Certe storie, talvolta, non hanno il risalto che meriterebbero, soffocate dalla ricerca del racconto sensazionale, oscurate da personaggi glamour, da polemiche stucchevoli, da ciò che insomma la gente ama trovare sbattuto in prima pagina. Così il derby andato in scena domenica sera a S. Siro è il derby di Balotelli, nel bene (poco) e nel male, tuttavia il tanto atteso protagonista non si dimostra capace di mettere a segno il tanto agognato gol che avrebbe zittito i suoi ex-tifosi e non trova di meglio da fare che rivolgere un bel gesto distensivo - siamo ovviamente ironici - all'indirizzo della curva nerazzurra.

 

Ma dell'attaccante rossonero si è già parlato fin troppo e non è il caso di continuare oltre; c'è invece un'altra storia, passata quasi inosservata, com'è normale quando il protagonista è un ragazzo semplice e taciturno, uno che preferisce vivere lontano dai riflettori piuttosto che stare sempre al centro dell'attenzione. Perché domenica è stato anche il derby di Andrea Ranocchia, il derby di uno che non sarebbe dovuto scendere in campo e invece c'era.

 

Giovedì sera era stato il momento della paura: una corsa verso la linea laterale, la consueta protezione della palla e il dolore, improvviso, lancinante. Quel ginocchio maledetto, il destro, lo stesso che lo tenne fuori tanto a lungo ai tempi del Bari, rischiando di pregiudicare la carriera di uno dei più promettenti difensori italiani; è proprio quel ginocchio a compiere un movimento innaturale e a costringere Ranocchia a uscire dal campo del Cluj sostenuto dalle braccia dei medici nerazzurri.

 

Una tegola: c'è il derby da giocare appena tre giorni dopo e in casa Inter l'umore non è certo dei migliori. Andrea non si allena, sente ancora molto dolore, ma è consapevole che la sua squadra è in piena emergenza. Manca il Muro, baluardo di tante battaglie, maestro che ha ancora tanto da insegnare al suo più giovane compagno; manca Silvestre, fermo per un problema muscolare; ci sarebbe Chivu, che però è come al solito in dubbio fino all'ultimo. Allora tocca a Ranocchia stringere i denti, dimenticare il dolore, cancellare la paura: esserci, perché il momento è troppo importante, perché la squadra, i tifosi e Stramaccioni hanno bisogno di lui.

 

Alla lettura delle formazioni il sospiro di sollievo dei supporters nerazzurri: Andrea è regolarmente al centro della difesa. Due chiusure nei primi dieci minuti lasciano intendere che Ranocchia non è lì solo per fare da comparsa, ma per essere protagonista; e lo sarà, con una prestazione solida, pronto a sorreggere una difesa che sbanda terribilmente, al di là del dolore, al di là della paura: non tira indietro la gamba, mai, eppure qualcuno sembra dimenticarsi che quel ragazzo è in campo praticamente per miracolo, che non dovrebbe trovarsi nemmeno in panchina, perché quel ginocchio continua a dare fastidio, ma ci sarà tempo per fermarsi, per pensarci, per preoccuparsi.

 

Alla fine non conta il risultato, non conta la prestazione, non è di questo che vogliamo parlare. Solo di coraggio, professionalità, forza di volontà; e di un ragazzo che non sarà in copertina ma che probabilmente avrebbe meritato molto più di altri di trovarsi lì. Perché si può essere straordinari anche nella normalità.

 

Cesare Bogazzi