Spalletti dice che questo “è il Napoli dello scorso anno”. Frase diplomatica e sibillina. Del detto che va detto. Ma questo è un altro Napoli.
L’anno scorso non c’era Olivera. Di conseguenza, Mario Rui era l’unica possibilità. Non poteva esserlo un Ghoulam al quale il Napoli aveva detto addio da tempo e non poteva esserlo Malcuit. Così come Ostigard non c’era a spostare Juan Jesus più in là, più avanti, a ridosso di quella coppia in cui non c’era Kim. C’era Koulibaly, ma pure lui aveva da tempo “salutato” quel legame che è la visceralità che un atleta deve avere in una squadra quando gioca prima di tutto per il bene dei compagni. Non che quelli che non giocano più col Napoli non lo avessero fatto con professionalità quando si era capito che il momento del distacco era arrivato, ma ci sono meccanismi inconsci che non lasciano scampo.
A centrocampo non c’è più Fabian Ruiz, ma c’è la consacrazione di Lobotka e il recupero progressivo di Ndombele, calciatore di classe che aveva tremendamente bisogno di nuovi entusiasmi. Senza considerare la metamorfosi più importante che ha consegnato un calciatore nuovo a una squadra che nella scorsa sessione di mercato stava per essere ceduto dalla società. Zielinski è un calciatore continuo, costantemente in partita, che ha aggiunto consistenza alle sue raffinatissime doti tecniche. Sa essere decisivo, imprevedibile ed efficace come quel modello di centrocampista europeo che il Napoli aspettava da tempo.
Con Ajax e Bologna il Napoli ha vinto segnando 7 gol. E lo ha fatto senza impiegare nemmeno per un minuto Simeone, l’uomo della provvidenza che in più situazioni è risultato decisivo. Non è stato necessario coinvolgerlo, in nessuno dei momenti delle due partite. E questo dice tutto di un reparto offensivo che lo scorso anno come alternativa poteva contare solo su Mertens a mezzo servizio, anche se comunque in grado di risultare spesso decisivo. Dietro Osimhen c’era Petagna. Con tutto il rispetto, non un calciatore con caratteristiche adatte a una squadra che ambisce a un particolare sistema di gioco. Non è una questione di svalutazione di un giocatore, ma di compatibilità. E il Napoli di quest’anno è stato costruito prima di tutto secondo il principio di compatibilità. Finalmente.
L’anno scorso Kvara non c’era. Il suo utilizzo ha liberato il Napoli da certi vincoli tattici che erano diventati logori e desueti. L’attacco del Napoli con Raspadori si completa prima di tutto in duttilità e varietà di soluzioni.
Nell’organico del Napoli elementi come Zerbin, Demme e Zanoli alla lunga potrebbero contribuire a una maggiore rotazione. Lo stesso Zerbin, pur essendo ancora giovanissimo, è stato già chiamato in causa in circostanze delicate. Su tutte, nella partita di San Siro col Milan.
Il Napoli adesso deve fare i conti con un calendario più ostico rispetto alle sue inseguitrici. In particolare, il Milan. Ai rossoneri restano da affrontare le due romane, mentre i partenopei devono ancora vedersela con Roma, Inter, Juve, Atalanta e la sorprendente Udinese.
Incombe la cosiddetta parte sinistra della classifica. E già prima della pausa per i mondiali alcune gare diranno qualcosa di più. Molto di più. Come, forse, è molto di più l’organico di questo Napoli.