Nonostante siano passate già tante ore dalla straordinaria affermazione dell’Italvolley al Maracanazinho contro la selezione USA, fatica a dissolversi la carica d’adrenalina che ha lasciato questa partita – definirla così è riduttivo, lo so bene. La senti ancora addosso, c’è poco da fare: l’impresa sportiva di Zaytsev e compagni è un qualcosa che fa capire quanti messaggi possa contenere una gara sportiva.

Non ci riferiamo soltanto ai significati sportivi e tecnici che la vittoria strappata con i denti al tie-break contro il team USA, necessariamente, propone: la più grande eredità che ci rimane da questa partita è rivestita di significati universali, globali. Forse addirittura assoluti.

Cosa dire, innanzitutto, di questa banda di ragazzi, uniti dallo stesso colore azzurro della canotta che hanno indosso, che vede fra i più grandi protagonisti dell’impresa Osmany Juantorena e Ivan Zaytsev, veri fratelli d’Italia?

Partiamo con il martello cubano, naturalizzato italiano, che ha la fortuna di saper giocare da Dio a questo meraviglioso sport: giustamente è oramai diventato un idolo, ma, mi chiedo, quale sarebbe stato il giudizio se il buon Juantorena fosse stato un “extracomunitario” qualsiasi, uno dei tanti che arrivano in un paese straniero, in questo caso il nostro. Sicuramente non sarebbe stato osannato, nella migliore delle ipotesi sarebbe stato accettato. Molto più probabilmente, sarebbe stato emarginato, vissuto come un peso, un pacco da rispedire al più presto verso altre destinazioni. Non prima di averci lucrato sopra, ovviamente. Ed ecco, allora, che il primo messaggio che cogliamo dalla vittoria dell’Italvolley è di solidarietà, coesione sociale. Quella vera e non quella di comodo, di facciata.

Abbiamo accennato anche ad Ivan Zaytsev, nato in Umbria da genitori russi, il padre era pallavolista e la madre nuotatrice, quindi lo sport ce l’ha nel sangue: per “lo Zar”, vero uomo copertina di questa nazionale di pallavolo, c’è un’intera nazione ai piedi. Molti dei quali, magari, non più di quache mese addietro, si professavano contrari all’estensione della nazionalità italiana a quanti, pur essendo nati su suolo italico, sono stati generati da una coppia non italiana.

Altra cartolina che proviene dalla gara contro la nazionale statunitense è quella del punto messo a segno dal libero Massimo Colaci, proprio nella fase calda del tie-break: la difesa che diventa anche arma d’attacco, il difensore, l'estremo baluardo abituato a volare per raccogliere palloni impossibili a beccare pallonate tremende che si toglie lo sfizio di mettere un punto a referto. L’abbraccio con cui il gruppo ha festeggiato quel punto è stato particolarmente emblematico. C’è gloria anche per chi lavora nelle retrovie, dietro le quinte.

Non può mancare qualche parola per il palleggiatore, Simone Giannelli, classe 1996: il giovanissimo bolzanino sta recitando da attore consumato, nonostante la giovane età. Chi segue assiduamente la pallavolo magari non si sorprende del repertorio tecnico vastissimo, della lucidità e della precisione del ventenne della Trentino Volley, ma anche qui il discorso trascende su altri livelli: in un paese dove non c’è posto per i giovani, vedere Giannelli dettare legge in regia contro colossi molto più celebrati, è sicuramente un messaggio incoraggiante.

Ultime righe tutte appannaggio di Gianlorenzo Blengini, l’allenatore che in appena 12 mesi dall’insediamento sulla panchina azzurra (prima era vice di Mauro Berruto) è riuscito a completare un lavoro enorme per qualità e mole: se la tempra del gruppo è di quelle buone, gran parte dei meriti sono suoi.

Piace da morire questa nazionale, per un motivo molto semplice: è una nazionale che aggrega, unisce e mette assieme pezzi di società che, al di fuori del perimetro del campo di pallavolo, insieme non ci sanno stare. Non ci stanno. È una Nazionale che ha delle storie da raccontare, ha qualcosa (tanto) da insegnare, pur senza avere la pretesa di farlo.

È questa la grande vittoria dell’Italvolley, la medaglia d’oro che questo gruppo di atleti e uomini veri si può già mettere al collo, al di là di come finirà la finalissima contro i padroni di casa del Brasile.

Che bella questa Italia!