L’esclusione di Ivan Perisic dall’undici iniziale mi aveva destato qualche sospetto, lo ammetto, ma nulla che potesse mai farmi immaginare un cambio di modulo rispetto al quale questa Inter era stata costruita. Il 3-5-2 presentato da Frankie De Boer all’esordio in campionato non è stato quello che, in genere, può definirsi “ideona”. Anche perché la prestazione della squadra è stata assolutamente indegna, quindi il sistema di gioco c’entra fino ad un certo punto.
Ma, in questo caso, il modulo c’entra: la squadra, come detto, è stata costruita, da Mancini, per giocare con una coppia di uomini su ciascuna delle fasce, terzino più esterno offensivo, con Banega messo – sulla carta, non come ieri sera – a far girare gli altri, con una buona copertura dell’ampiezza, tutto organizzato per fornire a Icardi quei palloni che riesce a mettere dentro come pochi. Nulla di rivoluzionario, per carità, ma con un certo criterio logico.
Il modulo c'entra perché è sinonimo di presunzione ed arroganza presentarsi al Bentegodi, dopo soltanto 10 giorni dall’insediamento in panchina, con un sistema totalmente diverso, una difesa disposta con tre centrali, di cui uno - D’Ambrosio - adattato, Candreva, che a detta dello stesso De Boer era a corto di preparazione, messo a sgobbare su tutta la fascia, Banega, quello che, sulla carta, doveva far correre la palla, messo a rincorre i mediani del Chievo, e poi Icardi ed Eder, abbandonati in avanti.
Se errare è umano, perseverare è diabolico: per tutto il secondo tempo, nonostante i cambi effettuati – benché già nel primo sarebbe bastato spostare D’Ambrosio terzino e giocare a 4 dietro, liberando Candreva – il tecnico olandese ha continuato ad insistere su questo sistema, nonostante la squadra non abbia prodotto lo straccio non dico di una palla gol, ma nemmeno di un’azione decente. Roba che, da queste parti, non si “ammirava” dai tempi di Gasperini.
Non parliamo nemmeno di distanze fra i reparti, automatismi e canovaccio di gioco.
Come se fosse un'amichevole pre-campionato, De Boer ha provato un "nuovo" modulo: ma il campionato è già iniziato, i punti iniziano a pesare ed è necessario partire dalle certezze per costruirne di nuove. In buona sostanza, De Boer si trova nelle stesse condizioni di un qualsiasi allenatore subentrato a stagione in corso: non c'è tempo per sperimentare, bisogna fare punti e dare certezze, ripartire da quello che c'è. Per le velleità da demiurgo, bisogna che il tecnico olandese aspetti la prossima stagione, sebbene sia sin troppo scontato evidenziare come il caos che lo ha portato sulla panchina nerazzurra non è, di certo, imputabile al nuovo tecnico dell'Inter.
Essere indietro rispetto ad altri era preventivabile. Tornare indietro nel tempo, invece, non è assolutamente accettabile.
Il buon Maran ha raccolto e scartato i regali gentilmente confezionati da De Boer e si porta a casa i primi tre punti della stagione, impartendo una bella lezione al collega olandese.
E sì che l’Inter si è schierata con ben quattro calciatori italiani nell’undici iniziale, per accontentare il palato dei tanti critici che fanno sempre la conta sull’Inter e si dimenticano troppo spesso di contare i calciatori nostrani sugli altri campi.
Se De Boer ha fatto di tutto per non vincere questa partita, dall’altra parte bisogna ricordare che, in campo, scendono sempre i calciatori: non è ammissibile esibirsi in una prestazione priva di quel minimo di agonismo e voglia di giocare a calcio.
Quali potrebbero essere i motivi di una prestazione così anonima? Le scelte di De Boer le abbiamo già analizzate. Quello che emerge è che non c’è gruppo, non c'è voglia di soffrire assieme. Certo, avere un capitano che fa quello che ha fatto Icardi questa estate, di certo non aiuta a cementare il gruppo. Perché il capitano dovrebbe indicare la rotta da seguire, "tirare" il gruppo ed essere da esempio. Ma questo non basta a spiegare tutto.
I motivi potrebbero essere più profondi e difficili da individuare: l’assenza di un uomo forte che possa essere sempre a contatto con la squadra, dire la parola giusta al momento giusto e far da tramite con la dirigenza può spiegare, in buon parte, queste difficoltà. Questo ruolo, già formalmente vacante durante la gestione Mancini, in parte veniva ricoperto dallo stesso allenatore jesino, in parte da Ausilio. Adesso questa mancanza rischia di farsi sentire ancora di più.
In tutto ciò, il mercato è ancora aperto ma, dopo l’orrenda prestazione contro il Chievo, questo è l’ultimo dei problemi dell’Inter, perché quello che è mancato contro i clivensi, cioè “tutto”, non si può comprare. Con buona pace di tanti, anche di Kia Joorabchian.