“Ragazzi, mi raccomando, non facciamoci male. Domani dobbiamo andare a lavorare”. L’avrò sentita centinaia di volte. Sì, perché chi ogni mattina va a lavorare non può permettersi di dire al padrone - lo chiamano datore di lavoro, ma è un padrone - che non può “prendere servizio” perché la sera prima si è infortunato giocando a pallone. Sarebbe un problema. Al padrone la notizia non andrebbe giù molto facilmente. E questo vale per chi va a scuola, per chi non può permettersi il lusso di restare a casa più del consentito, per chiunque, insomma, abbia delle responsabilità. È un’arte pure quella, godersi la vita.

 

Detto questo, per me i calciatori, quelli ricchi e famosi, fanno benissimo a godersela la vita. Chi non lo vorrebbe. C’è una cosa che non mi convince. Se tra una partita e l’altra te ne vai al mare, in barca, magari approfittando pure per fare qualche tuffo (forse la faccenda dello scoglio non è neanche vera), e il giorno dopo hai gli allenamenti, e c’è una stagione davanti, e sei costato una cifra da capogiro, e una società intera, una tifoseria, una squadra - parliamo di professionisti - puntano su di te, che sei un grande professionista, se insomma ti pigli il lusso, alla ludica maniera, di aumentare il margine di rischio di una scampagnata, e ti procuri un danno in una situazione che avrebbe potuto pregiudicare una stagione intera, è così normale rispetto a tutto quanto appena elencato?

 

E poi - lungi da me a voler fare l’aziendalista da strapazzo - è altrettanto normale che il tuo presidente, in pubblico o in privato conta meno, invece che dire e dirti che sei stato un incosciente, o che quanto meno avresti potuto evitare (si viene dall’estate, e i calciatori in vacanza ci vanno) di esporti a un rischio inutile, chiede 100 milioni di euro di risarcimento a Capri e alla Regione Campania perché la sanità non è un gran che, è altrettanto normale?

 

Non fraintendetemi, il diritto di svagarsi nel tempo libero è sacrosanto, ma è pure da persone intelligenti capire che in certi momenti pure lo svago va valutato, se non altro perché sul contratto ci sono puntati milioni di euro. Non datemi del romantico sconclusionato, ma la trovo una forma di rispetto per chi guadagna meno, lavora di più e di tempo libero ne ha molto poco.

E me lo sarei aspettato da un presidente così legato al codice delle responsabilità e dei contratti da rispettare, come De Laurentiis si è sempre professato. E invece? L’uscita, infelice, per dire, anche se solo a scopo di provocazione, di voler chiedere 100 milioni di risarcimento perché la sanità non funziona bene.

 

Per una Campania assediata da una questione sanità che dura da decenni, la strigliata a mo’ di avvocato newyorkese a qualcuno è suonata strana, stonata, forse pure di cattivo gusto. Se ci si fosse limitati a chiudersi dietro le imposte professionali degli ambienti dei professionisti, chiarendo il questo e quello che contraddistingue le grandi società di calcio, magari pure facendo causa a chi di dovere per aver messo male i punti o per chissà quale ragione (certe cose competono più ai diretti interessati), anziché sbraitare soltanto per fare scena o per appallottolare una dichiarazione da lanciare ai media, sarebbe stato un po’ più serio. 

 

Napoli non è il palcoscenico per certi teatrini. È offensivo pensare che all’ombra del Vesuvio i problemi possano essere il timbro a un capriccio. Ci si sieda e si parli altrove se si vuol fare la rivoluzione. Lì sì che se ne ha bisogno.

 

 

Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka