C’era una volta il Milan, una grande società, di grandi uomini, giocatori che portavano con onore la maglia che indossavano, e una dirigenza tra le più stimate e rispettate nel calcio mondiale. C’era una volta il Milan di Baresi, degli olandesi Van Basten, Gullit e Rijkaard, poi ancora il Milan di Maldini, Nesta, Seedorf, Gattuso, Inzaghi. Grandi uomini sul campo e fuori dal campo, e c’era una dirigenza con un Amministratore Delegato, Adriano Galliani e un presidente sempre presente: Silvio Berlusconi. C'era una volta il Milan delle grandi imprese, quello affascinante e travolgente che in Champions League dava il meglio di sé, quello che sapeva risollevarsi dai momenti difficili senza far troppo rumore.
La classe, l’eleganza, lo stile, in poche parole il "Dna Milan", qualcosa che si dimostrava in campo e fuori, difficile da descrivere, facile da capire se si osserva la bacheca dei trofei. Ora è difficile trovare nell’attuale Milan qualcosa che ricordi il Milan che sino a qualche anno fa faceva tremare qualsiasi avversario. Ora è il Milan di Zapata, Constant, Muntari, Birsa, che con tutto il rispetto, sono giocatori imparagonabili ai loro predecessori. Giocatori figli della crisi che ha colpito anche il mondo del calcio, e che per caso arrivano nella società più titolata del mondo. E’ il Milan di Balotelli, campione a fasi alterne, con uno "stile" anni luce lontano dai campioni che hanno scritto la storia di questo club. Ora è, quasi, il Milan di Barbara Berlusconi che con l’irriverenza della sua "giovane età" pensa di poter cancellare quello che in bene 5 lustri suo padre e Adriano Galliani hanno costruito con grande intelligenza e preparazione propria di chi ha voluto riportare il Milan sul tetto del mondo. Scalzare dal proprio ruolo uno come Galliani dopo 27 anni pare assurdo quanto legittimo per certi versi, se fatto con i tempi e i giusti modi. Di Adriano Galliani possiamo dire tante cose, fare la conta, per esempio, di quanti campioni e quanti "bidoni" ha portato in maglia rossonera, ma in questi anni quando le cose non andavano per il verso giusto, è colui che ci ha sempre messo la faccia, nel bene e nel male. Adriano l’aziendalista, il fedele collaboratore, il parafulmini di decisioni che non sempre ha condiviso. Adriano c’è sempre stato. In difesa della società, del suo presidente, dopo le vittorie e soprattutto dopo le sconfitte. Giusto il ricambio generazionale, ma ingiusto il trattamento che ha subito Galliani da chi forse non ha ben chiaro cosa sia lo stile Milan, e di cosa ha contraddistinto questa società da tante altre nei suoi anni d’oro. Galliani non merita questo trattamento, ma merita tutta la gratitudine e il rispetto per chi in 27 anni da Amministratore Delegato, ha contribuito a portare a casa 28 trofei: 5 Champions League, 2 Coppe Intercontinentali, 1 Mondiale per club, 5 Super-coppe europee, 8 scudetti, 6 Super-coppe italiane e 1 Coppa Italia. Le parole del presidente Berlusconi oggi fanno tirare un sospiro di sollievo a tutti nell’ambiente Milan, in particolare ad Allegri immaginiamo. Adriano Galliani rimarrà l’amministratore delegato dei rossoneri. La rivoluzione rossonera in ambito societario può dunque aspettare, con la speranza che Barbara Berlusconi dal padre non abbia ereditato esclusivamente il cognome, ma anche la capacità di circondarsi di persone qualificate, fedeli e quasi insostituibili come lo è stato Adriano Galliani in questi anni.
Manuela Cinus
Segui @ManuelaCinus