“Cosa c’è Catello? Non ti piace stare con noi?”
“No, mister. Ci mancherebbe…”
“E allora cos’hai?”
da L’ultimo giorno del leone, di Fabrizio Prisco
Il 15 aprile 2006, battendo il Sassuolo per 2-1, la Cavese conquista la promozione in C/1. Per la squadra campana, che vanta una storia calcistica di grande tradizione, è un ritorno di categoria che rappresenta una grande e attesa soddisfazione. La mattina dopo, all’alba, Catello Mari, il suo giocatore più amato, muore in un incidente stradale pochi metri dopo il casello di Castellammare di Stabia. Il difensore, nativo proprio della cittadina stabiese, aveva da poco festeggiato coi compagni il raggiungimento di quel traguardo sportivo. Quel triste mattino è l’alba del giorno di Pasqua. Adesso, nella Castellammare che ha visto i natali di un atleta scomparso prematuramente e in circostanze così tragiche, al suo ricordo è intitolato il nome di una strada del rione Moscarella. “Vico Catello Mari”.
Un’altra dedica è tra le preziose testimonianze di chi lo ha conosciuto e gli ha voluto bene. Si tratta del lavoro, lungo più di un anno, realizzato da Fabrizio Prisco, scrittore di Cava de’ Tirreni, autore che ha dedicato al calcio più di una produzione editoriale (già intervistato per La pressa di Hanta).
L’ultimo giorno del leone (edito da Area Blu Edizioni) è il titolo del libro che Fabrizio Prisco ha scritto e dedicato alla storia di Catello Mari. Ricordi, testimonianze, flash back, racconti, interviste e altri documenti di repertorio formano una narrazione che ruota intorno agli ultimi momenti del giovane stabiese. L’infanzia trascorsa a Roccapiemonte, la scuola frequentata presso l’istituto di ragioneria a Cava de’ Tirreni, l’affermazione come tra i migliori calciatori di C durante la gestione di Campilongo nella cittadina cavese, fino all’ultimo ritiro, quello di Serino, prima dell’epilogo che la sorte gli riserva in quella che forse è l’alba più bella della sua carriera di calciatore.
Nel volume di Prisco è presente anche una poesia scritta dal padre di Catello, Giuseppe, dedicata al figlio dopo la scomparsa. L’opera è presentata da una prefazione di Mauro Senatore, corrispondente della Gazzetta dello Sport e figlio di Raffaele Senatore, storico giornalista metelliano. In una sezione intitolata Frammenti raccoglie una serie di ricordi e di pensieri dedicati a Mari da parte di amici, ex compagni di squadra ed ex allenatori.

“Per il popolo metelliano la Cavese non è una semplice squadra di calcio. È ragione di vita. Non conta vincere. L’importante è dare l’anima in campo e sudare la maglia fino al novantesimo. Catello non era di Cava, ma aveva compreso in pieno quello che voleva la gente. Per tutti era un calciatore, un amico e un fratello. Per questo era tanto amato.”
L’esperienza di Fabrizio non si esaurisce nella produzione di questo testo, ma in un impegno che lo ha condotto a presentarlo e a raccontarlo in tutta Italia. Durante una delle presentazioni più recenti e significative di un altro libro, Campioni per sempre, che si è svolta a Cinisi, la piccola cittadina siciliana che fu di Peppino Impastato, giornalista e attivista assassinato dalla mafia il 9 maggio del 1978 all’età di trent’anni, l’autore campano ha avuto modo di condividere anche il ricordo legato al suo ultimo percorso editoriale nell’ambito di una rassegna dedicata al trentanovesimo anno dalla scomparsa di Impastato. Alla presentazione di Campioni per sempre era presente anche Giovanni, fratello di Peppino.
Adesso che nuovi elementi pare stiano emergendo intorno alla vicenda di Denis Bergamini, calciatore scomparso in circostanze mai del tutto chiarite, la parola verità, proprio in occasione del ricordo di Peppino Impastato, assume un valore ancora più significativo, anche davanti alle vicende non sempre trasparenti di un mondo, quello del calcio, che mette a dura prova chi non è disposto a mettere da parte se stesso pur di farsi strada a tutti i costi.
Anche per questo, in uno dei giorni di maggio più tristi e significativi della storia del Meridione, coinciso con un altro omicidio storicamente emblematico (quello di Aldo Moro), il 9 di maggio, abbiamo deciso di unirci al ricordo dedicato ai ragazzi che, per ragioni diverse, per significati diversi, hanno dovuto affrontare un destino tragico e ingrato. Ascoltando le confessioni di Fabrizio, un instancabile narratore di quel calcio nostalgico che ancora reclama la sua dignità a rischio, si percepisce l’emozione suscitata dal contatto con sensibilità estreme, provate, e che, come unico lascito testamentario, non fanno altro che chiedere a chi resta di far proseguire ricordo e insegnamento. Fabrizio Prisco, che è anche un insegnante, questo l'ha compreso molto presto.
“Il sole che stava tramontando illuminava ancora le acque cristalline dell’isola di Capri, quando Catello si allontanò dal campo di San Costanzo. Camminava a testa bassa, gli sembrava di sentire dentro di sé ancora le parole del mister. Lavora sodo, lavora sodo, lavora sodo… Giovanni Formicola non lo sapeva, ma era riuscito ad ottenere quello che voleva. Erano bastati dieci minuti, le parole giuste al momento giusto, per riaccendere in Catello il fuoco della passione. Da allora non si sarebbe più fermato.”