di Alan Bisio

 

Leonardo Pavoletti è un vampiro alternativo. Ha incisivi superori strani, sembrano un'altra coppia di canini. Come un conte Dracula che il sangue, però, ama sputarlo in campo invece di succhiarlo dal collo delle vergini. Lo sa bene Stefano Bettinelli, che nell'intervallo di Novara-Varese, andata dei play-out di B 2013/14, gli disse: "Leo, non puoi correre così per novanta minuti, t'ammazzi". Grazie Betti.

Vedo Pavoletti e Perin vestiti da clown nella stanza di un bambino in ospedale a Milano. Sorrido senza malizia, forse perché Pavoletti e Perin non sono così popolari, forse perché immagino Pavoletti e Perin adolescenti spendere tutta la paghetta natalizia della nonna la sera della vigilia, prima di non toccare nemmeno un vol-au-vent al pranzo di Natale. O in un film di Caligari fra Latina e Livorno in cui Mattia e Leonardo fanno brutto in periferia. M'ero giocato cinquanta euro sul gol di Pavoletti in Genoa-Carpi (e venti su quello di Džeko, ma questa è un'altra storia), più che altro perché il mio avversario l'aveva schierato al fanta-calcio. Dopo sei minuti Gavillucci - fischietto che sfiora il metro e novanta - caccia Pavoletti su segnalazione dell'arbitro di porta. Colpa di una potente gomitata che scrive prematuramente fine alla classica scaramuccia fra punta e difensore in area di rigore. Eppure, dal rosso per il colpo al naso di Gagliolo al naso rosso della clownterapia, passa un mondo intero. Di tatuaggi non fatti per paura di entrare in un circolo vizioso. Del sosia italiano destrorso di Feliciano López che gioca Serve & Volley allenato da papà Paolo sulla terra rossa livornese. Del liceo linguistico Francesco Cecioni. Di torta di ceci e cheesecake. Di Benny Carbone a fine carriera re di Pavia. Di acciughina Elisa acqua e sapone con le Converse. Pavoletti vede il cartellino, ciondola come un animale domestico di grossa taglia ripreso dal padrone per aver pisciato sul tappeto, abbozza un sorriso ed esce dal campo alzando entrambe le mani. Chiede scusa. Sa.

 

Gli ha pisciato sul tappeto

 

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David Trezeguet, ah no (Getty Images)

 

 

Quindi, per rimediare a tre turni di squalifica e andare agli europei, eventualmente, cosa bisogna fare? Fidanzarsi con la ragazza dagli occhi blu della tua città cui portavi fiori sotto casa in Mini Cooper? Fatto. Farsi squalificare quaranta giorni per abuso di Rinofluimucil? Yes, sir. Allevare un maiale vietnamita - che pesa come Maxi López - come fosse un cane? Diamanti col coniglio al guinzaglio è riuscito ad eliminare gli inglesi. Un gol in rovesciata? Perché no, la gente si emoziona per i gol in rovesciata e i giornali cominciano a scrivere cose come "Carlo Parola", "Djorkaeff", "album Panini", "Pinilla" in ordine sparso. E Pavoletti - "corteggiato più della fidanzata" dall'allora d.s. Mauro Milanese per farlo andare a Varese - forse non ricorda che Milanese da nerazzurro giocò, contemporaneamente, col francese che indossava la 6, Baggio, Recoba, Ronaldo e Pirlo. La stagione al Lanciano di Carmine Gautieri - e Carlo Mammarella, e Roberto D'Aversa, e Mitja "Micio" Novini?, e l'ex bambino prodigio Vincenzo Sarno - l'ultima fuori da A e B, è quella "fondamentale per vedere s'era carne o pesce" - parole sue -  e pazienza se solo trecentoventisei anime hanno pagato per vedere Pergocrema-Prato. Forse a Crema fa freddo. O non hanno il Borghetti. Ciugo, abbandonato il rovescio bimane, mette a referto sedici gol piazzandosi quarto in classifica marcatori dietro a Ciro "il cobra di Pozzuoli" Ginestra (21), Arma "Letale" Rachid (l'uomo che fermava le fabbriche) (18), Giuseppe Le Noci (17) e segnando più di Roberto Inglese, Davide Possanzini, Felice Evacuo e Simone Zaza, che per poco non riuscì a spedirlo al Leeds a fine duemilaquattordici (quando Leonardo passò un weekend a visitare Elland Road e il Leeds di Cellino).

 

 

 

 

 

"Non vedevo l'ora di giocare insieme a un talento come Neto Pereira"

(Leonardo Pavoletti, settembre 2013)

 

 

Dopo una statura che da ragazzino sei più Papin che Van Basten, dopo le brutte facce del Cantiere Navale Fratelli Orlando, dopo esser stato Sparviero a Pavia, Leo diventa Cinghiale - "il cinghiale mi rappresenta un pochino di più" - a Sassuolo e vede (troppo) il roommate "Fra" Acerbi e (poco) il campo. Capisce che non fa al caso di Eusebio Di Francesco (ancor meno di Pea) e cambia aria retrocedendo a Varese ove segna un gol ogni settantasette minuti. Merito, anche, degli assist di Swarovski Neto Pereira. Meno di Messi, più di Cristiano Ronaldo. Con ventiquattro marcature in trentotto presenze salva i biancorossi dalla retrocessione: è la stagione più prolifica. In piena Pavoletti-mania, gli chiedono cosa faccia fuori dal campo. A Leonardo piace pescare, andare al cinema e il libro che porta dentro è "Il vecchio e il mare" di Hemingway. Apprezza la metafora dell pescatore, e alla stampa piace romanzare sulla vita degli eroi pallonari in copertina. L'altro libro transitato sul comodino di O Pavoloso è meno celebre. "Gioco di testa. Allenare la mente per vincere nel calcio". Costa quindici euro e l'ha scritto Roberto Civitarese, "uno dei più stimati Mental Coach nel panorama sportivo italiano", che già nel 2012 andava a cena con Leonardo e bacchettava i media su Twitter per la scarsa attenzione dedicata ai suoi pupilli (fra cui Marrone, De Silvestri, Petagna e Saponara).

 

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"La 22 di Milito e Borriello non la voglio". Viviano non ci sta (Getty Images)
 

 

Pavolo F
Dimmi una parola con la 'f'

 

 

Passata la moda del quanto-è-figo-Pellè-e-dopo-Vázquez-ed-Éder-naturalizziamo-Dybala-e-Higuaín-tanto-in-Argentina-lo-schifano, è Leonardo Pavoletti l'attaccante italiano più in voga. Con o senza barba. Digitando su Google "Pavoletti m" è "Pavoletti maiale" il primo suggerimento. Niente di triviale, anzi, un mondo facebookiano invaso da foto di porcellini vietnamiti sarebbe pavoloso. Poi penso che George Clooney è andato da una medium per parlare col defunto maiale centocinquanta chili di nome Max detto "Max the Star" con cui aveva convissuto per diciott'anni. E allora credo che i gattini bastano e avanzano. I gattini, e un loop del video della mezza rove di Pavoletti contro il Palermo col sottofondo musicale di Ilario Alicante, altro livornese classe '88.

La mamma dei #Pavoletters è sempre incinta.

 

 

fonti: Il Tirreno, Il Secolo XIX, La Gazzetta dello Sport, Libero, Varese News, La Stampa, La Provincia di Varese