Si è giocata ieri sera all'Allianz Arena la sfida fra la Juventus di Massimiliano Allegri e la Roma di Eusebio Di Francesco, match dal quale doveva venire fuori la più accreditata antagonista del Napoli capolista nella corsa allo scudetto, anche se comunque i distacchi sono per tutti minimi, e manca ancora mezzo campionato più una partita da giocare. Ha vinto la Juve, ma chi non ha visto neanche un minuto di quanto posto in essere dai calciatori in campo stamane si è ritrovato a leggere o ascoltare più pareri secondo i quali il risultato più giusto sarebbe stato il pareggio, e che i bianconeri si sono ritrovati i tre punti in cassaforte quasi più per casualità che altro. Si è davvero visto questo? Ovvio che uno degli aspetti belli del calcio è che ognuno lo vive a modo proprio, e ciò che piace a Tizio può non piacere a Caio, ma alcuni punti oggettivamente indiscutibili comunque fanno capire quanto credibile possa essere una tesi anziché un'altra.
L'ovvio: in questo sport vince chi segna almeno un gol più degli avversari, e per segnare bisogna tirare in porta. Ieri la Juve ha tirato in porta 22 volte, 8 delle quali nello specchio difeso da Alisson, indiscutibilmente il migliore in campo dei suoi; la Roma ha tirato 14 volte verso Szczesny, 2 sole le occasioni nelle quali è dovuto intervenire l'estremo difensore bianconero, anche lui comunque grande protagonista ma non il solo fra i padroni di casa. Poi mettiamoci dentro tutte le statistiche che vogliamo, ma quella più semplice, quella legata alle occasioni da gol, è già un ottimo indicatore. Come potrebbe essere un altro ottimo indicatore il fatto che la Roma non solo non aveva mai perso lontana dall'Olimpico quest'anno, ma addirittura non era mai andata sotto contro nessuno.
Novanta minuti che, rivisti a mente fredda, sono scivolati via secondo un copione abbastanza chiaro: Roma con possesso palla sterile, Juve organizzatissima dietro e pericolosissima in ogni azione offensiva, sciupona con Higuain, Mandzukic, Khedira e Matuidi, in vantaggio meritatamente, poi distratta e col braccino corto nel finale dopo la traversa di Florenzi nata da uno svarione di Chiellini ed Alex Sandro più che da una seria pressione avversaria, vicina al colpo del k.o. con Pjanic, poi graziata da Schick dopo un altro svarione stavolta di Benatia.
Se non bastasse quanto detto, perché ovvio che poi può non bastare, proviamo a capire com'è stata presa dai diretti protagonisti capitolini questa "immeritata" sconfitta. Cominciamo con Di Francesco: "La Juve ci ha inibiti, non è questione di sfortuna ma di cattiveria. Eravamo in ritardo nella pressione, Pjanic è stato bravo a saltarci e servire i compagni". Gli fa eco Nainggolan: "La Juve è una grande squadra, ci pressavano alti e quando ci hanno imbucato, ci siamo spaventati. Siamo mancati nel pressing, temevamo molto le loro imbucate, non è andata bene, ci sta, hanno fatto una grande partita. Arrivavamo sempre in ritardo".
Ovvio che gli ultimi 10/15 minuti del match non si possono dimenticare, esistono anche quelli, ma appunto 10/15 minuti sono, e le partite durano 90 più recupero: per il d.s. Monchi"la Roma è stata grandissima negli ultimi minuti", appunto, negli ultimi minuti. Non si devono nascondere i valori della squadra giallorossa, uscita a testa altissima, ma sempre di sconfitta si tratta. Dunque, a proposito di testa alta e per chiudere, non può che valere una tesi già spiegata in questo blog alcuni mesi fa: "è vero che nello sport teoricamente è più importante partecipare anziché vincere, ma è ancora più vero che le pagine più significative della storia vengono scritte (...) da coloro che la luce dei riflettori se la sanno meritare non solo per fantomatici titoletti platonici (...) che durano da Natale a Santo Stefano. (...) Per intenderci, i complimenti non possono che far sempre piacere, ma quanto si può tirare a campare così?".