Il 1986 passò agli annali del calcio con il nome di "Totonero bis". Non fu una legge di modifica, ma un nuovo scandalo di scommesse successivo a quello che nel 1980 aveva condotto la guardia di finanza negli stadi e agli arresti di celebri calciatori italiani.
Allora, nel 1980, era bastato che un “fruttarolo”, il grossista Massimo Cruciani, svelasse di essere entrato in contatto con alcuni calciatori professionisti, tramite un suo cliente, Alvaro Trinca, per scommettere su alcune partite truccate. Solo che al fruttarolo alcune scommesse andarono storte, perché non tutte le combine “andarono a buon fine”, allora Cruciani confessò l'imbroglio e fu l’inizio del filone investigativo che tanti intrallazzi svelò alle cronache e all’opinione pubblica. Magistratura e giustizia sportiva ne suonarono di botte, a quel calcio che secondo molti, e non a torto, andava a tutti i costi rieducato.
Nel 1986, invece, l’arresto di Armando Carbone, uomo di fiducia di Italo Allodi, dirigente del Napoli, portò alla scoperta, grazie alle confessioni di Carbone, di un giro di scommesse clandestine che coinvolgeva squadre di tutte le categorie, dalla serie A alla C2 (allora c’erano la C1 e la C2). E venne fuori che da due anni, dal 1984 al 1986, molte partite erano state truccate. Tra i deferimenti illustri vi fu quello del Napoli, subito assolto insieme allo stesso Allodi. L’inchiesta che forse fu la coda dello scandalo del 1980, la fece pagare a molte squadre delle categorie minori. Solo l’Udinese, spedita in B, subì una retrocessione di ufficio.
Da mesi, oggi, 2012, la giustizia ordinaria e quella sportiva, le stanno promettendo di santa ragione al calcio e ai suoi massimi sistemi. Secondo le rivelazioni dei giudici e anche secondo molte delle loro dichiarazioni, da quanto lasciato trapelare, in via diretta e indiretta, da esponenti politici e istituzionali del calcio italiano, tutto, o quasi, il football nostrano sarebbe corrotto. Eppure, tra verbali e interrogatori, fino a questo momento, i deferimenti e i provvedimenti disciplinari, sono caduti addosso a società piccole piccole, come il "borghese" di Cerami. La prima a cadere è sempre la periferia delle cose.
I proclami e le “cattive intenzioni” di questo nuovo direttorio del calcio che andrebbe raddrizzato - e sarebbe pure ora - sembrano essersi abbattuti sulle regioni periferiche del sistema (quelle sono sempre buone per gli sfoghi) sulle provinciali di categoria e sui calciatori prossimi ad anonimi e disonorevoli ritiri.
Qualcuno ha sbottato, ha fatto la voce grossa e ha messo in piazza uno scandalo che è parso, fino a questo momento, più un mercato generale per i pettegolezzi e i servizi giornalistici, piuttosto che un reale scossone al calcio italiano. Come alieni, sembrano essersi annidati tra la disonestà di alcuni calciatori questi avventurieri neri della scommessa provenienti da un estero lontano e misterioso.
Un intreccio fitto di nomi e di società, di presidenti, di allenatori e di calciatori. Un Totonero tris? Ma non è che se ne siano viste molte di condanne esemplari, di classifiche girate e rigirate in un tentativo di ristabilire un ordine attendibile del football affidato all’incertezza della competizione, e non perché qualcuno decide come deve finire dopo aver dato un’occhiata alle quote. Sarebbe sbagliato credere che, pur volendo, è meglio che le cose restino come stanno? Che va bene far leva su discutibili reputazioni, una chiamata dalla procura e un po’ di sana diffidenza? Mi fermo qui, che è meglio. La credibilità dalle nostre parti è cosa troppo rara. Del resto, in Italia, per tutte le faccende serie si è presa l’abitudine di addolcire la pillola, anche quando la pillola non c’è. E poi chi ha detto che stiamo parlando di cose serie?
Elio Goka