Non è stato a Manchester dove il Napoli ha porto il fianco alla critica pallonara spicciola e sbrigativa. A quest’ultima hanno pensato come mortificarla, e a giusta ragione, la signorilità e il fiuto di gran perizia di Pep Guardiola e la lucidità saggia e serena di Maurizio Sarri. Ma andiamo per ordine.
City-Napoli ha detto qualcosa di scontato. Almeno apparentemente. La seconda “passata” di Guardiola affresca un dipinto che intimorisce tutte le pretendenti al titolo europeo, l’organico in Champions è sempre destinato a fare la differenza anche a dispetto delle alchimie tattiche e stilistiche e il Napoli di Sarri è andato oltre le aspettative della vigilia. Quest’ultimo aspetto, però, va definito con più precisione. Il Napoli è uscito con onore, con grande onore, dalla trasferta inglese per una ragione in particolare. Lo spessore degli uomini di Sarri si è visto nella reazione della squadra ai venti minuti più difficili degli ultimi anni. Mai, nemmeno col Real lo scorso anno, restando all’ultimo anno solare, i partenopei avevano subito una frazione di gioco come quella iniziale della gara coi citizens. Due goal, una traversa, un salvataggio sulla linea di Koulibaly e una serie di incursioni pericolose dentro un possesso palla che ha fatto del Napoli quello che il Napoli sta facendo in serie A delle cosiddette “piccole” (e non solo).
Poi, dopo la sfuriata in grande stile dei padroni di casa, qualcosa ha cambiato la partita del Napoli, che, dalla mezz’ora del primo tempo fino a pochi minuti dal termine, per una buona cinquantina di minuti ha fatto al City quello a cui il Pep team non era più abituato. Se la linea verde del Napoli deve ancora maturare quella esperienza necessaria per stare in Champions, l’intero motto di squadra sembra aver mostrato la cosa più difficile in queste situazioni. Reagire è più complicato che cominciare. Il Napoli ha reagito ed è passato dal rischio figuraccia al Guardiola che, molto sollevato dal rischio di non vincerla, nel dopo partita ha detto alla solita stampa banale e superficiale che la sua squadra è stata anche fortunata, che ha affrontato un avversario di raro spessore e che secondo lui nessuno è in grado di poter dominare il Napoli per tutti i novanta minuti, lasciando intendere l’unica verità tattica e tecnica della partita e dell’attuale “posizionamento” del Napoli in Europa. Il "Ciuccio" è una squadra che o si ferisce subito o si è destinati a soffrirne il gioco e la qualità. Il Real Madrid dei mesi scorsi lo aveva già dimostrato, con venti minuti di netta superiorità a Madrid e altri dieci al San Paolo, tutti in mezzo a momenti anche di dominio da parte degli azzurri, soprattutto a Fuorigrotta. Il City è stato forte ed “europeo”, come facilmente prevedibile. Ha colto il Napoli nel segno dell’emotività, ottimizzando i venti minuti che di solito sono ad appannaggio delle squadre di casa, specie nelle gare internazionali dove la trasferta ha un significato diverso.
Per quanto riguarda la faccenda dei primi venti venticinque minuti, sarebbe ancora più superficiale trascurare un altro aspetto. Il Napoli quest’anno ha sofferto il primo tempo con l’Atalanta, col Bologna, con lo Shakhtar, la prima parte di tempo con la Lazio (anche se nella prima frazione di gioco i numeri sono comunque risultati favorevoli al Napoli), con la Spal, ha trovato difficoltà nei primi venti minuti con la Roma, brava a chiudere ogni spazio alla manovra azzurra, e, per ultimi, ha subito con terrore i primi venti minuti col City, con l’unica differenza che mentre nelle altre partite si era trattata di volontà difensiva da parte degli avversari, col Manchester studiare le contromisure ha condotto gli ospiti a sottoporsi al più pericoloso dei trattamenti. E si è visto.
Non inganni, banalità numero due, la scelta di Sarri a centrocampo. Allan e Jorginho sono in grande condizione, ma, a ben vedere, anche nella scorsa edizione nella doppia sfida col Real (e che sfida) il tecnico toscano aveva optato per Diawara e Zielinski (così come la scelta si era ripetuta in altre partite precedenti e che giocare in Champions è difficile anche per calciatori di maggiore esperienza), coppia che nei suoi equilibri tattici l’allenatore azzurro ha sempre considerato più performante senza essere scissa e, allo stesso tempo, affiancata a quell’Hamsik che pure questa volta si è dimostrato in empatia con la bussola della squadra. Il dubbio resta sul fatto se il capitano del Napoli risenta del comportamento della squadra o viceversa. A volte questa simbiosi confonde le sue sincronie. Sarri su questo è stato chiaro, considerando Hamsik un punto di riferimento irrinunciabile, come un Callejon arretrato. Considerare negativamente la compresenza di Diawara e Zielinski vale quanto la si considerava in senso opposto. E pensare che dopo Napoli-Atalanta, entrambi, da subentranti erano stati indicati come quelli che avevano avuto il merito di trasformare il risultato da 0-1 a 3-1. Nota del tutto personale, non so chi abbia ragione, ma nessuno può saperne più dell’allenatore.
“Devo sentirmi libero di poter fare almeno due cambi”, come ha dichiarato lui stesso, “Se fosse stato disponibile avrei fatto giocare Milik”, segno evidente che Mertens per il suo allenatore è un grande giocatore ma non un cyborg. E qui si apre un’altra questione da non sottovalutare. Il Napoli ha spaventato il City fin quando Insigne è stato sostituito e Hysaj è stato costretto a uscire per lasciare il posto a Maggio. L’uscita di Insigne si è fatta sentire, ma Ounas, talento sempre più sorprendente anche sul piano della personalità, nei pochi minuti a disposizione ha comunque assicurato quel genere di qualità che in Champions è indispensabile. Maggio, che per caratteristiche può garantire soltanto sostanza e quantità (in certi frangenti e in altri tipi di partite) ha dimostrato quanto al Napoli avrebbe fatto comodo in questa stagione contare su un fluidificante alla pari dell’albanese. Così come un’altra punta centrale (ne dispongono di tre tutte le squadre di alta classifica) avrebbe garantito maggior respiro a Mertens in caso di necessità. Inglese è stato preso, ma lasciato al Chievo, ammesso che come acquisto last minute avesse un senso nelle logiche di lavoro di Sarri. E non si parli di sfortune per il caso Milik, perché lo scorso anno la sfortuna era stata sufficientemente maestra. La gara col City ha quindi dimostrato che il Napoli può contare su rotazioni valide soltanto a centrocampo. Negli altri reparti, almeno a certi livelli, no.
Inoltre, al di là del risultato maturato in Inghilterra, le attuali difficoltà per la qualificazione nel prosieguo del girone dipendono dalla partita in Ucraina, dove il Napoli non avrebbe dovuto perdere. Se il Napoli non dovesse superarlo, avrebbe di che rammaricarsi, vista la nettissima superiorità sullo Shakhtar e sul Feyenoord. Anche la combinazione del calendario delle partite non aiuta i partenopei. In questo, forse, si può parlare di scarsa fortuna.
Tornando alla gara di Manchester, restano la dimostrazione di forza di una grandissima squadra, il City, e una prestazione in certi momenti impressionante da parte del Napoli. Quello che si è visto ha dato ragione a due persone: Guardiola e Sarri. Una partita che ha detto di due squadre in grado di mostrare le loro qualità in tempi e periodi diversi della partita e che entrambe sono autorizzate a sentirsi in grado di poter raggiungere quello che sentono (sicuramente non ne hanno garanzia). Ogni tanto il calcio non va criticato, ma apprezzato al di là del punteggio finale e delle più approssimative considerazioni. Guardiola e Sarri hanno fatto vedere il calcio tanto nella sua estetica quanto nelle sue espressioni più pragmatiche. Una coniugazione sempre più rara.
P.S.
Nella serata di Manchester-Napoli è scomparso Giuseppe Massa, calciatore che ha fatto parte del Napoli di Vinicio degli anni ’70, la squadra alla quale ogni tanto si ipotizza il paragone con quella di Maurizio Sarri. Sembra giusto ricordarlo.