22 agosto 2015: Lazio-Bologna 2-1. 21 agosto 2016: Atalanta-Lazio 3-4.
30 agosto 2015: Chievo-Lazio 4-0. 27 agosto 2016: Lazio-Juventus 0-1.

Una vittoria e una sconfitta, tre punti in due partite. A primo impatto potrebbe sembrare che nulla è cambiato tra la Lazio dello scorso anno e quella attuale. E, a livello numerico, potrebbe anche starci, pur basandoci su appena 180' di gioco. Ebbene, nessun parallelismo sarebbe più errato di questo. O, almeno, affrettato. Perché in 12 mesi, sulla sponda biancoceleste del Tevere, sono cambiate parecchie cose. Il campo per il momento dà ragione agli scettici, quelli fermamente convinti che anche questo campionato si chiuderà con un triste settimo/ottavo posto o al massimo la flebile speranza di agganciare l'ultimo treno disponibile per i preliminari di Europa League. Ma sarà davvero così? Ecco i quattro macrofattori che fanno pensare a un potenziale traguardo finale un po' più ambizioso:

1) SOLIDITA' DIFENSIVA - Lo scorso anno la Lazio di Pioli (prima dell'esonero post ko per 4-1 nel derby del 3 aprile 2016) in 31 partite subì 42 reti (media di 1.35 a gara), realizzandone 39 (m. 1.25) e collezionando 42 punti (m. 1.35). Nelle ultime sette giornate con Inzaghi: 10 gol incassati (m. 1.42, ma sul calcolo pesano moltissimo i 4 subiti per mano della Fiorentina nell'ultimo turno, quando l'Europa era ormai aritmeticamente già sfumata), 13 fatti (m. 1.86) e 12 punti messi a referto (m. 1.71). Una differenza minima, dunque. Tuttavia, in questo caso a fare la differenza non sono i numeri ma gli interpreti. Pioli ebbe a disposizione Stefan De Vrij solo per i primi due incontri di campionato, poi ecco l'intervento di microfratture del condilo femorale laterale e meniscectomia selettiva laterale in artroscopia del ginocchio sinistro. Risultato? Out tutta la stagione. Inzaghi è stato più fortunato del suo collega: ha riavuto ai suoi ordini sin da subito il colosso olandese, che non è ancora al top della condizione ma che sta carburando per arrivarci il prima possibile (e in questo senso la sosta sarà di vitale importanza). 

Altro aspetto da sottolineare: l'esordio da leader di Bartolomeu Jacinto Quissanga, meglio noto come Bastos. Nella difesa a 3 proposta contro la Juventus il centrale angolano ha giocato come se fosse un veterano della Serie A, annullando due pezzi da novanta come Mandzukic e Higuain. Non a caso il Pipita, sul secondo dei due decisivi interventi completati con successo nei suoi confronti dal diretto interessato, si è complimentato con lui. E i 6.5 milioni di euro versati nelle casse del Rostov (nonché il titolo di miglior difensore dello scorso campionato russo) hanno improvvisamente assunto un significato speciale. Certo, 90' sono ancora pochi per le celebrazioni, ma da 5 anni a questa parte (cioè dai tempi dell'affidabile terza linea Konko-Biava-Dias-Radu) mai c'era stata - sul piano difensivo - la sensazione così diffusa di poter davvero dormire sonni tranquilli.

Alle spalle di quella che dovrebbe essere a tutti gli effetti la coppia titolare ci sono Hoedt (in gol a Bergamo e in costante crescita) e il 21enne brasiliano Wallace, per il quale sono stati spesi ben 8 milioni di euro. Insomma, un quartetto difensivo di alto profilo che, rispetto ai vari Gentiletti, Mauricio e Bisevac (guarda caso, tutti e tre ceduti) rappresentano un deciso passo in avanti dal punto di vista del tasso tecnico e della qualità.

2) CAMPIONATO E NIENTE EUROPA - Il trend degli ultimi anni si ripete a mo' di cantilena ossessiva e snervante. Ormai è un dato prevedibile: quando la Lazio deve sostenere tre competizioni, i risultati in campionato lasciano a desiderare; quando non c'è l'impegno europeo da affrontare, il piazzamento in Serie A è buono/ottimo. Le ultime tre stagioni ne sono la prova schiacciante: 3^ nel 2015, con un 9° posto lasciato alle spalle nel 2014 (e dunque niente Champions/Europa League); 8^ nel 2016, con - appunto - la 3^ piazza conquistata dodici mesi prima e una competizione continentale quasi come un "fastidio" da sopportare. Quest'anno niente musichette da ascoltare il martedì-mercoledì-giovedì e una rosa (completa al 95%) che lancia segnali più che rassicuranti: le conclusioni le lasciamo a voi.

3) CONTRACCOLPO CHAMPIONS - L'anno scorso, di questi tempi, Candreva e compagni si leccavano le ferite post eliminazione ai preliminari di Champions. Un traguardo cercato, sognato, per 90' goduto (dopo l'1-0 dell'andata firmato Keita), ma alla fine rumorosamente svanito con il secco 3-0 della BayArena. Il contraccolpo psicologico fu tanto immediato quanto evidente. Quattro giorni dopo la disfatta in terra teutonica, ecco la piccola Waterloo veronese: il Chievo si impose 4-0 al Bentegodi e mandò gli uomini di Pioli dritti all'Inferno. Una figuraccia bissata tre settimane più tardi con il 5-0 patito al San Paolo per mano del Napoli di Higuain.

Discorsi e ricordi azzerati, lontani ormai anni luce: ora, con Inzaghi, non si dovrà più combattere con nessun fantasmen del passato.

4) BENTORNATA CURVA NORD - Aspetto da non sottovalutare: il ritorno della Curva Nord. La frattura tifosi-società si è palesata con tutta la sua potenza proprio nella passata stagione: uno stadio lasciato pressoché deserto in tutte le gare casalinghe, situazione insostenibile per i giocatori e per l'ambiente in generale. Pochi giorni fa la comunicazione più attesa, quella del dietrofront. Tutto ad un tratto, magicamente, è tornato in mente quel Lazio-Empoli 4-0 del 12 aprile 2015, quando i biancocelesti erano in piena lotta per un piazzamento Champions: 49.096 spettatori, battuto di 7 mila unità il record stagionale che resisteva dal 22 novembre 2014, giorno della gara contro la Juventus. "Vogliamo ricreare una curva e una tifoseria unita", si legge nella nota ufficiale. Con la speranza che anche sul campo ci sia una netta inversione di tendenza.