Gianluigi Donnarumma, attraverso la procura di Raiola, ha espresso la volontà di non rinnovare il contratto in scadenza nel 2018 con il Milan. Una scelta motivata da diversi fattori e che aprirà a diversi scenari futuri, con il portiere che dovrà ora scegliere se rimanere un altro anno in rossonero, con tutti i rischi del caso, o preparare frettolosamente le valigie alla ricerca di una nuova sistemazione. Il contorno ha offerto un processo al ragazzo, etichettato come mercenario, ed il potente procuratore, reo di averlo spinto verso questa scelta. Il Milan ha vestito i panni del tradito, stremato dal gran rifiuto di chi avrebbe voluto insignire come bandiera rossonera del futuro.
Prima di poter esprimere il proprio parere, è necessario contestualizzare la vicenda a livello ambientale. Nell’ultimo decennio il concetto di giocatore bandiera è andato man mano sgretolandosi, con sempre meno squadre in grado di identificarsi attraverso la scelta di vita dei propri giocatori. Questo perché la filosofia del calcio, soprattutto a grandi livelli, è cambiata. Il calcio è ora diventato un vero e proprio business, dove il presidente mecenate, voluttuario nell’immettere risorse in società principalmente per il proprio prestigio, ha lasciato il posto a veri e propri imprenditori, al lavoro per rispettare parametri sempre più ferrei imposti dalle federazioni. Ne consegue che il giocatore è diventato un vero e proprio asset, con un valore di mercato ed una possibilità di far registrare plusvalenze. In questo contesto, è molto più facile che diventi una bandiera un giocatore senza mercato, che risponde al profilo di un non giovanissimo e con uno stipendio medio, piuttosto che un Donnarumma.
Donnarumma è tra i migliori portieri al mondo. Può essere un parere soggettivo, ma l’oggettività è portata incontrovertibilmente dal mercato: se i top club europei ti cercano, probabilmente sei tra i migliori. Il Milan, storicamente appetibile per i tanti successi, non è certamente nel suo momento storico migliore. Due supercoppe italiane ed uno Scudetto negli ultimi sei anni e da quattro stagioni (compresa la prossima) non partecipante alla Champions League. Tornerà probabilmente grande, ma oggi non è possibile collocarlo allo stesso livello dei migliori d’Europa. Metaforicamente parlando, quello che ha tentato di fare il Milan è stato di esporre una Ferrari in uno showroom di Mercedes.
Il capitolo bandiera è poi molto interessante. Diventare una bandiera deve essere una scelta, non un’imposizione. Scelta che parte prima di tutto dal ragazzo, ma che deve anche essere riconosciuta economicamente dalla società. Non vorrei scomodare i Totti o i De Rossi, ma entrambi, per anni, hanno avuto stipendi in linea con il proprio valore: essere bandiera è una scelta di vita, ma in questo modo è certamente più semplice. A Donnarumma sono stati offerti circa 5 milioni a stagione che, a 18 anni non sono pochi. La domanda è però un’altra: Donnarumma vale davvero solo 5 milioni di euro? Probabilmente no, se c’è chi ne offre intorno agli 8.
Tanti ragionamenti che, con Raiola a fianco, diventano tutti immediati e incisivi. Meravigliarsi però non è un atteggiamento da professionista. La storia di Raiola ha insegnato tanto ed il Milan ne ha fatto più volte parte, conoscendo a menadito, in teoria, la filosofia di Mino: trasferirsi spesso per guadagnare sempre di più. E’ successo con Ibrahimovic, Balotelli, Pogba e tanti altri, con un minimo comune denominatore: oltre al procuratore, raramente non ci ha guadagnato pure la società cedente, ricoperta d’oro dai facoltosi club europei. Avere a che fare con Raiola probabilmente uccide lo spirito sportivo e scoraggia i tifosi, ma dal punto di vista gestionale del club ha tantissimi lati positivi.
Lati positivi che il Milan non ha saputo cogliere in un momento storico di cambiamento, dove per mesi si è pensato principalmente alla nascita della nuova società. Tempo perso, dove non si è rimasti vigili rispetto all’evoluzione della vicenda Donnarumma. Ripetiamo e ribadiamo: che Donnarumma avesse le valigie in mano, era un dato di fatto, che lo si accetti o meno. La gestione da parte del Milan è stata tuttavia pessima, quando il chiaro obiettivo sarebbe dovuto essere, fin dall'inizio, quello di monetizzare il più possibile, proponendo magari un rinnovo ad inizio stagione con la promessa di una cessione estiva. L’aver tentato di inserire forzatamente il portiere in un contesto calcistico non idoneo alle sue potenzialità, ha portato inevitabilmente ad una rottura che scontenterà tutti, o quasi. Donnarumma è stato etichettato come “mercenario” dalla tifoseria rossonera, quando in realtà, a parte i discorsi sull’etica sportiva ed i giusti riconoscimenti che sarebbero stati dovuti al Milan, l’unico termine adatto sarebbe professionista. I rossoneri, da una possibile plusvalenza monstre, sono passati a dover scegliere come gestire un caso spinoso: dal tenerlo vincolato per un anno, fino a scadenza, alla cessione immediata, con il rischio di percepire meno del reale valore di mercato. L’unico a sorridere sarà ancora una volta a Raiola, che dovrà probabilmente rinunciare a qualche ricca commissione, salvo rifarsi, entro un anno, sullo stipendio del giocatore.