Nel calcio spesso si dice che la testa conti più del talento nei piedi, della potenza nelle gambe e della capacità dei polmoni e le partite giocate dalla Juventus dopo la sconfitta contro l'Inter sono la sublimazione di questo pensiero. Nella sfida contro i nerazzurri gli uomini di Allegri hanno dato vita ad una delle migliori prestazioni stagionali, schiacciando i futuri campioni d'Italia e lasciandogli pochissimi spazi per essere pericolosi, ma nonostante questo i tre punti sono andati ad appannaggio della squadra di Simone Inzaghi.

Sia contro il Cagliari che contro il Bologna la Juventus ha avuto la necessità che la squadra avversaria sbloccasse il punteggio portandosi in vantaggio prima di iniziare a giocare. Ma se contro gli isolani era poi arrivata la vittoria, nella sfida di ieri contro i felsinei, rimasti per altro in nove nel finale, non si è andati oltre al pareggio grazie alla rete del solito Dusan Vlahovic. Dopo la rete subita da Arnautovic in uno dei due tiri in porta fatti dal Bologna, i bianconeri hanno dimostrato di non voler mollare, di credere alla rimonta e dando prova di avere ancora un po' di orgoglio, quello su cui vale però porre particolarmente attenzione è quanto fatto nei 52 minuti precedenti al gol dell'austriaco. 

Sotto gli occhi di Del Piero, tornato allo Stadium 10 anni dopo l'ultima volta, la squadra di Allegri è scesa in campo indossando la quarta maglia, con una mise ben al di fuori dei classici standard juventini. Orfano di buona parte dei centrocampisti il tecnico livornese ha sfoderato nuovamente quel 4-2-3-1 che tanto aveva ben figurato contro l'Inter, in assenza di Locatelli ed Arthur il ruolo di playmaker è ricaduto sulle spalle di Danilo con Rabiot al suo fianco, in attacco Vlahovic riferimento centrale con Morata, Dybala e Cuadrado a supporto. L'impressione data è che però non vi fosse alcuna azione preparata, nessun piano di gioco che non comprendesse un possesso palla sterile e lento, nella speranza di qualche svista da parte dell'attentissima retroguardia del Bologna che, giova ricordarlo, ha già collezionato undici clean sheet in questa stagione. Una volta recuperato il possesso del pallone e portato sulla trequarti avversaria Dybala e soci si fermavano, quasi guardandosi negli occhi e con dubbi amletici su quale dovesse essere la prossima mossa da fare. In particolare sulla corsia di destra dove, in teoria, ci sarebbe dovuto essere il lato forte su cui attaccare regnava una confusione totale, con Cuadrado e Dybala che non riuscivano ad intendersi sulla posizione da tenere, né in fase di possesso né tanto meno in quella di non possesso, fino ad arrivare all'assurdo di vedere De Sciglio più avanti di entrambi con Dybala sceso come sempre verso la linea di centrocampo e Cuadrado ancora più indietro a formare la classica difesa a 4 in linea.

Nelle rare occasioni in cui i bianconeri sono riusciti a ribaltare la manovra con rapidità, quasi sempre con lo zampino di Morata, è venuto poi a mancare l'apporto dei centrocampisti che non hanno seguito il contropiede in maniera decisa ed anzi arrivando a ridosso della trequarti avversaria quasi con indolenza, vanificando di fatto lo scatto fatto dal compagno ed i movimenti proposti dagli altri giocatori offensivi, frangente in cui le capacità di inserimento di uomini come Locatelli e Zakaria avrebbero certamente potuto fare la differenza.

Quella che si è vista ieri è stata una Juventus poco lucida, poco serena e sicuramente per nulla affamata di punti, come se il traguardo Champions League fosse già matematicamente raggiunto e non ci fosse il pericolo di venire superata dalle due squadre della capitale e dalla Fiorentina. Vista la giornata odierna la Juventus deve risorgere già nell'appuntamento di mercoledì in coppa Italia, per tornare a dare un segnale soprattutto a sé stessa, riscoprirsi una squadra e dare vita ad un finale di stagione che possa mettere al sicuro il quarto posto con tutto quello che ne consegue, sia a livello economico che di prestigio.