“Ho un solo rimpianto, quello di poter donare alla Roma una sola carriera”.

[Daniele De Rossi, 2009]
 
Di carriera, fai bene a dirlo, ce n'è una sola. Caro Daniele, nella tua biografia non potevi esprimere meglio il tuo amore per quei colori, così vividi, così visceralmente iniettati sotto la tua pelle dalla vita. Una vita che tu, e la tua famiglia, hanno colorato sempre di rosso e di giallo. E che, vuoi o non vuoi, non potrai cambiare.
Perchè, tanto per prendere le rime dall'altrattanto empatica biografia d'un tuo illustre collega, chi nasce quadrato non muore tondo. E, nel tuo caso, a prescindere da City e Rèal, chi nasce giallorosso non muore nè blancos azzurro.
 
Immàginati con la casacca azzurro cielo del City. Si, avrai un conto in banca ancor più fertile, e soprattutto prospettive di carriera a breve termine assai più rosee. Ma prova a sentirti addosso quell'azzurro, così prossimo all'azzurro che da 12 anni ti si forma davanti agli occhi come colore da combattere - sportivamente parlando - durante i derby. 
 
La carriera, è ovvio, è come la mamma. Ce n'hai una sola, e devi fartela bastare. Ma devi anche realizzare che, per quanto il tuo rapporto con lei sia di tanto in tanto ostico e mal digeribile, l'amore che lei nutrirà per te sarà inestimabile, tanto quanto quello che le riservi tu.
E non è un caso che, quest'amore incontenibile, tu l'abbia già palesato una volta, in passato. Con, forse, un inpronunciabile rimpianto. Che fa legittimamente breccia nel tuo cuore, in questi giorni. Ma che non può, e non deve, farti cambiar rotta. 
 
Era l'estate del 2007, ricordi? Tu eri un novello campione del Mondo, ed il Barcellona, quello di allora, era la squadra che si stava dando la forma e la veste della più tangibilmente bella e vincente di tutti i tempi. Venne da te la dirigenza blaugrana. A bussare con la solenne convinzione di chi non può ricevere un no. Di chi sa d'essere talmente convinto dei propri mezzi da poter pronunciare la frase che chiunque, al mondo, vorrebbe sentirsi dire: "fai tu la cifra".
 
Un assegno in bianco, fronte a te. E tu, quel bianco, l'hai azzerato, tingendolo, ancor più forte, di giallo e di rosso. Hai rifiutato il bianco che t'avrebbe consentito, adesso, di essere uno dei giocatori più vincenti di sempre, e di scorazzare, spalle alla difesa, al fianco di Xavi e di Iniesta. Praticamente erodendo alla radice la carriera di Busquets. 
 
Oggi un assegno - magari non proprio bianco, ma altrettanto allettante - te lo ri-sottopone la vita. Quella che ti mette nuovamente spalle al muro, e ti chiede nuovamente di scegliere. Tra i colori che hai tatuati nel cuore, e quelli che ti chiedono di vestire. Appunto. Solo di vestire. Dunque scegli bene. Perchè i tatuaggi non potrai levarteli mai. Ma i vestiti, quelli sì. E non fanno certo lo stesso effetto. Di carriera, purtroppo, ce n'è una sola. Giocatela al meglio.
 
Alfredo De Vuono