di Ezio Azzollini
Ammesso e non concesso che dovesse tradursi in realtà “l’indiscrezione”, fuori tempo e fuori modi, del ghost writer di Pirlo a proposito di una separazione tra Mihajlovic e il Milan (ammesso e non concesso, dato che fonte è nota per fare puntualmente male gratuito a tutto ciò che è afferente al mondo rossonero), saremmo di fronte a una questione che può avere un solo feedback, senza se e senza ma, senza altro modo di vederla: no.
No, perchè, se non un cerchio perfetto alla Giotto, la squadra iniziava a prendere una quadra. E, al di là di uscite infelici (per esempio il j’accuse a Bacca in occasione del primo gol del Sassuolo, andato già in scena nell’altra metà di Milano, con esiti nefasti: quindi, Sinisa, per favore anche no), Mihajlovic e il gruppo sembrano davvero remare dalla stessa parte, sempre. Non è una cosa così scontata.
No, perchè il quinto allenatore in tre stagioni non è roba da Milan. No perchè non abbiamo voglia di far concorrenza a Zamparini, cucirci lo stemma di Penelope come nuovo logo societario, no perchè la mancanza di stabilità e di coerenza progettuale è disastrosa almeno quanto la mancanza di campioni. No perchè ricominciando da capo ogni luglio, non si va molto lontano.
No, perchè se realmente la motivazione sta nelle ingerenze presidenziali (che, va detto, hanno tollerato allenatori dal curriculum un po’ più voluminoso di quello del serbo), rammentiamo che per i latini la virtù sta nel mezzo. E che, tra disinteresse assoluto e stillicidio di frecciate e inteferenze, ci sarà pure una via di mezzo. Per restare nel latino: “sublime” vuol dire, letteralmente, al di sotto del limite. Capire quando si avvicina un limite da non travalicare, e fermarsi prima. Specie se si è (ancora) amati con pura devozione, specie se si è dei buoni intenditori.