corre più”, che ti vien in mente così, una volta ogni tanto.

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Di questo posto impressiona l’attualità, la vita, la gente d’ogni età che s’alterna sulle panchine senza sosta, la vegetazione curata, il bello, non lo spettrale. La leggerezza, non la pesantezza. Sotto il monumento sul quale le ragnatele provano a crescere, ma senza troppo successo, i ragazzi s’innamorano, i vecchi rifiatano, i bambini stan sugli scivoli, e c’è il sole. Il posto in cui il cemento e gli ingranaggi costruiti dall’uomo si son presi quello che Lucio Dalla descrive come un uomo non qualsiasi, uno che in pista “a confronto il diavolo era uno svizzero”, non è come lo immaginavi. Non è greve, non è tetro, perché il mondo non è come quella Williams, il mondo corre ancora. Piccoli pezzi di mondo si fermano qui, a rendere omaggio. Poi ripartono, come tutto il resto. “Il circo ha solo cambiato città”, citando ancora Dalla, nel suo pezzo per Senna. Uno che non ha smesso di farsi voler bene da quella gente che di qui passa, si ferma, ride, piange, scrive, si bacia sulla bocca, uno che si merita ancora il sole, uno il cui spirito riposa, appena al confine d’una pista fatiscente che non vuole più nessuno, in un parco rigoglioso, vivo e felice. Dio è fedele: la gente di Senna, che s’è fermato in questa curva ventun anni fa, gli è fedele altrettanto.

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