Lo scandalo del calcio scommesse non sembra voler risparmiare nessuno. Tra i corridoi di tutte le società serpeggia il timore di essere risucchiati, da un momento all’altro, nel vortice dei deferimenti. <<Il cosiddetto lato oscuro del calcio moderno. Il lato b di un disco rotto in cui anche De Coubertin è in fila a giocarsi l’over>> (Qui non cresce l’erba). Molteplici sono le domande che, in questo periodo di tormenti, affollano i pensieri di ogni tifoso che si rispetti. Ci si chiede insistentemente il motivo per il quale la propria società del cuore debba essere sanzionata per un folle gesto commesso in prima persona da un atleta o, addirittura, da un soggetto ad essa totalmente estraneo.
Il disagio è facilmente comprensibile, tuttavia, per comprendere la logica di ogni provvedimento sanzionatorio, è bene esaminare la normativa specifica. Quello sportivo è un ordinamento autonomo rispetto a quello statale. Ha sue leggi e specifici organi capaci di emettere sanzioni contro chi le viola. La pioggia di deferimenti di questo periodo ne è un chiaro esempio.
L’articolo 4 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC regola e definisce espressamente le varie forme di responsabilità delle società. Possiamo condividerne o meno la logica ma ciò non lo priverà della sua valenza normativa. Ecco perchè è sempre meglio essere informati ed agire di conseguenza. L’articolo 4 del Cgs è facilmente criticabile poichè introduce dei concetti che svincolano la responsabilità di un atto dalla condotta personale. Non è complicato comprendere il perchè questa norma sia così strenuamente contestata. Seguendo tale logica l’illecito di un singolo folle può condizionare pesantemente anche società che hanno sempre rispettato tutta la normativa.
Esistono varie forme di responsabilità per le società. Come si distinguono? C’è una scala di gravità?
Esistono tre tipologie di responsabilità che corrispondono a tre distinte gravità delle sanzioni: la responsabilità diretta, quella oggettiva ed, infine, quella presunta.
Alla base dei concetti di responsabilità diretta ed oggettiva vi è il (contestabile) presupposto che, per ogni illecito disciplinare commesso dal singolo tesserato, ne risponde sempre e, comunque, anche la società. È chiaro che, con questo articolo, il legislatore ha voluto stimolare le società ad un più attento e pervasivo controllo.
Per quanto riguarda la responsabilità diretta “le società rispondono direttamente dell'operato di chi le rappresenta”.
Cosa significa al giorno d’oggi rappresentare una società sportiva? Il caso Atalanta ha posto interessanti quesiti. Uno di questi riguarda proprio la figura del capitano che, a parer di molti, dovrebbe essere ricompreso tra i cosidetti rappresentanti.
L’argomento è particolarmente delicato e non solo perchè riguarda soggetti che sono stati “importanti” per il calcio italiano. Si parla tanto di simboli, portavoci ed esempi ma, in realtà, nel concreto, si fa ben poco per responsabilizzare seriamente questi soggetti. La normativa associa la rappresentanza delle società a precise figure professionali al fine di evitare equivoci. Tra questi vi sono il rappresentante legale (che è cosa diversa dall’eventuale avvocato della società), i membri del consiglio di amministrazione ed, infine, gli amministratori delegati. Tutto il resto è estraneo al concetto di responsabilità diretta.
Per tale forma di responsabilità, le società sono sottoposte alle sanzioni più gravi. Attualmente nessuna società è stata deferita per tale motivo, tuttavia, sulla base delle sole dichiarazioni dei numerosi pentiti, società come Lecce e Siena potrebbero rischiare, seriamente, di essere colpite da questa forma di responsabilità. Le indagini sono ancora in corso, quindi, è ancora presto per formulare un parere obiettivo. Ricordiamo che le sanzioni possono arrivare anche alla esclusione dal campionato di competenza o da qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria.
La responsabilità oggettiva ha una sfera di applicazione sicuramente più ampia. Per tale imputazione sono state deferite dal Procuratore federale Palazzi tredici società tra le quali Albinoleffe, Siena, Novara, Sampdoria e Atalanta. Le società rispondono oggettivamente dell'operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti che svolgono qualsiasi attività all'interno o, comunque, nel loro interesse. Si comprende chiaramente come a questo elenco di soggetti non sfugga nessuno e, quindi, come siano più alte le probabilità che una società possa essere punita per un illecito. L’aspetto meno condivisibile riguarda la prova liberatoria. È qui che si constata una delle più grandi differenze esistenti tra l'ordinamento statale e quello sportivo. Lo Stato concede al soggetto sanzionato oggettivamente di scagionarsi dimostrando di aver fatto il possibile per evitare il danno o che questo si sia verificato per caso fortuito o per forza maggiore. Nell'ordinamento sportivo questo non è ammesso.
Come detto la responsabilità oggettiva, seppur contestabile, si fonda sulla volontà dissuasiva dell'ordinamento sportivo; “stimolare” le società ad un più attento controllo al fine di garantire un corretto svolgimento delle competizioni sportive. Ovviamente a questo tipo di responsabilità corrispondono sanzioni più miti rispetto a quelle previste per la responsabilità diretta. Vengono comminati punti di penalizzazione in classifica da scontarsi, per il principio di afflittività, nella stagione successiva.
In conclusione, la responsabilità presunta è, sicuramente, la forma più “particolare” tra quelle esistenti. Manifesta a pieno la scarsa fiducia che l’ordinamento sportivo ha nei confronti delle società; non si può, tuttavia, negare che la storia abbia messo a dura prova la pazienza delle Istituzioni. Per tale imputazione sono state deferite Reggina, Ancora ed Empoli. Il concetto di responsabilità presunta si fonda sul presupposto che l’illecito, anche se eseguito materialmente da un soggetto totalmente estraneo alla società, abbia l’effetto di avvantaggiare in classifica, o per il singolo match, la stessa. Le società che sostengono di non aver preso parte all’illecito e che non vogliono incorrere in sanzioni, devono dimostrarlo ma si può comprendere quanto possa essere difficile quando risulti che l’illecito realizzato abbia concretamente, anche se indirettamente, avvantaggiato la società.
Personalmente condivido pienamente la preoccupazione dell’ordinamento sportivo e la sua conseguente reazione repressiva un pò meno l’attuale campagna contro queste forme di responsabilità. Seppur i concetti di responsabilità oggettiva e presunta sono estranei al principio di colpevolezza è, comunque, incontestabile che gli stessi siano funzionali ad incentivare, finalmente, una maggiore responsabilizzazione dei soggetti che gravitano, con o senza titolo, nel mondo del calcio.
Il concetto è sempre lo stesso: prevenire è meglio che curare.
Avv. Cristian Zambrini