Premetto che il seguente articolo non è stato commissionato da nessuno e che non riguarda vicende calcistiche, ma semplicemente esperienze di vita vissuta. 

Ognuno di noi, nella propria vita, si è trovato dinanzi ad un scelta, importante o meno che sia. Se poi ciò che ti perplime, riguarda il tuo futuro, si può intuire facilmente che il bivio assume un'importanza assoluta. Ciò che mi preme analizzare non è tanto il futuro, colmo di punti interrogativi, ma il percorso che mi ha portato al bivio in esame.

Il buon Luciano afferma "Ci han concesso solo una vita, soddisfatti o no, qua non rimborsano mai". Verità assoluta, decisamente. Se per il mio futuro mi auguro di non dover mai rimpiangere le scelte fatte, di sicuro non ci sarà alcun rimborso da fare per quanto concerne le persone conosciute. Anzi, forse sono io che vorrei dare ancor di più a chi merita.

 

 

Come nel calcio, così anche in tutti i contesti che prevedono la convivenza di un numero ben nutrito di persone si creano vari gruppi. È fisiologico. Ci sono persone che si prendono a primo impatto, chi col tempo, chi invece si ricrede e chi ancora non riesce a spingersi oltre ad una forzata collaborazione per motivi caratteriali e/o altro. D'altronde nessuno impone di dover per forza creare un rapporto duraturo nel tempo.

L'esperienza che ho vissuto e che sta inesorabilmente volgendo al termine, oltre ad avermi dato qualche competenza tecnica in più, mi ha regalato un capitale umano di assoluto valore. E mi riferisco a tutti, con particolare riferimento ad alcuni, ovviamente.

 

 

Dalla A di Altamura, stessa vocale della parola Amico (scritta in maiuscolo non a caso), alla V di Varese che solo in un contesto fa rima stranamente con Agrigento e Novara, il passo è breve. Una parte d'Italia rappresentata tra quattro mura il cui nodo cruciale è Milano, intesa non come città. Inaspettatamente ti rendi conto di quanto sia bello lo stivale ed alcune persone che lo popolano. Ed è bene capirlo il prima possibile, anche perché non è detto che il secondo giro te lo facciano fare. Il viaggio parte da un weekend in quel di Trani, dove mare e cattedrale fanno rima con tre persone che senza timore puoi definire amici, sperando che possano restare saldi nel tempo così come la rivalità, pacifica e calcistica, con il Bisceglie. Due dei tre hanno in comune, oltre al nome, caratteristiche simili: un po’ timidi ma allo stesso tempo decisi. La differenza stai nei colori, con un filo comune per entrambi: l’uno, rosso di natura, che quando abbina il nero diventa un leone inferocito se vede che in campo le cose non vanno per il verso giusto; l’altro, tendenzialmente candido e immacolato come il bianco, abbina il nero quando le cose non vanno bene, rispondendo con stoccate degno del miglior Montano, con l’unica differenza che il suo colpo colpirà al 100% il bersaglio. C’è poi il terzo, talent scout dei noantri, il più spigliato e spavaldo dei tre. Chissà se un domani, oltre a sentirci per scambiarci sms, non lo incontrerò in stazione alla ricerca del Minala di turno. E se scendi poco più in giù ti rendi conto che Brindisi non è solo un augurio, ma anche un diversivo simpatico e piacevole della voce di Antonio Conte che in aula si trasforma in una figura mitologica di dubbia natura: il sarchiapone. Inevitabilmente, per tornare a casa, un qualsivoglia mezzo di locomozione va preso: e quindi si risale, passando per Bari dove ci sono persone che nuotano per 15 anni o chi, con un fischietto in bocca, gira i campi di "patate" alla ricerca di un cartellino giallo. E anche se il capoluogo pugliese è sul mare, nell’entroterra potresti avventurarti tra le montagne di Altamura, dove in mezzo al profumo del pane appena sfornato c’è chi è sempre pronto a fumarsi sigarette, in stile Jigen, con l’unica differenza che al posto della pistola ha un’altra arma, potenzialmente pericolosa: il bottone della camicia a ridosso dell’ombelico. Passi poi per Foggia e scopri che può diventare da rossonera a giallorossa, da italiana a spagnola, con una propensione al digital così grande da far impallidire Zuckerberg, ma buona al punto giusto da farti sperare che questa fermata ci sia in futuro. Da Mary Poppins a Mary Digital il passo è molto breve.

 

 

Salendo ti ritrovi in Abruzzo. Sapete, io ho un amico a Sulmona che ha fatto di tutto e di più. E c'è chi(eti) dall'Africa con capelli rossi e una propensione ad accudire figli acquisiti con somiglianze ad attori (lo stesso Amico di prima) ti fa passare tranquillamente sopra la tua fede calcistica avversa senza alcun problema: non potresti fare diversamente.

Sali, sali e sali ancora per arrivare in Friuli, destinazione Udine. Conosco poco di questa città, ma quanto basta per farla diventare importante e fondamentale nel tragitto, facendole scalare, tanti livelli, o meglio dire Piani, nel mio indice di gradimento.  Ti accorgi che può essere centro nevralgico delle conoscenze calcistiche mondiali e che in una sola persona possono essere racchiuse varie sfaccettature e voci di cui non puoi fare a meno.

 

 

Il salto dal Friuli alla Lombardia è breve. Milano, capitale della moda. Arrivi in stazione e ti accoglie una voce conosciuta, che hai sentito già in qualche project, alterata da qualche sangria del mercoledì. A Milano c’è il Duomo, ma c’è anche un “figodromo” gestito da mister B. Esco fuori dalla metropoli e mi imbatto nella ridente (manco troppo) campagna lodigiana. Nella nebbia scorgo un pazzo furioso con uno spara patate, che quando nevica si butta dal balcone atterrando in qualche modo con la sua chioma bionda. Di stranezze ne ho fatte tante anche io, ma non mi aspettavo di trovare qualcuno matt(ia)o fino a questo punto. Dovevo per forza andare d’accordo con lui: i coglioni, d’altronde, vanno sempre in coppia. E sempre in Lombardia, a Varese, in direzione Novarello con l’odore degli agrumi di Sicilia, c’è chi ha un accento siciliano “inconfondibile”. 

Approfittando della vicinanza, si fa un salto in Piemonte, terra dei Savoia e anche di un Marchese. Non quello del Grillo, purtroppo. Tuttavia, non ricordo quanti titoli nobiliari siano ancora presenti in Italia. Potrà aiutarmi lui, sicuramente, con delle statistiche in merito.

 

 

Continui il giro dello stivale passando per la Toscana. Tutti conoscono Pisa per la sua torre pendente, ma c’è chi ha studiato ingegneria non per raddrizzarla… ma per cercare di migliorare l’andamento della squadra.

Si ritorna verso Roma, capitale d’Italia e casa nostra per 5 mesi (almeno). Un po’ de roba ce sta qua, anche se nun è che a tutti interessa de tutto: l’importante, per qualcuno, è che a Lazio vinca (e che magari arrivasse na chiamata dal Tennis). Se dovessi restare a Roma, sto tranquillo perché ci sono tanti altri amici. Io lo so che non sarò solo anche quando sarò solo, io lo so che non sarò solo. E potrò andare in giro con scarpe, infradito o… un sandalo. E poi c’è chi gioca a calcio, per diletto, e sogna di fare il legale in ambito sportivo. Conciso e diretto, come direbbe Montali. Se poi guardiamo un pochino oltre il naso, c’è chi fa del basket e dei numeri il suo pane quotidiano. In questo campo, il suo Turno arriverà di sicuro. E poi c’è lei, la favola che diventa realtà: Lady Oscar. Dal  cavallo al cinquantino il passo è breve. Lo yogurt è la sua religione… al massimo una mela a pranzo per trasgredire. Super!

 

 

Il viaggio riprende,  e torno verso casa mia. La piacevole scoperta è che a pochi km da dove ho sempre vissuto, c’è qualcuno che fa dell’aggregazione e della comunicazione strutturata il suo pane quotidiano. Abbiamo frequentato anche gli stessi posti, scopriamo di avere un amico in comune, ma è stato necessario iscriversi a un master per conoscerci. Va bene così, l’importante è essersi incontrati. “Vuoi che sia… prima o dopo non fa differenza, almeno v’ sit cunusciut’”. Qualcuno avrebbe esordito in tal modo, leggendo il mio racconto. Qualcuno che alla vista di un pandino si trasforma in un Toro davanti al drappo rosso. Devis… che forte! Mi rimetto in viaggio e vado verso Napoli. Qui avviene qualcosa di singolare: solo in questo contesto, infatti, posso correre quanto voglio, senza problemi. C’è il tutor, è vero, ma questo è l’unico caso in cui sarà pronto a guardarmi le spalle e a incoraggiarmi a non fermarmi, a differenza di chi vorrebbe essere al suo posto solo per provare una effimera quanto futile gloria di potersi sentire un gradino sopra gli altri. Lui si prodiga per gli altri e lo fa bene. Grande o’ Tutor… sai campà! E poi c’è lui, un mancato tifoso ultrà delle Iene che proverà a far sentire la sua voce in altri contesti. Magari un’app per trovare il metodo più veloce per fargli tornare la voce dopo una partita del Napoli… non sarebbe male.

 

 

Si scende ancora e si arriva in Calabria. Terra di salumi buoni, nduja e mare bello. E anche della versione italiana di Tony Hawk pro skate. Non solo calcio, volley e basket: anche skatebord e kitesurf… nun se famo manca’ nulla!

Tocca alla bella Sicilia che, ahimè, ancora non ho visitato. Già zio, hai letto bene: non ci so mai stato e dovrò recuperare. E zio, per precisazione, non è il fratello di mamma o di papà, ma un amico che risentirò di sicuro. E non ci sono ddddomande di sorta in tal senso, in quanto non ci sono dubbi in merito. O meglio, forse in qualcuno il dubbio potrebbe sorgere. Colui che spesso ha l’aria corrucciata pronto a esprimere le sue perplessità. Colui che viene nominato “don” non per vecchi retaggi siculi, ma per un suo modus operandi che da tutti noi lo accosta ad un parroco. Beh, forse questa cosa adesso mi perplime.

 

 

Non ci si ferma un secondo e bisogna ripartire per l’ultima tappa: la Sardegna. Il mare bello è solo in Sardegna… guai a dire il contrario. Qualora qualcuno dovesse dissentire da questo punto di vista, si potrebbe scatenare l’ira funesta di un essere mitologico dalle unghie smaltate, dalla sigaretta facile e che ringhia ogni qual volta qualcuno differisce dalla sua opinione. Altro che medusa: ti pietrifica con lo sguardo se sbagli. Dulcis in fundo c’è lui, l’uomo che ha nella pasta la sua criptonite, colui che ha la risata come un diesel e che conosce molti personaggi sconosciuti. Ma noi gli vogliamo bene proprio perché è così.

 

 

Tra un giornale, una chiacchiera, un’imitazione, un pettegolezzo, una gita a Coverciano e allo stadio Olimpico, questi 5 mesi sono volati via in un attimo. Rimpiangerò tutti quei mercoledì fatti con un borsone enorme sulle spalle per andare a giocare a calciotto. Rimpiangerò quella solita sveglia alle 7.30 che puntualmente mi ricorda che se resto a poltrire nel letto ancora un po’, incrocerò lo sguardo poco felice di qualcuno al piano superiore. Rimpiangerò tremendamente le ansie e le speranze condivise con tutti.  Molte sono le cose che porterò via con me: ho migliorato la capacità di lavorare in gruppo, la capacità di ascoltare gli altri e di rapportarmi con chi lavora insieme a me. Ho altresì imparato che se l’occasione rende l’uomo ladro, l’avidità lo rende stronzo. Nel bene o nel male, quindi, degli insegnamenti li porterò via con me. Prendo in prestito una frase dal film “Il cavaliere oscuro”: “Non è importante ciò chi sei, è ciò che fai che ti qualifica”. Fondamentale, quindi, è cercare di mettere in atto tutto ciò che abbiamo appreso in questi mesi. 

 

 

Una piccola curiosità. C’è una lettera ricorrente, soprattutto in questo ultimo periodo: la M. M come due Manager, quali Marotta e, senza nulla togliere allo juventino, l’ambizioso Montali, che tanto mi ha impressionato; M come Milano, Valentina, che in mano ha, con la nostra compartecipazione, le nostre sorti; M come Master, che si spera sia il trampolino di lancio per tutti noi. Ed infine, M come… mi mancherà tutto questo, mi mancherete voi, amici. Ho contato le ore che mi separavano dall’inizio di questo percorso che non vedevo l’ora di iniziare. Non ho contato quelle che mancavano alla fine per paura di perdere il conto e trovarmi troppo precocemente qui, in quest’aula, a farvi leggere ciò che ho scritto. 

Buona fortuna a tutti, amici.

 

 

Antonio Pellegrino