Contro il Sassuolo è arrivata la seconda sconfitta stagionale per l'Inter, nonché la seconda sconfitta consecutiva in un periodo di calendario che sembrava poterla mettere in condizione di poter giungere allo scontro diretto con la Lazio al riparo da brutte sorprese, ma invece non è stato così e i nerazzurri hanno visto allontanarsi il primo posto a 5 lunghezze e avere il 5° posto potenzialmente a 1 punto di distacco. Sembra essere tutto capovolto rispetto all'inizio del mese di dicembre e questo non può che turbare i pensieri di Spalletti a cavallo di queste festività natalizie, come si può ben dedurre dalla dichiarazione pesantissima rilasciata ai microfoni di Inter TV al termine della partita in cui non risparmia nessuno, nemmeno se stesso.

"Ora siamo a un punto dove qualcosa va cambiato, c'erano delle certezze e qualcuno andava fatto sentire più importante. Se qualcuno non regge questo livello va messo in discussione".

Frasi forti, che sanno di stoccata nei confronti di qualcuno, quasi una bocciatura, che però - al contempo - mettono in risalto la lucidità di Spalletti nell'attribuirsi primariamente la colpa di questa situazione.

Se si scorporano le varie farsi che compongono questi periodi il concetto dello Spalletti-pensiero non può che apparire chiaro: è una presa di coscienza della situazione, l'ammissione e l'accettazione del problema e l'inclusione della soluzione - a suo dire - di tale problema.

Il primo periodo è quello dove l'ex tecnico della Roma ammette candidamente le proprie colpe - cosa a cui a Milano sponda Inter non sono abituati -: la magia prodotta dal filotto di risultati postivi aveva annebbiato la vista di tutti, dai tifosi sino a giungere all'allenatore che si era fatto attirare - questo quanto si comprende leggendo la sua frase - dalla bellezza dei tabellini delle singole partite dimenticandosi del lavoro da fare. Si è prediletto il risultato alla formazione di un gruppo di 15/16 titolari sempre pronti a dare il meglio di sé. Non può non apparire chiaro il riferimento a Cancelo in questa frase, a Reggio Emilia uno dei migliori fra i nerazzurri, ma anche un sottile riferimento a Dalbert e tutti coloro i quali hanno giocato meno pur avendo le doti per poter essere pedine fondamentali per questa squadra. Il 4-2-3-1 con il triangolo centrale composto da Gagliardini-Vecino-Borja Valero aveva ottenuto dei risultati abbaglianti e Spalletti si è fatto attirare da essi come Ulisse dalle sirene dimenticandosi di poter inserire più spesso nelle rotazioni uomini più freschi e sicuramente di pari valore rispetto agli altri in molte zone del campo accorciando sensibilmente la coperta della rosa, già non profonda di suo. Un errore commesso in buona fede e che solo un uomo - ancor prima che un allenatore - in pace con il proprio operato sa ammettere così candidamente correndo il rischio di essere messo alla mercé di chiunque non aspettasse un primo segnale di cedimento della sua Inter. 

Soli sette giorni fa un pensieroso Spalletti camminava davanti alla sua panchina a San Siro (Getty Images)

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Prima le sue colpe, come un buon condottiero fa, anteponendo sempre il proprio operato a quello dei suoi uomini in caso di difficoltà, poi un chiaro richiamo e rimbrotto verso i suoi professionisti - come ama chiamarli -. Lo Spalletti-pensiero è chiaro: se giochi nell'Inter non puoi che essere tecnicamente valido, ma devi avere la testa adeguata alla pressione che questa maglia genera. E questo sa come una condanna per qualcuno che in queste gare ha scherzato troppo con il fuoco fidandosi solo delle proprie qualità senza tenere a mente il lato psicologico che il calcio porta con sé perché se per sbaglio le doti che hai innate per qualche motivo non ti assistono nel corso di una gara e la tua testa non è pronta ad accettare il problema allora i problemi non si ripercuotono soltanto su di una persona su di un gruppo intero, e questo non è accettabile. Spalletti non fa nemmeno in questo caso dei nomi - non sarebbe corretto né professionale -, ma chi si addentra nell'analisi del periodo e nella comprensione del testo non può non leggere un chiaro rimando, in primis, a Marcelo Brozovic, il discontinuo per antonomasia di questa rosa: il croato è un novello Penelope, di tanto in tanto tesse la propria tela fatta di giocate sopraffine, poi riesce a distruggere tutto quanto di buono fatto ritornando al punto di partenza, l'unica differenza è che i proci adesso hanno svelato l'arcano e pretendono da Brozovic di tessere costantemente la propria tela. Evidentemente, però, Brozovic non ha le capacità mentali per poter resistere a questa pressione, come anche mostrato a Reggio Emilia, e le sue prestazioni non sono che lo specchio perfetto dello Spalletti-pensiero. 

Il croato ex Dinamo Zagabria è croce e delizia sin dal suo arrivo all'Inter (Getty Images)

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Se questo riferimento era ben facile da carpire, si potrebbe provare a coglierne un secondo, ma per il quale non ci sono conferme, soltanto tesi e nemmeno così tanto supportate: al centro di questa invettiva Spallettiana potrebbe rientrare anche Ivan Perisic. Sempre bene ricordare che non si discutono le doti tecniche del calciatore, ma quelle mentali e in queste ultime partite sembra che la mente dell'ex Wolfsburg non segua i suoi piedi. La differenza rispetto a Brozovic qual è? Che Ivan non ha un sostituto all'altezza in rosa e quindi può "cullarsi" del fatto che pur non rendendo come aveva abitua all'inizio della stagione non potrà essere rimpiazzato nemmeno per una singola gara in campionato. Queste sono sempre supposizioni di chi scrive e prova ad addentrarsi nei meandri della psiche di Spalletti, ma l'indolenza di Perisic nelle ultime gare - esclusa quella col Chievo - non è passata inosservata ai più e nemmeno l'ex allenatore dell'Empoli e della Roma non può non averlo notato. 

Ovviamente per chi analizza adesso queste parole i riferimenti velati sono questi, per un'altra testa pensante il riferimento può essere per altri, altri invece possono non veder nessuno nelle parole di Spalletti, ma solo una voglia di smuovere l'ambiente, ma fatto sta che il tecnico toscano ha colpito: come un bravo paziente in terapia ha ammesso i propri errori e si è già portato avanti palesando l'intento e le modalità di correzione di essi. Già nel derby contro il Milan questo nuovo atteggiamento potrebbe vedersi, ma è ben più importante che si palesi nella gara contro la Lazio per dare un segnale di risveglio a tutto l'ambiente che sembra essersi assopito dopo l'inizio roboante pur sempre ricordando che questa squadra è stata costruita per centrare l'Europa che conta e non per battagliare con Napoli e Juventus. Con un gruppo in grado, però, di saper reggere la pressione nulla si può dare per scontato.