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In Serie A si gioca poco, pochissimo rispetto alla Champions League e a confermarlo sono i dati delle ultime due giornate: solo due partite sulle 18 disputate hanno avuto più di 60 minuti di gioco effettivo (Genoa-Lazio e Atalanta-Crotone) e in ben 6 incontri - invece - sono stati disputati meno di 50 minuti effettivi di gioco (il dato più basso lo ha fatto registrare Bologna-Inter con appena 43:03 di tempo effettivo). La cosa allarmante è che l’uso del VAR in queste sei partite è stato minimo perché eccezion fatta per Milan-Udinese (47:43 di gioco) la moviola in campo è stata utilizzata in pochissimi casi: c’è dunque un problema di fondo ben più grave del sostegno elettronico agli arbitri che è la mentalità delle squadre che cercano di perdere tempo rompendo il ritmo agli avversari. Più la partita fra una piccola e una grande è combattuta, più il tempo di gioco effettivo si riduce e non è un caso dunque che le gare delle milanesi siano tutte al di sotto dei 50 minuti e quelle della Juventus si giochino in media per 53:14 minuti.
Sfatiamo subito il mito per cui il VAR interrompa maggiormente il gioco e per farlo usiamo i dati statistici della quarta e della quinta giornata dello scorso campionato, anch'esse giocate una nel weekend e una infrasettimanale. La cosa che balza subito all'occhio è che nella passata stagione si giocava ancora di meno: se quest'anno si sono toccati i 51:54 minuti effettivi nel 4° turno di campionato e i 53:01 nel turno infrasettimanale appena conclusosi, nella scorsa Serie A rispettivamente si è giocato 50:41 minuti effettivi e 47:11 nelle gare fra martedì e mercoledì con Chievo-Sassuolo e Pescara-Torino che si fermarono a poco più di 40 minuti con il pallone in gioco. Dunque si può asserire che il problema dei ritmi troppo blandi in Italia è ben radicato nella mentalità di questo calcio piuttosto che essere riconducibile all'utilizzo della tecnologia.
Un problema di mentalità - oltre all’annoso problema dello scarso grado di difficoltà della Serie A - che si ripercuote sull’andamento delle italiane in Champions League dove, chiaramente, i ritmi sono decisamente diversi.

Se si prende in esame la prima giornata del massimo torneo continentale si può analizzare come solo 4 partite su 16 siano rimaste sotto l’ora effettiva di gioco (con una media comunque più alta rispetto a quella complessiva della Serie A di 58:04 minuti giocati), mentre tutte le altre sono state ben al di sopra dell’ora di gioco con una - Celtic-PSG - che è stata molto vicina ai 70 minuti effettivi di gioco. Quello che spaventa, però, non è solo la differenze nella durata effettiva in sé delle partite, ma la percentuale di minuti realmente giocati su quelli segnati dal cronometro. Per rendere più chiaro questo concetto usiamo due partite come esempio. Consideriamo Lazio-Napoli (una delle più “giocate” di questa quinta giornata) e Tottenham-Borussia Dortmund: il match italiano ha visto il cronometro segnare 94:07 minuti reali, 55:21 effettivi, quello fra gli Spurs e i gialloneri ha registrato 95:19 minuti di cui 62:58 di palla in gioco; questo vuol dire che il nel match dell’Olimpico si è giocato per il 58,8% del tempo, mentre in quello di White Hart Lane è stato giocato il 66,1% della partita. Una differenza di 8 punti percentuali che si amplia considerevolmente se si prendono in considerazione tutti i match delle competizione in esame: in Serie A, su due giornate si è giocato il 55,5% dei minuti, mentre in Champions League la percentuale sale al 65,9%.
È questo il reale problema della Serie A in confronto alla Champions League. In Italia si valica la soglia del 60% dei minuti giocati solo nelle gare che finiscono con goleade, in match che non hanno più senso (Benevento-Roma, Atalanta-Crotone, Napoli-Benevento), mentre in UCL anche le gare combattute superano questa soglia (solo Porto-Besiktas si è fermata al 58,3%). Un dato che non è evidentemente imputabile al VAR, ma alle troppe ed eccessive perdite di tempo a cui troppo spesso assistiamo sui campi di gioco italiani e che - oltre che a rifiatare - servono principalmente a interrompere il ritmo delle squadre che, dunque, fanno più fatica a trovare la quadra.

E negli altri campionati?
La BBC ha condotto un’analisi simile sulle prime due giornate di questa stagione è ha evidenziato un calo nel tempo effettivo considerevole: nessuna gara dei primi due turni ha superato i 61 minuti di gioco, quella con il maggior tempo effettivo (al 21 agosto) era Liverpool-Crystal Palace con 60:56 minuti giocati, quella con il minor tempo di Ball in Play (per dirla all’inglese) era Burnley-WBA con 47:40. Si tratta, però, di un’inversione di tendenza per il massimo campionato inglese: se si considerano i dati dalla stagione 2012/13 a quella appena conclusasi si può notare come quasi il 25% delle gare in questo lasso temporale abbia visto un tempo effettivo di almeno 60 minuti, un dato molto significativo se paragonato a quello italiano attuale. In generale tutti i campionati europei, o meglio i 5 più importanti (stando ai dati fino 2016/17), si attestano attorno allo stesso numero di minuti effettivi - si va dai 57 italiani ai 54 spagnoli -, la differenza sta nei minuti complessivi disputati e dunque della percentuale ampiamente esposta prima.

A questo punto, però, servono le soluzioni. L’optimum sarebbe il tempo effettivo: due tempi da 30/35 minuti effettivi senza recupero per consentire a tutte le squadre di avere lo stesso range di tempo per organizzare le proprie partite ed evitare quelle scene poco costruttive di giocatori spesse volte sofferenti in maniera troppo plateale in campo o di palloni spariti prima di una qualsivoglia rimessa. Per questo servirà tempo e allora si potrebbe fare un primo passo in avanti per recuperare il tempo perduto: dato che la Serie A - dati alla mano - è il campionato in cui si concedono più minuti di recupero si potrebbe ipotizzare il tempo effettivo almeno per questa parte di gara; così nei 5 minuti extra concessi in media dai fischietti italiani si potrebbe giocare tranquillamente senza aver l’assillo dell’ulteriore tempo da recuperare; giocare effettivamente 300 secondi in più evitando che qualcuno o qualcosa influisca su di esso.
Le idee per riformare il calcio sono tante e sono sempre ben accette: il VAR è diventato quasi imprescindibile - ma come si faceva prima? -; il prossimo passo per rendere il nostro campionato ancora più competitivo in ottica europea sarà evitare le perdite di tempo e consentire alle nostre squadre di poter giocare allo stesso ritmo di quelle europee perché Tacchinardi ha ragione, in Italia non si sa giocare a ritmi alti, ma non per colpa del VAR, ma a causa di una mentalità sbagliata.