I media se la cantano e se la suonano a piacimento. Lo sanno tutti. Per chi non l’avesse capito, meglio sarebbe adoperarsi per l’aggiornamento. E basterebbe poco. Giusto il tempo di sfogliare qualche giornale, consultare un sito e soffermarsi sulle abitudini quotidiane delle emittenti, ridotte a due o tre, che si contendono il frivolo monopolio del calcio da riportare.

 

E sì, è frequente litania mascherata da cronaca d’urgenza l’uso di celebrare gli sconci figuri del pallone, farcendoli di speranze sul loro futuro di presunti campioni, gonfiando il sollievo per una cosa mezza riuscita, sorridendo alla bravata, a mo’ di genitori scanzonati che poco si curano delle malefatte dei figli. Una paternale collettiva, istituzionale, e tutto passa sottoforma di giustifica. Dilaga la solfa modaiola dei “cattivi ragazzi”, la battuta di protezione sul capriccio, in pratica la formula acida per farlo sfigurare, il calcio che di meglio avrebbe da dire, se non fosse per la prima pagina quasi sempre occupata dal rallenty del vizio, sia ben chiaro, dei peggiori, di quelli che nessuno saprebbe cosa farne.

 

La mania è quasi sempre la stessa, la piagnona e smaliziata affezione ai personaggi da rotocalco presto trasformato in albo della scostumatezza e della maleducazione.
Vanno di moda, questi calciatori spocchiosi e brontoloni, che a guardarli bene sembrano più pronti alla disfida del metodo collegiale che alla disputa pallonara.
Nel loro bagaglio c’è il necessaire completo del cattivo gusto, per nulla vicino alla smorfia dura e imperturbabile della fronda sottile che i calciatori uomini di un tempo sfoderavano di tanto in tanto, e soltanto quando era il momento giusto per farlo.
Conoscevano il disinnesco per far esplodere il connubio tra l’occasione e la provocazione, conoscevano la ricetta dell’opportunità, e, per loro, il calcio non si consumava soltanto dentro l’azione, ma pure fuori dalla loro spigolosa e genuina malinconia.

 

Quelli di oggi sembrano calciatori bambini, che dietro le spalle, spesso piccole piccole, si portano la cartella preparata da mamma procuratore, col prontuario del pensiero mediocre, lo sputo e la parolaccia.
Se ne potrebbero ipotizzare a iosa di ragioni a questo spreco mediatico del culto delle nuove personalità. Magari la televisione e i giornali sono soltanto l’ufficio stampa di una gentaglia privilegiata, che entra ed esce dall’opinione pubblica soltanto perché imposta agli onori della cronaca e non perché quella cronaca, ribalta ambita sin dall’infanzia, se la sono conquistata.

 

Ma oltre tutti i quesiti da politica della comunicazione, che in fondo poco può interessare se la cosa che conta è la solita parabola pallonara, la domanda più sensata sarebbe chiedersi se questi giocatori dotati di antipatia artificiale abbiano davvero raggiunto la simpatia autentica della passione sghemba e commiserevole di chi, forse, li guarderà senza sentimento alcuno.

 

Se piaceranno, i vari infanti senza prodigio, coccolati dalla nazionale e dai tg, gli stranieri mercenari che starebbero meglio presso l’ufficio accettazioni della Legione straniera, i loro fastidiosi e tracotanti procuratori, se tutta questa mediocre “canaglieria” piace ai più, che qualcuno renda un po’ di merito al meno. Se invece sono soltanto un prodotto mediatico, allora i molti si attrezzino di fischio e indifferenza, magari con l’augurio di tornare a giocarlo, il calcio, anche senza di loro, che non sono poi così indispensabili.

 

Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka