La Juventus, finalmente, ha detto 35 (o 33 a seconda dei punti di vista). I bianconeri si sono aggiudicati il loro sesto Scudetto consecutivo, in un campionato che sembrava segnato fin dalle prime battute. Grazie allo scorso mercato estivo la società piemontese si è rinforzata, riuscendo contemporaneamente ad indebolire le inseguitrici più prossime, ovvero Roma e Napoli, in ordine di classifica.

Per quanto l'esito del campionato 2016/17, esso sembrava segnato fin da subito. Gran parte di questo titolo, oltre agli straordinari protagonisti sul rettangolo di gioco, va attribuito al comandante di questa impressionante armata, mister Massimiliano Allegri.

Se nelle precedenti e vittoriose annate si poteva muovere qualche critica all'allenatore toscano, quest'anno la sua gestione ha rasentato la perfezione sotto tutti i punti di vista, ma quello che più ha stupito è stata la sua maestria nel preparare, creare e confezionare una squadra tanto cinica e compatta, quanto tecnicamente sublime con un punta di estetismo che non guasta mai.

La gara della svolta per il mister bianconero è stata indubbiamente la seconda di ritorno, quando la Lazio dei sogni di mercato Milinkovic-Savic e Felipe Anderson è salita in quel di Torino; in quell'occasione Allegri, per la prima volta, scioglie definitivamente le riserve su quella che sarà considerata la Juventus più spregiudicata degli ultimi anni, almeno sulla carta. Il tecnico bianconero, in quella fredda domenica di gennaio, schiera fin dal 1' le cinque stelle della sua rosa, Pjanic sulla linea mediana, Cuadrado, Dybala e Mandzukic in linea, alle spalle del centravanti argentino Gonzalo Higuain.

Il dubbio che quella fosse una decisione estemporanea e non duratura nel tempo è svanito nel giro di pochi giorni. Allegri ha riproposto lo stesso canovaccio tattico anche pochi giorni dopo, nella partita di Coppa Italia contro il Milan e poi per tutte le successive uscite in cui fosse stato possibile.

Obbligatorio dunque sottolineare la grande intelligenza dimostrata dal mister ex Milan e Cagliari, capace di lavorare moltissimo sulla testa dei giocatori, anche più talentuosi, per instillargli quella propensione al sacrificio in nome del bene comune della squadra. Ormai non stupisce più vedere un Mandzukic quasi sulla linea di Bonucci e Chiellini, Dybala scendere fino all'interno della propria metà campo per creare gioco, Higuain pronto al lavoro sporco e non più stoccatore finale ed un Pjanic che termina le partite tra i giocatori con più chilometri percorsi.

Altro beneficio portato da questo nuovo schema tattico è stato la possibilità di variare atteggiamento, anche a gara in corso. Se necessario la squadra concedeva il pallino del gioco agli avversari, lasciando a Higuain il compito di fare da sponda per gli inserimenti dei contropiedisti Dybala e Cuadrado, come successo per esempio nella gara contro il Napoli. In caso di netta superiorità tecnica, contro avversari chiusi a riccio, l'atteggiamento è stato nettamente più propositivo, con un palleggio spesso esteticamente bello anche per chi non giudica Allegri tra i migliori allenatori in circolazione. Ma, ovviamente, tutto questo non sarebbe valso a nulla se non avesse portato alla vincita di qualche trofeo.

La Juventus 3.0 di Allegri entra dunque nella Storia calcistica italiana, vincendo il sesto Scudetto consecutivo e lasciando presagire la possibilità di dominare nei campi del Belpaese anche negli anni a venire.