Si avverte la gentile clientela: qui non ci sarà nessun funerale!
A dispetto di quanto giornali, tv e, purtroppo, i diretti interessati vogliano far credere, lo scenario della giustizia sportiva, con riferimento alla responsabilità oggettiva, non è cambiato per nulla.
Per chi ha un pò di dimestichezza con la materia, la sentenza della Corte di Giustizia federale, che ha ribaltato le decisioni della Commissione disciplinare, non ha aggiunto assolutamente nulla di nuovo ai meccanismi di applicazione dell’articolo 4 del Codice di Giustizia sportiva (responsabilità oggettiva). Ebbene, al caso specifico, per come diversamente interpretato dalla Corte, l’istituto in questione non poteva essere applicato. Semplice.
“Cambia tutto! Questa sentenza entrerà nella storia! La giustizia sportiva, dopo la sentenza Napoli sarà diversa!” Nulla di più sbagliato. In realtà, il problema è sempre lo stesso. A molti questa giustizia sportiva non va a genio e, si pensa, che fornendone al pubblico una interpretazione distorta la si possa abbattere.
Si precisa che, una analisi più approfondita della sentenza, potrà essere effettuata solo dopo che le motivazioni saranno pubblicate. Tuttavia, per adesso, si possono evidenziare degli aspetti molto importanti.
Antefatto: nella sentenza emessa dalla Commissione disciplinare, su deferimento della Procura federale, Gianello, ex portiere partenopeo, veniva considerato colpevole, oltre che della violazione del divieto di scommesse, anche di un illecito sportivo in relazione alla partita Napoli - Sampdoria. Lo stesso avrebbe tentato di “fixare” tale partita cercando di coinvolgere, in tale illecito proposito, i compagni di squadra Cannavaro e Grava che, tuttavia, con forza si sarebbero rifiutati.
Per tale interpretazione, più o meno condivisibile, dei fatti il Napoli ed i suoi giocatori venivano condannati, rispettivamente, per responsabilità oggettiva (2 punti) e per omessa denuncia (6 mesi ciascuno).
La Corte di Giustizia, sulla scorta dell’opposizione prontamente depositata da tutti i soggetti coinvolti, ha ribaltato tutto. La tesi dei ricorrenti è stata accolta.
Si badi: nel caso specifico, è esclusivamente la ricostruzione dei fatti la chiave per la vittoria. In buona sostanza Gianello non avrebbe mai tentato di coinvolgere Cannavaro e Grava poichè il suo illecito proposito non si è mai tradotto in realtà.
In poche parole, l’idea pruriginosa di Gianello sarebbe rimasta tale: una scintilla rinchiusa nei cassetti polverosi della mente del portiere partenopeo. Un idea, sicuramente deprecabile, che tuttavia non avrebbe valicato i confini del reale.
Se, dunque, Gianello non ha mai realmente coinvolto i due azzurri, gli stessi, per conseguenza, non hanno mai violato l’obbligo di denuncia sancito dall’articolo 7 del Codice di Giustizia sportiva. Va da sè che, per tale episodio, le ragioni per cui addebitare una responsabilità oggettiva al club campano non trovano più alcun fondamento!
Si diceva: deprecabile. Certo. Un idea, quella di Gianello, che, seppur, non si è mai tradotta in realtà può e deve essere sanzionata, quantomeno per slealtà sportiva.
L’articolo 1 del Codice di giustizia sportiva sancisce, infatti, che “le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici .... devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”.
L’ex portiere azzurro ha certamente violato tale disposizione e, pertanto, andava punito.
Così è avvenuto ed, infatti, Gianello oltre che per la violazione del divieto di scommesse (articolo 6), è stato sanzionato per la violazione dell’articolo 1 per un totale di 21 mesi di squalifica. Dall’illecito sportivo si è, dunque, passati alla “semplice” slealtà sportiva.
Per il Napoli, invece, dalla penalizzazione di 2 punti in classifica si è scesi fino alla “semplice” ammenda di €50.000,00. In sostanza la responsabilità oggettiva è stata comunque applicata ma nella sua forma più lieve.
Un ultima precisazione: con riferimento al divieto di scommesse, violato da Gianello, il codice di Giustizia Sportiva non prevede forme di responsabilità oggettiva in capo alle società. Le stesse possono essere sanzionate solo per responsabilità diretta e, dunque, esclusivamente se abbiano partecipato attivamente alla realizzazione di tale illecita condotta.
Sarebbe stato quantomeno contraddittorio se il Presidente De Laurentis, o chi per lui, autore di una arringa così pregna di principi e valori, si fosse macchiato di un tal gesto.
Avv. Cristian Zambrini (www.studiolegalezambrini.it)