Johnny Quid suona il piano, Johnny Quid è una rockstar ed ama fingersi morto, oltre alle droghe. Johnny Quid si appropria di dipinti appartenuti a miliardari russi, è violento, imprevedibile, istrione, maledetto, Johnny Quid è un'invenzione di Guy Ritchie, è un RocknRolla interpretato da Toby Kebbel, che molti assoceranno anche alla nella mini-serie Black Mirror. Insomma che a me Johnny Quid ha sempre ricordato un sacco Jérémy Ménez, senza contare che nel medesimo film appaia pure Mark Strong, sosia non dichiarato di Dimitar Berbatov. Dico io, l'avete visto, voi, Jérémy Ménez?
94 - Su Jérémy sono state dette e scritte tante cose, senza minimizzare, non ho tenuto il conto dei calciatori francesi nati e cresciuti nella banlieue, dal passato difficile a Moulin-Vert, sacchettini appoggiati e mai consegnati in mano nei vicoli, automatiche a curriculum, fame, lame, puttane, magrebini incappucciati, sacrifici dei genitori, scarpette consumate. Cliché, che almeno deriva dal francese. Era giusto per dirvi che in mezzo a parecchia gioventù col numero quatre-vingt-quatorze sulla schiena per l'anno di nascita, esisteva qualcuno in grado di far parkour fra Domizzi e Benatia, in giro per l'Italia, incollando sul giallorosso le stesse cifre (escludendo due comparsate col 93) per motivi differenti. Si sarebbe visto rapper, Jérémy da Longjumeau che fa più o meno rima con banlieue, nelle interviste si dicono e si scrivono tante di quelle cose, come quella volta che hai dichiarato di provare piacere nel provocare i difensori coi tuoi dribbling, cancellarli dal campo. La pantegana ossigenata in testa, Jérémy, fa quasi pendant col giallo acceso della maglietta del team appartenente al sig. Peugeot, sponsor Esso, maniche lunghe, guantini, calzamaglia nera sotto calzoncini e calzettoni, un altro Guy (Lacombe) che in panchina se la ride sotto i baffi mentre il suo diciottenne ne fa tre al Bordeaux in sette (!) minuti. Fenoménez, al punto di lasciare di stucco Alex Ferguson per restare all'Auguste Bonal guadagnando dieci volte meno: "Je ne le sens pas", niente Manchester United, e le cuffie ingombranti che iniettano nei padiglioni l'hip hop un po' arabo dei 113 ed un po' di Leck, con pure qualche comparsata nei suoi videoclip (qui da 2''30" in poi).
Jerry in vacanza a Roma (Getty Images)
LA GRANDE BELLEZZA - J'voulais rester à la cité mon père m'a dit "Lé Lé La". Voglio restare nel ghetto, mio padre mi ha detto no. Jérémy incrocia la valigia di Guidolin al decadente Monaco dei giovani Yaya Touré, dei Kallon, Jan Koller e François Modesto, che s'improvvisa Dumas eleggendo il leggiadro compagno di squadra a D'Artagnan fra i moschettieri dell'incredibile génération '87 francese: Ben Arfa, Benzema e Nasri. Tutti per uno, ma senza più finali di Champions contro Mou, les rouge et blanc retrocederanno qualche anno dopo con Ménez già fuori dalle discoteche capitoline a far bisboccia con Mexes. Millenovecentottantasette, anno di nascita pure del 'Gilda', noto locale in via Mario Dè Fiori, noto non solo ai romani, visto che Filou, che poi sarebbe Mexes, s'è preso una cinghiata in faccia da qualche laziale in compagnia del nostro eroe e di Stefano Okaka. La grande bellezza di Jerry - così lo apostrofa Ranieri - è fatta di Ferrari, scaldacollo neri, Louis Vuitton, cappellini degli Yankees e partite a poker con Totti, De Rossi e Cassetti, mentre in compagnia del fratello Kevin qualche teppistello gli prende a sassate il parabrezza della Smart. Quaranta centimetri di masso lanciato sui Musei Vaticani, amen: va beh, il nostro Geremia non avrà girato una scena di sesso con Laura Chatti in un film di Sorrentino né scritto il Libro delle Lamentazioni, ma la Roma dei ladri in casa, delle aggressioni, delle risse, delle reprimenda di Montella, dei baci di Borriello dopo i gol, dei Burdisso che pippo e resto fisso e degli Adriano che mica è Parmigiano, inizia a stargli stretta: "È una città di merda, ma come fate?".
Un gol di Ménez, brutto
SECRET STORY - Ce l'ha insegnato Antonio Cassano, altro animale dal rapporto difficile con nazionale, allenatori, compagni, sveglie mattutine: trova una donna, facci un figlio, metti la testa a posto e, se ti dovesse capitare, scegli tifosi da riconquistare, segna tanti gol. Émilie Nef Naf è una ragazza semplice che nel 2009 ha vinto la terza edizione del reality Secret Story, una sorta di Grande Fratello francese in cui i concorrenti devono custodire un segreto. Émilie, occhi in cui perdersi e rotondità della seconda gravidanza a bordo, ex parrucchiera, s'è innamorata del Jérémy un po' tamarro e bad boy (senza troppo nasconderlo) dopo aver smascherato - immagino - concorrenti col QI di Einstein, vergini, bisessuali, vallette alla cerimonia del Pallone d'Oro, Miss Francia, miliardari e medium in contatto con Dalida. Molto attiva su Twitter, azzardare un paragone con Raffaella Fico sarebbe fin troppo semplice. Tifa da sempre Paris Saint-Germain Jérémy, e sembra felice anche senza sorridere quando stringe la mano a Leonardo per le foto di rito con la numero 7 lasciata libera da Ludovic Giuly.
Il fait froid, Jérémy (Getty Images)
ÉGOÏSTE - Le ruggini dei tre anni trascorsi a Parigi, incrostate fra le articolazioni della Tour Eiffel, sepolte come mostri marini nella Senna, vengono a galla sulle pagine di France Football in questi giorni. Jérémy ce l'ha con Blanc e con Lucas, titolare perché costato tanto, perché brasiliano, per l'attività sui social network sconosciuti al ragazzo poco di moda a due passi da casa, nemo propheta in patria, Crazy Horse senza ironia. Il rossonero? Colpa dell'isola, anche se scritto così verrebbero in mente fumo nero, orsi polari e numeri maledetti. Estate duemilaquattordici, a due passi da Di Caprio, Orlando Bloom, Amnesia, Galliani in costume stelle e strisce e Pippo Inzaghi, ecco la pazza idea: i bravi ragazzi vanno in paradiso, quelli cattivi a Ibiza (che poi facciano giri immensi per poi ritornare al Milan è un'altra storia). Trop nonchalant, trop dribbleur, trop égoïste, certo, ma il fantasma di Taarabt (ci si accontenta di poco di 'sti tempi a San Siro) è sparito dopo quel retropassaggio di Ristovski e quel gol a Parma con specchietto retrovisore che ha fatto subito il giro del mondo. Ti ricordi, Jérémy? Avevi fatto lo stesso scherzo anche a Thiago Silva, qualche anno fa. Jérémy segna, tira pure i rigori, fa segno 7 con le dita anche se a fine luglio qualche tifoso aveva ordinato la sua casacca numero 87, stolti: Houdini sbatte le ciglia, Robinho a Milanello non si trova più così come l'otto sulla maglietta, magia, spariti - puf! - come gli scettici.
Je t'aime Jérémy.
Alan Bisio