Un calciatore professionista può davvero essere vincolato a tempo indeterminato con un club? No. Per fortuna ora è impossibile.
Impazza ormai da qualche giorno una “storica” notizia: pare che i neo acquirenti della società U.S Lecce, la famiglia Tesoro, abbiano blindato l’uruguaiano Ernesto Javier Chevanton, storico goleador del team salentino, con un contratto a tempo indeterminato.


In un periodo dove il tasso di disoccupazione ha raggiunto un livello sconsiderato ed il precariato risulta essere l’unica forma lavorativa proposta, questa notizia potrebbe sembrare una nota colorata in uno sterile e piatto pentagramma. In un contesto storico dove nel calcio i cosidetti “mercenari” dominano la scena, un esempio di legame affettivo indissolubile come quello, apparentemente, proposto dal Lecce ed il suo attaccante Chevanton potrebbe essere certamente interessante.

 

La notizia, tuttavia, è solo il frutto della confusione e di una evidente scarsa conoscenza della normativa.

 

Un atleta professionista non può assolutamente sottoscrivere un contratto di prestazioni sportive a tempo indeterminato.
L’art. 28 delle Norme organizzative interne della Federazione italiana Giuoco Calcio (Noif) dispone che un calciatore professionista, che esercita l’attività sportiva a pagamento con carattere di continuità, può sottoscrivere un contratto con una società sportiva per una durata non superiore alle cinque stagioni sportive, se maggiorenne, e non superiore alle tre stagioni sportive, se minorenne.
Tale statuizione è, peraltro, confermata dall’art. 18 del Regolamento Fifa sullo Status e sul trasferimento dei calciatori. Nel Regolamento viene specificamente stabilito che i contratti tra società e calciatori possono avere una durata massima di cinque anni. Qualsiasi clausola che tenti di estendere tale durata sarà nulla.
Osservando il caso superficialmente si potrebbe obiettare che non farebbe male vedere, almeno per una volta, un giocatore che, spinto da amore e devozione (?), scelga di legarsi vita natural durante con un unico club. Legarsi ad un sola maglia, rappresentarla per sempre. Molti potrebbero dire che sarebbe un esempio.
In realtà nulla vieta ad un giocatore di legarsi sostanzialmente ad una società per la vita, (Totti, Del Piero e Maldini ne sono un esempio). I giocatori e le società hanno, infatti, la possibilità di rinnovare il contratto sottoscritto senza alcun limite di volte. La norma, tuttavia, impone che per il singolo contratto venga, comunque, rispettato il limite dei 5 anni di durata massima.

 

Pur potendo apparire un paradosso per qualsiasi altro tipo di lavoratore, nello sport professionistico tale divieto rappresenta una delle massime forme di tutela della libertà dell’atleta e, come ogni diritto, la sua conquista è stata il frutto di numerose lotte intestine conclusesi con la nota Sentenza Bosman del ‘95.

 

Prima della rivoluzionaria decisione della Corte di Giustizia delle Comunità Europee i giocatori professionisti erano, infatti, sottoposti ad un vincolo a tempo indeterminato con le società di appartenza indipendentemente dalla durata del contratto economico. Gli atleti non erano altro che un oggetto nelle mani delle società che, con totale ed insindacabile discrezionalità, potevano decidere delle loro sorti senza alcun limite, anche dopo la scadenza del contratto economico. Se un giocatore avesse voluto trasferirsi in un altro sodalizio non avrebbe potuto farlo se non previo assenso, “lautamente pagato”, delle alte sfere del club di appartenenza. Il peso della volontà del giocatore era pari a zero.
Pur non volendo ignorare i risvolti negativi che tale sentenza ha potuto indubbiamente determinare (attualmente sono le società ad essere prigioniere dei propri giocatori), è innegabile che essa abbia finalmente offerto agli atleti la libertà di cui erano stati privati per troppo tempo.
È chiaro che immaginare una inversione di tendenza sul caso sarebbe quanto meno assurdo.
Una situazione del genere, seppur anagraficamente ristretta, persiste ancora nel settore dilettantistico (art. 32 Noif) dove, superati i 14 anni, i giocatori possono essere sottoposti ad un vincolo che dura fino al compimento del 25esimo anno di vita. Chi ha a che fare con il mondo dilettantistico sa perfettamente quanto avvilente sia tale situazione che, per fortuna, ha abbandonato il calcio professionistico.
Il cannoniere uruguaiano se vorrà potrà, quindi, restare a Lecce, con qualsiasi tipo di carica, fino alla fine dei suoi giorni ma pur sempre rispettando la normativa vigente. 
Comincia un pò in confusione l’avventura della famiglia Tesoro a Lecce.

 

Avv. Cristian Zambrini (www.studiolegalezambrini.it)