Da una parte delusione e diffidenza, dall’altra De Laurentiis e Rudi Garcia. Una scelta e una dose di coraggio. Mentre sono in tanti, come al solito, a non trattenere il giudizio prima che qualcosa possa essere davvero giudicato, l’annuncio del nuovo allenatore del Napoli viene accolto, anzi, non viene accolto.

L’iconografia della gloria è ancora viva e pulsante e Napoli deve già abituarsi a un’idea nuova, all’ennesima scommessa, dimenticando tutta la stessa diffidenza con la quale era stato salutato l’uomo il cui volto resterà per sempre scolpito nella memoria storica del calcio partenopeo. E non solo. Tra Spalletti e Garcia furono cambi di panchina ai tempi della Roma, sono successioni adesso.

Il mister che porta il nome di un ciclista che da dilettante ha conquistato il titolo mondiale, adesso, deve fare i conti prima di tutto con l’orizzonte che annuncia la solita burrasca delle polemiche e degli incontentabili. L’andirivieni di nomi in queste settimane non ha risparmiato l’elenco altisonante di quelli che non fanno parte della dimensione di questo Napoli. E non perché questa squadra e questo club siano secondari rispetto ad altri, semmai varrebbe pure il contrario, ma perché la scelta di Garcia inquadra equilibri ed esigenze che De Laurentiis non ha mai nascosto. L’esperienza di Benitez fu un passaggio di entusiasmo quasi obbligato, e per nulla superfluo. Quella di Ancelotti un tentativo rivelatosi incompatibile con la fisionomia di una società che non sembra concedere spazio a giganti istituzionalizzati. 

Il Napoli, questo Napoli, è luogo di riemersione. Almeno questo è il fondo di energie e tensioni positive a cura della spinta di De Laurentiis. Una trazione fatta di freni e zavorre, per un paradosso che, probabilmente, ha tenuto il Napoli lontano da certe cadute anche nei momenti più delicati. Chi avrà un po’ di pazienza saprà ricostruire con attenzione tutto il lungo e paziente percorso di rielaborazione che dall’ammutinamento ai tempi di Ancelotti ha cambiato il volto di una squadra penetrando fin dentro le sue apparenti e fragili certezze. E a dare un colpo decisivo pare sia stato proprio quello Spalletti arrivato tra tante perplessità e contestato a lungo prima dell’inizio del campionato vinto a suon di record e spettacolo. Tuttavia non si trascuri la mano a volte invisibile proprio del presidente del Napoli.

Garcia è “inferiore”. È al di sotto delle aspettative. È il tono minore che getta acqua fredda sugli entusiasmi e le aspettative di un ambiente che pretende, anche giustamente, di restare dove è arrivato. Eppure, in più di un frangente a Napoli quello che era sembrato un ridimensionamento si è rivelato soltanto un orientamento più efficace. Il calcio e le sue memorie corte hanno dimenticato che Garcia ha vinto un campionato e una Coppa di Francia col Lille (nella stessa stagione), che il Lille nella sua storia di campionati ne ha vinti uno più del Napoli e che ha le stesse coppe nazionali proprio dei partenopei.

La fredda accoglienza, se così si può definirla, dimentica che, con Garcia in panchina, nel 2020 il Lione è arrivato in semifinale di Champions dopo aver eliminato la Juve di Cristiano Ronaldo e il Manchester City di Guardiola, che due anni prima l'allenatore francese ha condotto in finale di Europa League il Marsiglia, dove giocava Zambo Anguissa, (sconfitto da un Atletico Madrid troppo grande per i francesi) e che alcuni anni prima a Roma Garcia ha totalizzato 85 punti alla sua prima annata, record di punti, poi battuto proprio da Spalletti con 87.   

Inutile soffermarsi su come gioca e come giocherà Garcia. In questo momento conta di più il fatto che si troverà davanti uno tra i Napoli più forti di sempre. La squadra campione in carica, un organico che ha dimostrato di poter competere anche in Champions League e un’armonia difficile da rintracciare altrove finiscono tra le mani della scelta “minore”. Garcia dovrà prima di tutto fronteggiare l’impatto dell’ipotesi che sarà più probabile fare peggio che migliorarsi, perché nessuno sa cosa ci sia oltre la vittoria. E che la ripetizione del successo troverà ostacoli di ogni tipo in un campionato che al Napoli non farà di certo sconti.

Chissà quanti avranno storto il naso. “È l’ora del dilettante”? Per adesso Rudi Garcia può soltanto portarsi dietro l’amuleto nascosto nel suo nome. Quel Rudi che fu Rudi Altig, ciclista che da dilettante fu campione del mondo, ripetendosi successivamente anche tra i professionisti.