“Stiamo lavorando per tornare una grande squadra”
L’Inter ha appena portato a casa un sofferto 1-0 al Mapei Stadium contro uno sfortunato Sassuolo e Stefano Pioli, nonostante una prestazione sufficiente, ma non esaltante, ha dipinta sul volto la serenità di chi ha le idee chiare, di chi ha già tracciato nella sua testa la rotta maestra, senza ripensamenti o sensazioni di virate improvvise.
Nelle ultime tre partite di campionato, l’Inter ha raccolto tre vittorie, segnando sei gol e non subendone neppure uno. Prima di questa striscia, la porta era rimasta inviolata solamente in due occasioni: ad Empoli e a San Siro contro il Crotone.
Un cambio di tendenza che si riflette soprattutto nella testa, nella mentalità di un gruppo di giocatori dal DNA potenzialmente vincente, ma ancora troppo spesso fragili di fronte a situazioni complicate. Prendiamo per esempio Ever Banega, vincente per natura, coltivato nel giardino di Rosario, tempio del calcio argentino, e capace di alzare due volte l’Europa League con il Siviglia ed una Libertadores con il Boca.
Uomini che devono fare la differenza in uno spogliatoio alla ricerca di leader forti e determinati.
Il primo leader, incontrastato, è Mauro Icardi. Prendiamo per un attimo tutte le vicende extra-calcistiche che lo riguardano, mettiamole in un sacchetto e sigilliamolo. Parliamo di campo.
Stringendo in mano i 14 gol in 16 partite ed una vena realizzativa straordinariamente costante, è esempio. Guardatelo al 90’, magari in vantaggio in una partita virtualmente chiusa. Presserà da solo tutta la difesa, senza risparmiarsi.
Dall’altra parte del campo, i ragazzi silenziosi, ma indispensabili.
L’abitudine chiude gli occhi e spesso non rende giustizia, ma Handanovic è sempre determinante. Nelle ultime tre partite ha preso di tutto, ha mandato in clinica psichiatrica gli avanti del Genoa, Pellegrini e Immobile. Leggermente più avanti Miranda. La sua partita contro la Lazio è da proiettare in loop in ogni museo, per ricordare a tutti che l’arte è anche sferica.

Ritrovare gli uomini, nel proprio essere leader e nel saper trasmettere la forza ai compagni, è la prerogativa di Pioli. Oltre al modulo, oltre alla tattica. Soffermatevi su Candreva. Spessore tecnico indiscutibile, ma vecchi e pericolosi attriti con il tecnico al tempo della Lazio. Ci si è guardati in faccia, ci si è stretti la mano e ci si è probabilmente detti: “Chiudiamo qua, ci serviamo a vicenda”. Tre gol e un assist nelle ultime sei partite.
C’è poi un tale Brozovic, che la testa l’ha forse sempre usata troppo poco, ma che in fondo, quando c'è da ringhiare non si tira indietro. De Boer l’ha ostracizzato e anche per questo ha pagato. Pioli lo ha sollevato dalle responsabilità di essere esempio a tutti i costi. Ci sono delle regole, vanno rispettate, ma in campo fai il Brozovic. Croato, tecnica e sregolatezza, ramingo per natura, ha trovato il suo posto davanti alla difesa e non lo lascerà più. Così come Joao Mario che ha la natura da leader ed ha alzato un Europeo da protagonista. Ha il peso delle aspettative di un esborso economico folle, smisurato, ma che ha portato all’ombra della Madonnina un giocatore vero, di polmoni, piedi e strappi. Meglio trequartista che incontrista, ma andrà benissimo dove ci sarà bisogno e sarà probabilmente uno dei problemi che arroventeranno maggiormente Pioli. Come farlo giocare insieme a Banega?
Il lavoro è ancora tanto e sarebbe grave il contrario. Significherebbe aver già piazzato l'asticella, un punto d’arrivo. Cose non da Inter. C’è l’esigenza di crescere, di diventare grandi. A questo punto, scusate la menzione a Gabigol, ma ci sono pensieri che è difficile tenere dentro. Avrà doti tecniche eccezionali, la voglia di spaccare il mondo, di dimostrare di essere un brasiliano, un predestinato del pallone. All’Inter, in difficoltà, ma con la testa che finalmente riaffiora dall’acqua, servono uomini e certezze, non un ragazzino di 20 anni che entra al 90’ contro il Sassuolo, si prende un giallo patetico, e poi, contro la Lazio, sul 3-0, entra per gli ultimi 7 minuti ed irride gli avversari con no-look e rabone, prima di invitare la tifoseria ad esultare. Rispetto prima di tutto. Ci sarà il tempo anche per lui, ma sto con Pioli e non ho paura di dirlo.
La strada intrapresa dal tecnico pare quella giusta, ma soprattutto ha convinto i giocatori a seguirlo. Non serviva tanto, solamente punti e tranquillità. Le basi per crescere ci sono e servirà l’apporto di tutti. Lo sanno Perisic, che vive un momento di appannamento, Kondogbia, riemerso contro la Lazio, e i vari Ansaldi, D’Ambrosio e Murillo. Il lavoro paga sempre ed è l’unica direzione per tornare grandi.