di Elio Goka
Rafa Benitez dovrebbe fare come Mosè. Invece che sul Sinai, lo spagnolo dovrebbe risalire il Vesuvio, fermarsi più in alto possibile e poi, al posto delle tavole della Legge, lanciare Coppa Italia e Supercoppa sopra la città.
Gli appellativi che molti tifosi, o presunti tali, hanno riservato a uno che altrove viene ricordato come una leggenda, variano dall’andante ciccione al mangione allegretto. Tacciato di mediocrità e di incompetenza, da tifosi, sempre presunti, e da giornalisti, ancora più presunti, Rafa Benitez ha imparato la vera napoletanità più di tanti napoletani, ha fatto visita alla città e ne ha parlato sempre nel modo migliore possibile, anche quando avrebbe fatto bene a rispedire, sempre col suo stile, a indegni mittenti insulti e provocazioni.
Quando a Napoli è sbarcato David Lopez - pare che adesso l’opinione sul mediano spagnolo stia cambiando - il calciatore, ignaro della dialettica papponesca e dell’ignoranza di una tifoseria sempre più vittima di una metamorfosi da pubblico, (almeno una parte, perché non sarebbe giusto fare di tutta l’erba un fascio) è stato accolto con tweet volgari e da parole tutt’altro che di bell’accoglienza. Quando Gargano è tornato all’ombra del Vesuvio, tra i mugugni e le diffidenze di tutti, ha trovato fischi e pernacchi sulla strada del ritorno. Le sue parole dopo l’ingaggio dell’Inter erano state fastidiose, è vero, ma il fastidio di una dinamica di facciata dovrebbe occupare posizioni secondarie nella gerarchia delle appartenenze. La maglia prima di tutto? Gargano ha risposto ai fischi e alle parolacce con grandi prestazioni. Adesso è il mediano più affidabile del Napoli. La sua grinta è un esempio per tutta la squadra. Si parla sempre di esempi e di professionismo. Walter Gargano è un esempio di professionismo.
Tornando a Benitez, torna pure la commiserazione alle critiche e agli insulti per una ragione molto semplice. Mentre in serie A, in un campionato sempre più povero di contenuti seri e dignitosi, abbondano i comportamenti votati alla peggiore maleducazione, alla volgarità gratuita, alla rissa e alla polemica spicciola, Benitez, nonostante la diffidenza di molti tifosi (sempre i potenziali pseudo) e l’atteggiamento miserevole di una parte dei media, sempre pronti a dargli lezioni di calcio (è pietoso quanto grottesco ascoltare allenatori di serie minori, ma molto minori, parlare di Benitez come l’ultimo dei fessi, e in Campania questi “scienziati” del pallone affollano giornali ed emittenti private come scrittorucoli da strapazzo in cerca di editore), nonostante l’atteggiamento poco educato nei confronti di chi invece cerca di predicarsi con educazione, lui, il Rafa “incompetente”, parla della città, dei tifosi, della squadra, delle belle speranze, della fiducia, come un gentiluomo, senza trascendere in quelle scene che altrove non permettono ai tifosi di alcune squadre di poter dire a testa alta che "la mia guida è un signore che mi fa sentire orgoglioso della maglia per la quale tifo da una vita".
Beato chi ci dura una vita a tifare per la stessa squadra. Oggi trovi tanti giovanotti saccenti e arroganti a commentare di pallone dopo aver visto le partite di Chelsea e Real, sentendosi vivi nell’ammirazione facile per realtà che riproducono il live reale dei loro videogames. Oggi trovi presunti professionisti del giornalismo che invece sembrano più i professionisti della presunzione, dell’arte col "clickometro" pronto per l’occasione del “ve lo avevamo detto, che bla bla bla”. Oggi tutto è irrimediabilmente votato a un rincoglionimento collettivo dove nessuno, o quasi, ragiona più. Figuriamoci a trovare il metodo intelligente e spontaneo per emozionarsi.
Con questo non si vuole dire che nel pallone bisogna farsi piacere per forza quelli che non vincono (Rafa Benitez, tuttavia, vince, e pure parecchio), ma almeno rispettarli, guardarli in un’altra maniera, soprattutto quando stanno dalla tua parte, volendo ridurla al tifo punto e basta. Invece c’è il giornalista con la trappola già pronta, l’opinionista (che strano mestiere) che aspetta la rissa e il tifoso medio che ha deciso di ragionare e di parlare con la testa di un giornale che si stampa presso luoghi lontani e ostili alla Napoli del pallone. Tra tutto questo passeggiano quelli come Rafa Benitez che, di tanto in tanto, sembrano diano la sensazione che sanno come andrà a finire, che con signorilità, pure nei loro errori e nelle loro fisime, aspettano il momento per far strozzare in gola la becera soddisfazione del mediocre di turno. E a Napoli non mancano. Anzi, ce ne sono abbastanza per pensare di salire sul Vesuvio, guardarsi intorno, e scagliare sulla città pallonara i due trofei conquistati nel 2014.
Sapete perché Rafa Benitez sarà sempre un vincente? Perché come ha detto Mourinho, quello dei “zero tituli”, “Chi sa solo di calcio, non sa nulla di calcio”. Benitez è uno che sa pure di altre cose, non solo del calcio. Forse ogni tanto si divertirà pure a sentire i rumori di chi invece non capisce niente.