Di Monia Bracciali
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Il 24 marzo del 1976 è l'anniversario del colpo di Stato che instaura la dittatura militare in Argentina. Uno dei regimi più repressivi della storia conta ancora oggi il numero dei desaparecidos, i buchi cronachistici e storici, le ferite da tortura, le madri in Plaza de Mayo a Buenos Aires, che chiedono allo Stato che fine hanno fatto i loro figli.
Luis Cesar Menotti diventa Ct dell'Argentina subito dopo il mondiale tedesco del '74. Quattro anni più tardi “El Flaco” porta l'Albiceleste in cima al mondo in una delle competizioni mondiali più discusse, controverse, crudeli – e forse pilotate – della storia.
Controverso il rapporto tra Menotti e i vertici di Stato – Videla, Massera, Agosti – lui che si è sempre mostrato uomo dalle idee politicamente di sinistra, comunista dichiarato. Carismatico, riservato e pragmatico, El Flaco è uomo cardine del calcio argentino assieme a Carlos Bilardo, allenatori che hanno spaccato in due le filosofie di gioco della nazione sudamericana.
Queste le dieci miglior citazioni di Menotti:
1) “Giocare a calcio in contropiede? In nessun modo. Il contropiede è come l’amore: si incontra, non si può pianificare”.
2) “Tranquillo Pep, quando aprirai la porta dello spogliatoio e dirai “buongiorno”, tutti i giocatori sapranno già come devono giocare” (Ad un preoccupato Guardiola, prima del suo trasferimento sulla panchina del Bayern).
3) “Cesar, quei tedeschi sono fortissimi...”
“Forti? Quelli lì? Non dire cretinate. Se prendiamo uno qualunque di questi biondoni e lo portiamo nel quartiere dove sei cresciuto tu, dopo tre giorni lo portano via in barella. Forte sei tu che sei sopravvissuto a tutta quella povertà e giochi a pallone dieci volte meglio di quei pezzi di legno” (Ad un giocatore, prima dell'incontro Argentina-Germania, in un torneo giovanile che si giocava in Francia).
4) "Il calcio è così generoso che ha impedito a Bilardo di dedicarsi alla medicina”.
5) “Guardate la gente e rivolgete il vostro saluto ai metalmeccanici, ai panettieri, ai macellai, ai tassisti. Non vinciamo per quei figli di puttana. Vinciamo per il nostro popolo” (rivolto ai giocatori che si rifiutavano di andare a salutare i capi di Stato, all'uscita dal tunnel, nel giorno della finale mondiale contro l'Olanda).
6) “Sapevamo, ma non tutto, nessuno poteva immaginare i morti che sparivano in mare lanciati dagli aerei. Era importante vincere il Mondiale non solo per dimostrare il nostro valore, ma soprattutto perché potevamo offrire un momento di felicità alla nostra gente. Vivevamo in una situazione terribile (…). Quella vittoria ci ha aiutato a sopportare quel brutto periodo” (intervista rilasciata a Roberto Beccantini nel '97, durante la breve permanenza nella panchina della Sampdoria).
7) “Un Mondiale non è undici giocatori e un allenatore. Si fa con milioni di persone. Una dittatura è lo stesso. Ci vogliono i dittatori e milioni di complici. Oggi in Argentina vedo al potere molti che nel 1978 stavano coi generali. Non li critico. Ma non mi vengano a dire che ero come loro”.
8) “Nessuno immaginava che in quelle ore stavano buttando i cadaveri nel fiume. Se si fosse saputo, i lavoratori, i contadini, gli intellettuali, i calciatori... tutti saremmo dovuti uscire e chiedere la fine di quella merda. Ma la lotta politica è una cosa più grande del calcio. Se il Milan vince la domenica, qualcuno crede davvero che il lunedì starà meglio? Lo spettacolo non è la vita. E se un Berlusconi va al governo, beh, che almeno faccia per l' Italia un decimo di quel che ha fatto Baresi per il Milan”.
9) “Sono contento di tornare in Italia. Però l' Italia è una strana persona. Ama la bellezza, la moda, l'estetica e poi vive, gioca da combattente. Da voi si discute sempre l'uomo di talento, mai l'uomo di muscolo. Il genio, l'irregolare si deve sempre giustificare. Il soldato, il diligente non è mai in discussione. Sempre lì a chiedervi se deve giocare un Baggio o un Del Piero. Ma perché non chiedete se deve giocare un Gattuso o un Ambrosini? Il declino italiano è questo: via i talenti, avanti i normali”.
10) “L'unico che mi piace è sempre Che Guevara. Ma ne ho abbastanza di rivoluzioni e populisti. Preferisco la Bachelet, Lula, Cristina Kirchner, chi migliora l' America Latina nel mondo”.
Fonti:
“Le undici virtù del leader” - J. Valdano
“Pallone desaparecido” - A. Cordolcini
la-pelota-no-dobla.blogspot.com
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