Non credo, o meglio non credevo, prima di una fugace social-internauta "visita" 2.0 che ancora qualcuno fosse convinto che le manifestazioni sportive, nello specifico le prossime Olimpiadi di Londra, possano deviare l'attenzione della gente, della "massa" da ciò che qualcuno gli indica essere come più importante.

 

Per costoro, saggi anticonformisti, rivoluzionari che twittano regole di decenza economica da un apparecchio adibito alla telefonia dal costo dello stipendio operaio che tentano invano di salvare, è ora di darsi una svegliata, una "mossa". Roma ha già bruciato, il Muro è caduto e con esso l'odiata Cortina sancita da Winston Churchill. Il petrolio è saldamente nelle mani di chi brama il suo possesso e le energie rinnovabili necessitano più di due magre settimane per l'avida e sanguinosa assegnazione di complottista memoria.

 

Lasciateci i giochi, lasciateci lo sport, in tutte le sue essenze, e se non v’importasse abbiate almeno la decenza di lasciarne godere chi, almeno per un attimo, pur avendo posto in se la veste di populista strafottente, ha scelto di distrarsi, di pensare solo a ciò che può strappargli un sorriso o un ricordo da voltare ai nipoti. Perché tra 20-30 anni parleremo di Ryan Lochte ed Eamon Sullivan, non di spread. Ricorderemo le gesta della Pellegrini e di Michael Phelps. Narreremo di Usain Bolt e di come il vento si sia fermato a guardarlo e mai a nessuno verrà in mente di nominare la spending review. Sapremo di tattoo impressi nell'anima da Bryant, James, Gasol, Durant, Anthony, ma nessuno avrà voglia di non dimenticare la Standard & Poor's.

 

Etichettateci pure, addossateci le colpe di una società che va in frantumi, ma siate gentili; evitate di dirci ciò che abbiamo già sentito.

 

Fabio Guzzo