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Partiamo da qui, da questo sfogo tra le righe di Alessio Cerci. Risalente ad appena una settimana fa. Che fa subito nascere il primo interrogativo: ma non si era cancellato da tutti i suoi profili social? Ebbene, chi non è un patito follower dell'esterno romano sappia che il diretto interessato è tornato a sfornare post, mettendosi dunque alle spalle quel fatidico 7 gennaio 2016, quando fu costretto a troncare ogni rapporto con la vita virtuale per via degli insulti ricevuti principalmente dai tifosi del Milan, a causa di un rendimento ritenuto non all'altezza. Tutti, ma proprio tutti, avevano davanti agli occhi le prodezze messe in mostra con la maglia dei rossoneri e, prim'ancora, con quella dell'Atletico Madrid. Ovvero, quasi nessuna. E forse frullavano in testa con ancor più fastidio le sprezzanti parole che la moglie dello stesso Cerci proferì quando l'ala capitolina colse al volo l'occasione di approdare alla corte di Simeone, dopo (stavolta per davvero) un biennio da incorniciare a Torino

"Ce ne andiamo nel calcio che conta". Boom. Un calcio al recente passato, alla vetrina granata, alla sfruttata possibilità di crescere e maturare nel proprio Paese. Ma anche un clamoroso boomerang tornato rapidamente indietro, con una veemenza e una spietatezza tali da riporre il suo cartellino nel dimenticatoio. Fino alla situazione che tutti conosciamo: oggi Alessio Cerci è un'anima sospesa, che vaga nel limbo dei bramosi di una seconda possibilità. Ma pur sempre un Purgatorio: guai, infatti, a definirlo "Inferno". Perché 2.5 milioni di euro netti a stagione entrano regolarmente nelle sue tasche, nonostante un rapporto ormai da tempo azzerato con Enrique Cerezo. Probabilmente i 15 milioni peggio investiti da quando è presidente dei Colchoneros.

La scorsa estate ci ha provato il Bologna (poi non convinto dall'esito delle visite mediche), i felsinei dovrebbero fare un nuovo tentativo a gennaio. Stesso discorso per la Lazio, probabilmente la squadra che è andata più avanti nei colloqui con l'Atletico e più vicina di tutte a ingaggiare con convinzione l'ex Genoa. Lotito e Tare proponevano un prestito con diritto di riscatto, gli spagnoli volevano coinvolgere Keita nell'operazione offrendo un conguaglio economico in favore dei biancocelesti. Alla fine non se ne fece più nulla e, quasi sul gong, fu preso Luis Alberto dal Liverpool. Che, a dirla tutta, è più un trequartista che un esterno.

Da qui arriviamo al fulcro del nostro discorso. Proprio il senegalese a gennaio partirà per la Coppa d'Africa, nella peggiore delle ipotesi starà fuori un mese. Un'assenza pesantissima poiché, da quando è stato reintegrato dopo le "bizze" contrattuali, ha contribuito a gran parte dei gol laziali (4 reti e 3 assist). Può essere Alessio Cerci il sostituto ideale di Keita? In pieno stile referendario (d'altronde il periodo è propizio), ecco 3 motivi per cui andrebbe fatta quest'operazione e 3 ragioni che porterebbero invece alla luce una potenziale trappola:

PERCHE' SI'

1) Conoscenza del calcio italiano: Roma, Brescia, Pisa, Atalanta, Fiorentina, Torino, Milan e Genoa. Dai palcoscenici prestigiosi ai campi più crudi della cadetteria, Cerci le ha assaggiate proprio tutte, in Italia. I 5 milioni di euro spesi dalla Lazio per Luis Alberto gridano vendetta, sarà una lezione che servirà per il futuro. Per la serie: meglio un usato sicuro che una giovane incognita;

2) Voglia di rivalsa: la sensazione è che Alessio sia una bomba pronta a esplodere da un momento all'altro. Le 'umiliazioni' social, i fischi raccolti negli ultimi 24 mesi, lo scetticismo degli addetti ai lavori. Tutti fattori che hanno inevitabilmente creato dentro di lui un malumore e un sano odio verso quel mondo che prima lo ha lodato e poi, alla prima difficoltà, lo ha scaricato senza troppi complimenti. Un discorso che, sul campo, può tradursi in una vera e propria tombola;

3) Intesa con Ciro Immobile: la stagione 2013/2014 resterà (forse fino al momento del ritiro) la migliore della sua carriera. 13 gol, 11 passaggi vincenti (miglior assist-man del torneo), gran parte dei quali al suo compagno di reparto. Un tandem che si completava e si intendeva a meraviglia. Chi lo ha avuto quell'anno al fantacalcio, ancora gongola. E, nel caso, alla prossima asta di riparazione non potrà esimersi dal fare una puntatina. Senza voler scomodare paragoni troppo esigenti con il passato, probabilmente Cerci-Immobile è stata una delle coppie meglio assortite viste nel nostro campionato negli ultimi 6-7 anni. A Roma, sponda biancoceleste, potrebbe ritrovare proprio quell'alchimia. E con essa il sorriso dei tempi migliori.


PERCHE' NO

1) Problemi fisici: lo scorso 10 maggio è stato operato a Genova dal professor Cuga per una patologia cartilaginea al ginocchio. Una defezione che è pesata più a lui che a chi lo aveva in rosa. Il Grifone ha potuto farne tranquillamente a meno, l'Atletico... beh, figuriamoci se con quel parco attaccanti aveva bisogno di Cerci. Un mese fa ha assicurato che l'infortunio è ormai acqua passata, ma le perplessità estive del Bologna circa i risultati dei test di idoneità, passaggio obbligatorio prima della firma, hanno creato un precedente che ora pesa come un macigno sulla sua voglia di rimettersi in gioco;

2) Rapporto con la tifoseria: a differenza di Candreva, che ai tempi di Livorno avrebbe confessato di essere tifoso della Roma e di stimare Totti e De Rossi (sappiamo poi dov'è proseguita la sua carriera), qui siamo di fronte a uno che ci ha proprio giocato, con i giallorossi. E conosciamo alla perfezione le reazioni che quest'aspetto, sulle sponde del Tevere più che altrove, potrebbe provocare. Come la prenderebbero i tifosi? Presumibilmente molto male, con conseguenze di certo non benefiche per il giocatore;

3) Le pressioni della grande piazza: la Lazio è attualmente al quarto posto, a gennaio potrebbe ritrovarsi ancora ampiamente in lotta per un posto in zona Europa. Guardare al curriculum di Cerci è d'obbligo: a conti fatti, in Serie A, ha fatto (molto) bene solo con Ventura a Torino. In grandi club come Roma, Fiorentina e Milan, oltre (ovviamente) all'Atletico Madrid, tutte società in cui l'asticella è posta inevitabilmente più in alto, non si è mai imposto come avrebbe voluto e dovuto. Peraltro Keita, male che vada, salterebbe Atalanta, Chievo e Milan all'Olimpico e Juventus e Pescara in trasferta. Al suo rientro, sarebbe facile prevedere uno scivolamento in panchina dello stesso Cerci. Piuttosto che correre tutti questi rischi, e in mancanza di una valida e conveniente alternativa sul mercato, avanzare Lulic nel tridente in occasione di queste cinque partite, per Simone Inzaghi, sarebbe la più logica e intelligente delle soluzioni interne.