Dopo sei giornate di campionato le ambizioni di Vincenzo Montella restano in purgatorio. Sempre un passo dietro ai migliori da calciatore, sempre mezzo gradino sotto a quelli che se la giocano per vincere, sempre sul banco degli imputati ai primi passi falsi. L'alone di scetticismo che circondava il tecnico di Pomigliano d'Arco al momento del suo ingaggio in rossonero (giugno 2016) era stato smacchiato dal sesto posto "conquistato" e conseguente ritorno in Europa passando dallo sgabuzzino. Cos'è cambiato da quegli abbracci primaverili fra Honda e Lapadula? Il Milan ha due punti in più rispetto alla passata stagione (dove aveva già affrontato Napoli, Sampdoria, Lazio e Fiorentina), un monte ingaggi da big e una rosa - almeno sulla carta - all'altezza per puntare alla qualificazione in Champions.

Difficile nascondersi al cospetto della schizofrenia dei media dopo un paio di acquisti "rumorosi", impossibile farlo se strappi alla prima forza d'Italia (e seconda in Europa) il futuro capitano. Montella è rimasto lo stesso, ma è passato dall'avere una ragazza bruttina, ben truccata e fortunata al punto giusto da arrivare alle selezioni per Miss Italia a una moglie un po' più bella, ma ingombrante, bisbetica e con le stesse ambizioni di quando era aitante ragazzina: dov'è il mio yacht?

42 milioni di capitano (Getty Images)

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SOLO IL SOLITO POSSESSO - Vincenzo Montella è arrivato al Milan con la rinnovata consapevolezza dei propri limiti. Dopo le belle avventure a Catania (11º in A nel 2011/12) e Firenze (tre quarti posti) imponendo le proprie credenze e metodologia di gioco, ha sottovalutato l'esperienza doriana finendo quindicesimo al posto dell'esonerato Zenga. Spento il fuoco blucerchiato, l'offerta di una nobile decaduta com'era - com'è? - il Milan era irrinunciabile e l'Aeroplanino ha fatto tesoro delle passate esperienze, visti anche gli elementi a disposizione: basta possesso palla a tutti i costi, stop ai fraseggi infiniti prima di arrivare in porta, potere al lavoro operaio e alle ripartenze. Nasce un Milan diverso dalle aspettative: nel girone d'andata della Serie A 2015/16 i rossoneri concedono al retrocesso Palermo - nella gara vinta 1-2 al Barbera - il dominio del gioco, mentre a San Siro lasciano il 59% di possesso palla alla Juventus, il 49% al Pescara (vincendo entrambe le gare 1-0) e addirittura il 66% all'Inter vedendo svanire il tre punti soltanto nel recupero con il gol di Periši?. In mezzo al campo non ci sono più Pizarro, Aquilani e Borja Valero ad alternarsi alla regia, ma - con Montolivo infortunato - si fanno largo i muscoli di Kucka e Pašali? e le belle speranze del giovane adone Locatelli. Era un Milan sporco, brutto, ma che entusiasmava per grinta, per l'estro di Suso e per mezza stagione di schizzi di un Deulofeu che ora duetta con Messi. 
I SOLDI NON FANNO LA FELICITÀ - Il mercato cannibale, protetto - anche - dal fondo Elliott ha riportato l'entusiasmo fra i tifosi e raddoppiato gli abbonamenti (oltre 34'000 tessere registrare): dieci nuovi acquisti, cessioni indolori e avallate da gran parte della tifoseria (Bacca, De Sciglio, Niang) e l'obiettivo di entrare direttamente in Champions (basterebbe il quarto posto), magari facendo un po' di strada in Europa League. Analizzando i nuovi innesti alla luce delle prestazioni, però, si comincia a capire cosa intendesse Montella con quel "siamo corti" pronunciato qualche mese fa. Forse l'ondata di entusiasmo, forse le "spinte" di Mirabelli e Fassone, forse sarà stato lo stesso allenatore a convincersi di tornare al sistema a lui più caro, ma con quali uomini questo Milan può recitare al meglio il canovaccio di Montella? 
Suso indica dove vorrebbe giocare (Getty Images)

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IN MEDIO STAT VIRTUS - Che sia 4-3-3 o 3-5-2, il problema di gioco dei rossoneri è come la virtù: sta nel mezzo. Accantonando le solite amnesie di Zapata, l'ambientamento di Bonucci, le insicurezze di Romagnoli e Musacchio e la nebbia attorno alla figurina da trentotto milioni André Silva, al Diavolo mancano a centrocampo uomini in grado assecondare lo stile di gioco del tecnico, gente che dà del tu al pallone senza fretta d'agire, intelligenti prima di muscolari. Fedele seguace della setta del possesso, Montella si ritrova in rosa tre registi (Biglia, Montolivo, Locatelli), due mezze ali (Kessié e José Mauri), un adattato (Bonaventura, che tornerebbe volentieri a scorribandare largo e alto in un 4-3-3) e un adattatissimo (Çalhano?lu, indole da trequartista con libertà d'agire). Coperta corta in mediana e orfano di un animale da tridente come Deulofeu, a inizio stagione - coi nuovi da integrare e Romagnoli e Bonaventura infortunati - ha provato a lasciare Suso nel suo habitat naturale trasformando Borini in ala sinistra, ma ai primi risultati negativi (60% di possesso palla e scoppolona contro la Lazio alla "prima" in Serie A col doppio regista Biglia - Montolivo) il rumore di società e tifoseria ha sùbito fatto cambiare rotta a Montella facendolo virare sul 3-5-2 già sperimentato ufficialmente soltanto nella gara di ritorno europea con lo Shkëndija. Miglioramenti? No, poiché dopo le due misere - ma importanti - vittorie fra le mura amiche contro Udinese e S.P.A.L. è arrivata la seconda batosta stagionale con la Sampdoria a Genova: "Il Milan, dopo il Napoli, è la squadra con più possesso palla ed è quella che ha fatto più tiri". Queste le dichiarazioni del tecnico prima di scendere in campo a Marassi e chiudere - perdendo 2-0 - con zero tiri in porta in novantacinque minuti, recupero compreso.

Non sono una mezz'ala (Getty Images)

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IL PASSATO CI TRATTIENE, IL PRESENTE CI SFUGGE - Se è vero che lo scorso anno il Milan aveva già affrontato dopo sei giornate Napoli, Lazio, Fiorentina e Sampdoria, è vero pure che vincere a casa Inzaghi Jr. e Giampaolo - quest'anno - sarà arduo per chiunque ed è ancor vero che la situazione in casa rossonera va modificata e migliorata al più presto (domenica a San Siro arriva la Roma) se si ha intenzione di perseguire l'obiettivo quarto posto. Come? La verità è che Montella ha più alibi di quanti la stampa gli attribuisce, ma pure la sgradevole colpa di non aver saputo - ad oggi - adattarsi alle risorse a disposizione come nella passata stagione. In linea con le aspettative Biglia, né Kessié, né Bonaventura, né Çalhano?lu sono stati registi aggiunti in grado di replicare - con le dovute proporzioni - la mediana Pizarro - Borja Valero - Aquilani in cui tutti facevano tutto e la sfera non scottava quasi mai. Kessié alterna partite da Shaqzilla ad altre (Lazio, Sampdoria, guarda caso) da gattino seguito dallo psicologo. Alla gran mole di palle perse va aggiunto il problema esterni: nel 4-3-3 solo Suso e Bonaventura sono in grado d'interpretare il ruolo di ali, ma in questo caso Jack (ancora da recuperare appieno fra infortuni in serie e "stress post-traumatico da sottratta fascia di capitano") verrebbe strappato a una mediana già sanguinante; Çalhano?lu è devastante se accentrato per l'ultimo passaggio alle punte, Borini è un gran faticatore che stenta - eufemismo - a saltare l'uomo, André Silva una seconda punta "ibrida" in fase di studio. Nel 3-5-2, col preziosissimo Conti out almeno sei mesi, restano - in ordine di gradimento - Abate e Borini (l'ultima pazza idea di Montella) a destra e Rodríguez e Antonelli a sinistra, con Calabria jolly in base all'esigenze. Lo svizzero ex Wolfsburg è l'unico esterno in rosa abile a recitare in un centrocampo a cinque così come lo erano Cuadrado, Vargas, Pasqual e Marcos Alonso (utilizzato terzino) nel triennio montelliano in viola.

SENZA FUTURO E IL CALENDARIO È DURO - Dopo la partita con la Roma ci sarà la sosta e al ritorno dalle nazionali i rossoneri affronteranno Inter, Genoa, Chievo e Juventus. Il momento è delicato, diceva Ammaniti, il tempo stringe e Montella - che nel frattempo ha personalmente licenziato su Twitter il preparatore atletico vegano - dovrà decidere a breve chi schierare e, soprattutto, come schierare. In attesa di rivedere Musacchio al posto di Zapata ("Contro la Sampdoria ho scelto il colombiano perché più adatto a marcare Duván") e di capire perché Cutrone venga prima di André Silva nelle gerarchie (sottile il confine fra l'avere pazienza e bruciare un attaccante da trentotto milioni), l'interrogativo immediato resta: riuscirà questo Milan a rendersi pericoloso nell'area avversaria perseverando col possesso palla spesso sterile, la mancanza di cross da destra, la flessione di Bonaventura, la mutabilità di Kessié, i continui ballottaggi offensivi e la transumanza di Suso? Forse era solo colpa della pasta di kamut integrane e del riso basmati...