"E' un grande professionista, ma c'è un limite a tutto". Firmato: Igli Tare. Che cosa avrà voluto dire tra le righe il ds biancoceleste? Le ipotesi sono molteplici: l'eccessiva titubanza nell'accettare una proposta (anche allettante) messa sul tavolo mesi fa dalla società, le commissioni troppo elevate richieste dall'agente, il gioco al rialzo sull'ingaggio da garantire col nuovo contratto e così via. In questo mare di interrogativi, la certezza è una sola: Stefan De Vrij a fine stagione lascerà la Lazio. Un annuncio improvviso, inatteso, irrevocabile. Giunto tra capo e collo a pochi minuti dal fischio d'inizio della sfida col Verona. Proprio adesso, nel vortice del periodo decisivo per l'intera stagione capitolina. Un autogol mediatico? Forse. Intanto, però, la presa di posizione del club è stata chiara e netta. Della serie: noi abbiamo fatto il possibile, le cose stanno così e non possiamo farci più nulla.


L'olandese avrebbe potuto prolungare anche di un solo anno il suo accordo, inserendo all'interno persino una clausola di rescissione 'farlocca', vale a dire talmente bassa che chiunque avrebbe potuto pagarla in estate se realmente interessato. In un mercato in cui si spendono 85 milioni di euro per Van Dijk, figurarsi se un top club non ne avrebbe versati 20-25 nelle casse biancocelesti per un elemento valido come lui. Ma questo, ormai e purtroppo, è un discorso che lascia il tempo che trova. De Vrij volerà via a parametro zero. Libero, solo e (forse) felice. La società andrà incontro a un danno inoppugnabile: pagato circa 8.5 milioni nell'estate del 2014, avrebbe potuto rivenderlo quattro anni più tardi al triplo. E invece non ne ricaverà nemmeno un centesimo.

A proposito di quell'estate: la Lazio bloccò De Vrij prima che giocasse il Mondiale brasiliano a un prezzo, prestazioni alla mano, rivelatosi un autentico affare. Gioca nel campionato italiano con la naturalezza di un veterano, peccato che alla fine non riesca a regalare e regalarsi nulla visto che la Lazio perde finale di Coppa Italia, finale di Supercoppa e soprattutto il preliminare di Champions contro il Bayer Leverkusen. Poi, la svolta in negativo: grave infortunio al ginocchio sinistro con la sua Nazionale il 4 novembre del 2015 e sei mesi di stop. Nessuno, tra dirigenza, tifosi e semplici addetti ai lavori, si perde d'animo: tutti lo aspettano con calma, sapendo che avrebbero riabbracciato uno dei centrali più solidi dell'intero panorama calcistico europeo. E il diretto interessato - dettaglio mai da trascurare - percepisce regolarmente lo stipendio, fino all'ultimo euro. Nonostante quell'anno metta a referto, di fatto, solo due presenze in campionato. Oggi, però, quell'attesa non viene ripagata allo stesso modo. Una 'perdita' che pesa sul bilancio della società, sorpresa come tutti da un 'no' dopo settimane di 'manca solo la firma'. E' proprio questa la vera aggravante rispetto ai discussi e contestati addii di Keita e Biglia: con loro, se non altro, si era riusciti a ricavare quasi una cinquantina di milioni complessivi. Stavolta, un fico secco.

Come comportarsi da qui a giugno? Ovviamente, Inzaghi dovrà continuare a utilizzarlo il più possibile e stimolarlo per fargli mantenere un livello di concentrazione e uno standard di rendimento elevatissimi. Non riuscirci, con tre obiettivi ancora in ballo, sarebbe una tragedia sportiva che rovinerebbe l'egregio lavoro fatto finora. Allo stesso modo, la tifoseria si dimostrerà matura e superiore soltanto se lo sosterrà come se nulla fosse successo fino all'ultimo secondo in cui indosserà la casacca con l'Aquila sul petto: ne va del futuro di questa squadra. A luglio varcherà i cancelli di Formello verso una nuova destinazione? Amen. Questo club ha assistito e sopperito all'addio di grandi campioni, nel passato più o meno recente, figuriamoci se non lo farà anche adesso.

Quanto al De Vrij uomo, ben poco da aggiungere. Non sappiamo ancora se si è fatto abbindolare da utopiche sale trofei e paradisi economici prospettati dal suo procuratore (in tal caso, gli consigliamo di andare a vedere che 'fine' hanno fatto i 'predecessori nerazzurri' Hernanes e Candreva, giusto per citarne un paio), o se invece dietro a questa rottura c'è il pressing sottotraccia di qualche altra società (Inter? Barcellona? Juventus? Lo scopriremo presto). In ogni caso, ci sentiamo di ringraziarlo. Perché la sua decisione è servita quanto meno a ribadire a chiare lettere un concetto puro e semplice: la riconoscenza, molto spesso, non appartiene a questo mondo.